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Professioni sanitarie e dirigenza. Il “Modello Lazio”: siamo a una nuova svolta?

di Saverio Proia

Dopo anni di stop and go, arriva in Consiglio regionale una proposta di legge per la valorizzazione delle professioni sanitarie e sociali e si avviano le procedure per i concorsi. Due buone notizie che fanno ben sperare sul recupero di quel modello per la dirigenza professionale sanitaria che ha fatto scuola nel Paese

02 AGO - Novità nella Regione Lazio per quanto attiene alla valorizzazione delle professioni sanitarie e sociali. La prima è data dall’avvio, in Commissione Sanità del Consiglio Regionale,  dell’esame del disegno di legge “Norme per la valorizzazione delle professioni sanitarie e sociali” primo firmatario il consigliere Riccardo Agostini. La seconda è l’accordo intervenuto tra i sindacati e il Presidente della Giunta che ha previsto l’avvio delle procedure concorsuali per assumere a tempo indeterminato almeno un dirigente delle professioni infermieristiche, di ostetrica, tecnico-sanitaria, della riabilitazione e della prevenzione in ogni azienda sanitaria(procedure concorsuali da anni avviate e concluse da anni in quasi tutto il Paese). Si inverte, così, una tendenza negativa e riduttiva sull’applicazione della legge 251/00 caratterizzatasi negli ultimi tre anni.
 
Infatti, la Regione Lazio, nel 2006, a seguito di accordo unanime con tutte le OO.SS. della dirigenza medica e sanitaria ha attuato la legge 251/00 prevedendo la costituzione di 5 servizi, quali strutture dirigenziali, semplici o complesse a seconda le dimensioni, uno per ciascuna area professionale (infermieristica-ostetrica, tecnico-sanitaria, riabilitazione, prevenzione, assistenti sociali); nel medesimo accordo sono state disciplinate le ulteriori articolazioni dei servizi, le relazioni tra la nuova dirigenza e la preesistente dirigenza medica – sanitaria, i compiti dei servizi e la possibilità di inserimento degli stessi negli attuali dipartimenti aziendali o in un nuovo dipartimento dell’assistenza. Le Aziende Sanitarie avevano recepito tali direttive istituendo in tal senso i servizi delle professioni sanitarie e sociali ed avviando la nomina dei dirigenti.
 
Questo c.d. “Modello Lazio” proposto in un pubblico convegno il 14.3.2006 è stato fatto proprio da quasi tutte le leggi regionali attuative della 251 ( dal Friuli VG alla Sicilia), ne consegue il modello prevalente è quello di specifici servizi per ciascuna area professionale con distinti dirigenti. Il Ministero della Salute, inoltre lo ha più volte valorizzato quale modello di riferimento in particolare nelle linee guida proposte per il servizio infermieristico e le più recenti per il servizio sociale professionale.
 
Contrastano, invece, con questa evoluzione legislativa e normativa le vigenti  linee guida per gli atti aziendali nella Regione Lazio, per questo tema eguali per l’attuale e la precedente Giunta in quanto:        
 
- annullano le precedenti scelte sull’attuazione della L.251 prevedendo un unico servizio per le 4 aree sanitarie (infermieristica-ostetrica, tecnica, riabilitativa e prevenzione);
 
- prevedono un solo dirigente nominato attraverso una procedura di incarico provvisorio, ormai desueta in quanto dal 2008 è stata emanata la normativa concorsuale per l’assunzione a tempo indeterminato  del nuovo dirigente sanitario per ciascuna delle 4 aree professionali, non per tutte le professioni; si fa riferimento, poi, ad al precedente CCNL del 2005 e non nel vigente del 2008;
 
- nulla è previsto per il Servizio Sociale Professionale che quindi sarebbe da intendersi soppresso nonostante che sia stato istituito in tutte le ASL del Lazio e che è all’esame della Conferenza Stato-Regioni la proposta di linee guida per l’attuazione del servizio sociale professionale nelle aziende sanitarie proposta dal Ministro alla Salute a seguito di consultazione con le Regioni, le OO.SS. e l’Ordine degli Assistenti Sociali.
 
Invece la così profonda riorganizzazione della sanità nel Lazio dovrebbe considerare  come strategica ed indispensabile l’attuazione piena se non estensiva della potenzialità contenuta nella legge 251/00,  ad iniziare dalla forte affermazione concreta che le aree di competenza delle professioni sanitarie infermieristiche, di ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione nonché delle funzioni ad esse connesse, sono affidate alla diretta gestione delle professioni stesse anche attraverso l’istituzione di specifici servizi configurati quali unità organizzative autonome dirigenziali sotto la responsabilità di dirigenti espressione diretta di tale professioni, così come previsto anche dal vigente contratto nazionale della dirigenza sanitaria; si motiva e si valorizza, così, il protagonismo di queste professioni, non in contrapposizione con le altre professioni, ad iniziare da quella medica, ma in stretta integrazione funzionale nel rispetto reciproco delle diverse competenze e dei diversi ambiti operativi tra loro interdipendenti.
 
Con questa scelta il legislatore ha adeguato la nostra organizzazione sanitaria ai modelli più avanzati degli altri Stati dell’Unione Europea;  per questo la responsabilizzazione nella diretta gestione da parte delle professioni sanitarie è una scelta di sistema  anche in quelle regioni soggette ai piani di rientro; intuizione che, invece, ha avuto la nuova direzione del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma che ha invertito la tendenza assumendo recentemente, sinora,  un direttore di UOC delle professioni sanitarie, 10 dirigenti di UOS delle professioni sanitarie in ogni Dipartimenti e 2 dirigenti delle professioni sanitarie in staff , proprio nella fase di ristrutturazione dello stesso Ospedale e per gestirla anche con queste nuove risorse dirigenziali e professionali, creando il giusto equilibrio tra il governo clinico e la gestione delle risorse umane.
Se è vero che ciò è strategico e fondamentale per la difesa ed il rilancio del SSN, l’attuazione completa della legge 251/00 dovrebbe rientrare nelle priorità dell’agenda sanità di ogni formazione politica che si ponga al governo delle regioni e dello stato e lo stato dovrebbe riappropriarsi del potere che la stessa 251 dava ad esso e cioè l’emanazione di linee guida nazionali, d’intesa con la Conferenza stato regioni,  che dettino norme per l’attuazione dei servizi autonomi delle professioni sanitarie e di assistente sociale.
 
Vorrei ricordare che l’emancipazione e la valorizzazione del ruolo e della funzione dell’altra metà dei professionisti della salute costituita da 500.000 infermieri, ostetriche, tecnici sanitari, fisioterapisti, tecnici della prevenzione etc,  sono quindi il risultato delle scelte e della politica che ha avuto, caso raro, il consenso e l’approvazione unanime delle leggi di riforma delle professioni sanitarie (l.42/99, l.251/00 e 43/06)  ma anche della storia e delle scelte del  sindacato,  riuscendo a realizzare la più profonda, innovativa ed avanzata riforma nell’assetto delle professioni e dell’organizzazione del lavoro non solo in sanità ma in tutto il  mercato del lavoro dipendente ed autonomo, divenendo un modello di riferimento in questo campo per gli altri servizi sanitari europei ed extraeuropei. Vorrei ricordare che queste leggi, realizzate con il contributo determinante di deputati e senatori medici, non hanno provocato alcuna reazione di rigetto da parte della stragrande maggioranza dei medici e delle loro rappresentanti anzi furono condivise come inevitabile atto di modernizzazione del nostro sistema sanitario.
 
Nella  Regione Lazio c’è stata molta sensibilità politica bipartisan per la sua realizzazione: prima nelle precedenti legislature regionali, con un emendamento presentato nel 2004 al Piano Sanitario Regionale, furono delineate  le modalità di attuazione della legge 251/00 prevedendo specifici servizi per ognuna delle quattro aree  dirette da dirigenti espressione dell’area professionale di appartenenza,  poi con il tentativo non riuscito, per ragioni di tempo, di far approvare dal Consiglio regionale la proposta di legge, approvata da tutta la Commissione Sanità della Regione Lazio che attuava le disposizioni del PSR. Nel frattempo alcune Aziende come l’ASL RMD e l’ASL RMA, con accordo sindacale e su proposta del sindacato, anticiparono i tempi  dando vita già all’organizzazione dei servizi per ogni area professionale, diretti quello infermieristico da un dirigente ex art.7 L.251/00 e gli altri da posizioni organizzative.
 
Insediata la nuova Giunta Regionale nel 2005 considerato che il quadro legislativo nazionale e regionale e quello contrattuale era già esaustivo per dar corso all’attuazione della L. 251 in ogni Azienda Sanitaria e che quindi la Regione non avrebbe dovuto attardarsi in una nuova avventura legislativa ma avrebbe dovuto, con una normale circolare assessorile, dare indicazioni alle Aziende per la conseguente attuazione, non come un adempimento burocratico ma con il massimo di partecipazione, consenso e coinvolgimento.
 
Unico caso in tutte le altre Regioni che, invece, trattarono l’attuazione della legge 251 con i sindacati del comparto si avviò una trattativa diretta con tutti i sindacati della dirigenza medica, sanitaria, tecnica e professionale per due motivi principali:
 
- si trattava di materia contenuta nei contratti collettivi nazionali della dirigenza medica e di quella SPTA, trattandosi dell’istituzione delle nuove qualifiche di dirigente sanitario delle professioni infermieristiche, ostetrica, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione e di quella di dirigente tecnico del servizio sociale professionale , quindi area negoziale della dirigenza e non come viene definita con pregiudizio e per errore “ i dirigenti del comparto” come se fossero “liberti” e non “uomini liberi”;
 
- la delicatezza della materia che, comunque, prevede una revisione della preesistente organizzazione dirigenziale e delle conseguenti linee di comando ed un nuovo, anche se più adeguato e moderno, rapporto medico-infermiere ma anche biologo-tecnico di laboratorio come veterinario-tecnico della prevenzione…
 
Si giunse, dopo una trattativa serrata, partecipata e, a mio giudizio, positiva ed esaltante, con tutte le rappresentanze sindacali della dirigenza del Servizio Sanitario Regionale ( i segretari di CGIL-CISL-UIL erano presenti quali sindacati rappresentativi del comparto e della dirigenza) a stilare e firmare, in forma corale, un protocollo propedeutico alla trattativa per emanare la successiva circolare assessorile  che diede il via all’attuazione in ogni Azienda Sanitaria della L.251.In quella trattativa i sindacati medici che avevano le maggiori perplessità sulla L. 251 (CIMO, Radiologi e Patologi clinici) furono alla fine i più convinti della bontà dell’innovazione e addirittura i primi firmatari dell’intesa. La circolare assessorile fu,  nella sua elaborazione, oggetto di una puntuale trattativa sindacale, letteralmente parola per parola, ed emanata solo dopo che era stato acquisito l’assenso di ciascun sindacato della dirigenza medica e sanitaria, con una tenace e ferma ricerca della condivisione.
 
Questa circolare fu, poi,  integralmente recepita nella DGR che emanò le linee guida per gli atti aziendali e fu attuata in ogni Azienda Sanitaria, come prevedeva la stessa circolare, non in forma identica in ogni Ente ma nel rispetto della vocazione, della specificità, della missione, dell’identità, delle prospettive di ciascuna Azienda o Istituzione, attraverso, naturalmente, il confronto con le  OO.SS., tant’è che non vi è stata un’organizzazione aziendale della dirigenza delle professioni sanitarie e sociali perfettamente identica l’una all’altra a testimonianza dell’originalità e della partecipazione dello specifico percorso di elaborazione del progetto in ogni diversa realtà aziendale.
 
Per dar corso all’attuazione della circolare assessorile sulla legge 251,  si diede vita ad uno specifico Forum della Regione Lazio che, oltre ad informare sulle modalità applicative della circolare assessorile, la lanciò anche come modello di riferimento per quelle Regioni che ancora non avessero emanato direttive in materia, adottato, poi , anche nelle Regioni del Nord più avanzate.
 
Questo “Modello Lazio”  fu anche alla base del documento elaborato dal Comitato Nazionale delle Scienze Infermieristiche ed Ostetriche in quel periodo operante   presso il Ministero della Salute,).
 
Aldilà, infatti, delle differenti articolazioni che ogni Azienda Sanitaria  aveva  previsto per ogni servizio di ciascuna area delle professioni sanitarie  (individuato quale unità organizzativa dirigenziale), il principio della circolare assessorile del 9.12.06, che di norma per ognuna delle 4 aree delle professioni sanitarie e per il servizio sociale professionale si prevedesse uno specifico servizio con proprio dirigente, trovò  le ragioni profonde della sua validità e appropriatezza nelle molteplici radici normative ed organizzative: dalla previsione della stessa  legge 251 all’articolazione delle classi di laurea specialistica, dall’indicazione del PSR alla  normativa concorsuale, tutto ciò per ottemperare alla necessità di dare pari dignità e valore alle funzioni di cura, prevenzione, riabilitazione, diagnostica ed integrazione sociosanitaria  esercitate dalle cinque  aree delle professioni sanitarie e sociali, nell’interesse primario ed esclusivo dei cittadini.
 
Si potrebbe convenire sul fatto che il processo di innovazione organizzativa prodotto dalle allora vigenti direttive della Regione Lazio per l’attuazione della Legge 251 oltre che adeguare, nel modo più avanzato possibile, l’assetto delle Aziende Sanitarie alla normativa nazionale e regionale, costituirono un investimento reale nella gestione ottimale del personale, nella sua rimotivazione al cambiamento ed al miglioramento nel lavoro individuale e in equipe, ridisegnando il rapporto funzionale, ma anche gerarchico, dirigente medico e/o sanitario con il professionista della salute  in una modalità più adeguata alla sua evoluzione formativa ed ordinamentale, è superfluo ricordare che, anche e soprattutto,  per effetto delle leggi all’inizio ricordate gli infermieri, i tecnici sanitari, i riabilitatori, gli assistenti sociali sono professioni autonome con laurea e laurea magistrale, come in quasi tutto il resto del mondo, e non più “ausiliari” dei medici. Il tutto realizzato con il massimo consenso possibile non solo degli interessati ma trasversale alla dirigenza medica e sanitaria con il minore sforzo: infatti non è stato difficile convincere e convincerci che non è stata un’operazione autoreferenziale ma voleva cambiare l’organizzazione del lavoro per  dare servizi e prestazioni  migliori ai cittadini.
 
Per questi motivi sarebbe quanto mai corretto, utile e produttivo non modificare l’essenza e la  sostanza di quella direttiva regionale sulla 251 attraverso l’approvazione da parte del Consiglio Regionale del Lazio della proposta di legge regionale presentata dal consigliere Riccardo Agostini ed altri, che ne recepisce, rilanciando  nel frattempo lo svolgimento delle procedure concorsuali per assumere a tempo indeterminato, ricordando che la normativa prevede specifici dirigenti per ciascuna delle quattro aree previste dalla legge 251. La proposta Agostini, prevede anche, anticipando l’emanando Accordo Stato – Regioni sulle competenze avanzate delle professioni sanitarie, che, come già realizzato in Toscana ed in Emilia Romagna, possono essere svolte ulteriori competenze, sinora svolte solo da medici, agli infermieri ed agli altri professionisti della salute; infine vengono previste  le forme di consultazione previste già dal PSR, con successo realizzate in molte Regioni, basti pensare al Consiglio Sanitario Regionale della Toscana che ha assicurato il massimo di contributo e di partecipazione al miglior Servizio Sanitario Regionale , o la Consulta delle Professioni Sanitarie della Regione Emilia Romagna, per questo si propone l’istituzione della Consulta delle professioni mediche, sanitarie e sociali, quale organismo tecnico consultivo e partecipativo della stessa Regione Lazio.
 
Saverio Proia

02 agosto 2013
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