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La sanità e i giallo-rossi: tra assonanze e dissonanze il vero nodo sarà quello delle risorse

di Luciano Fassari

Analizzando dichiarazioni e programmi dei partiti che compongono la nuova maggioranza di Governo emergono sia punti in comune che divergenze. Tutti i partiti puntano sul potenziamento della sanità pubblica ma per trasformare le promesse in realtà serviranno quelle risorse che nell’ultimo decennio sono sempre arrivate col contagocce. E la battaglia come sempre non sarà facile.

08 SET - La nuova maggioranza giallo-rossa dovrebbe riservare, almeno sulla carta, una maggiore attenzione alla sanità pubblica. Ma a guardare bene tra M5S, Pd e Leu non sempre le ricette per raggiungere l'obiettivo sono le medesime.
 
Primo punto in comune le risorse in più. Il Pd con il suo segretario Nicola Zingaretti ha puntato forte sul piano Quota 10, ovvero 10 mld in più nei prossimi tre anni, che tradotto vorrebbe dire circa 3 mld in più l’anno, analoghe cifre sono scritte nell’ormai famigerato Ddl presentato lo scorso anno dal nuovo Ministro della Salute, Roberto Speranza di Leu, mentre il M5S nell’ultima Legge di Bilancio ha messo sul piatto per il prossimo anno un aumento di 2 mld. Insomma, stando così le cose il Fondo sanitario potrebbe crescere il prossimo anno come non si è mai verificato nell’ultimo decennio.
 
Ma è chiaro che la battaglia per maggiori risorse non sarà facile. Il bilancio dello Stato com’è noto non naviga in acque tranquille, vedi solo ad esempio la necessità di sterilizzare le clausole Iva. E se a ciò si sommano le numerose richieste di fondi già arrivate in questi primi giorni di Governo (risorse per Istruzione, Quota 100, reddito di cittadinanza, etc..) si capisce come i margini del nuovo Esecutivo non siano ampi e molto probabilmente il Ministro Speranza (come tutti i suoi predecessori) dovrà ‘battagliare’ con il suo collega del Mef, Roberto Gualtieri.
 
Affinità di vedute in maggioranza anche sull’abolizione del superticket. Il Pd nel 2018 stanziò 60 mln per la sua riduzione (al momento il superticket pesa per circa 400-450 mln). Anche la Grillo l’anno scorso tentò d’intervenire senza successo ma è chiaro che la volontà politica c’è. Come per le risorse per il Fsn però pesano i conti dello Stato.
 
Comunità d’intenti c’è poi anche sul tema delle assunzioni. Il M5S ha reso più soft il tetto di spesa per il personale, anche se l’intervento non pare sufficiente e soprattutto è difficilmente applicabile nelle Regioni commissariate o in Piano di rientro. Sia Leu che Pd hanno poi proposto un piano straordinario di assunzioni. Ma anche in questo caso i conti dovranno essere fatti col Mef.
 
Più sfumate le posizioni sul pharma. Il Pd ha sempre puntato sulla rimodulazione dei tetti di spesa e sulla blindatura dei fondi speciali per gli innovativi. Il M5S ha invece, come si è visto nelle linee guida sulla governance (in realtà rimaste inapplicate), sulla trasparenza delle negoziazioni, sul monodose e sull’equivalenza terapeutica. Leu nel suo programma 2018 puntava invece molto sulla diffusione dell’uso dei generici.
 
Curiosità, sempre nel settore, c’è sulle parafarmacie. Il Pd nella scorsa legislatura (dopo che nel 2007 Bersani istituì le parfarmacie con le lenzuolate) ha aperto all’ingresso dei capitali nelle farmacie. Il M5S ha invece cercato più volte (fin'ora senza successo) di inserire un limite più alto all’ingresso dei capitali, mentre sulle parafarmacie dopo i proclami sui programmi per una liberalizzazione della fascia C, ha nicchiato (si è ancora in attesa del Ddl Sileri per risolvere il nodo parafarmacie) mentre Leu nell’ultimo periodo si è molto avvicinata proprio al mondo delle parafarmacie.
 
In questo caso, gli indirizzi non sembrano univoci anche se in un certo modo questo Governo sulla carta non sembra andare incontro alla mediciina convenzionata (farmacie e medicina generale per esempio).
 
Altro punto di possibile confronto quello della sanità integrativa. Il Pd ha sostanzialmente negli anni puntato sul cosiddetto Welfare aziendale, il M5S si è sempre proposto di rendere la sanità integrativa non sostitutiva mentre per Leu essa va disincentivata fiscalmente.
 
Anche sulla sanità privata e quella cattolica potrebbero esserci attriti. Come sono possibili anche attriti sui vaccini. Il Pd ha potenziato l’obbligo, il M5S non ha mai avuto una posizione univoca e la proposta ossimorica dell’obbligo flessibile lo testimonia e anche in Leu nella scorsa legislatura ci fu chi votò contro l’obbligo.
 
Possibili frizioni anche sulla partita dei commissariamenti. Il Pd nella scorsa legislatura prima inserì l’incompatibilità tra presidente e commissario e poi la tolse, il M5S l’ha reinserita non senza polemiche con i governatori Pd di Calabria (Oliverio), De Luca (Campania) e Zingaretti (Lazio). Sempre in tema di rapporti con le Regioni c'è poi tutta la partita legata alle nomine dei Dg di Asl e ospedali. Nella precedente legislatura fu introdotto l'Albo nazionale (non senza resistenze delle Regioni) cui attingere per le nomine. Lo scorso Governo, soprattutto il M5S, ha tentato una stretta (i ddl però sono fermi in commissione ndr.) ma, a parte una norma nel Dl Calabria per le Regioni in Piano di rientro (prevista una rosa di candidati tra gli idonei con annessa graduatoria di merito) non si è fatto molto. Certo è che dopo lo scandalo in Umbria probabilmente ci sarà l'intenzione di fare qualche passo in avanti.
 
Punto controverso, quello sulle autonomie, difficile che con la nuova maggioranza passi il Piano di Lombardia e Veneto (di fatto una delega totale anche su personale e farmaci), molto più probabile che passi la proposta più soft dell'Emilia Romagna. Bisognerà però anche tenere conto di Leu cui l'autonomia non fa impazzire.
 
Questi alcuni punti cardine, ma è chiaro che la visione del nuovo Governo punta tendenzialmente a rafforzare il sistema pubblico con tutto ciò che ne consegue. Ma è eviidente che per trasformare l’obiettivo in realtà servirà il coraggio politico d’investire, altrimenti saranno solo belle parole.
 
Luciano Fassari

08 settembre 2019
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