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Il Governo ascolti le richieste dell’intersindacale. La riforma degli Ordini può aspettare

di Roberto Polillo

I sindacati della dirigenza del Ssn, nella loro lettera appello di ieri al Governo e alle Regioni, hanno centrato i veri problemi della sanità italiana in questa fase di profonda crisi economica. E allora si tratta di costruire una piattaforma unitaria senza perdere tempo in riforme, come quella degli Ordini e degli Albi, totalmente inutili

25 MAR - La lettera appello che l’intersindacale ha inviato a Governo e Regioni identifica con chiarezza le vere priorità/criticità che stanno minando anche il nostro sistema di welfare. Il taglio nel finanziamento  del SSN di oltre 31 miliardi nell’arco di soli 4 anni (che l’intersindacale denuncia con forza) rischia oltretutto di essere solo un assaggio  se dovesse trovare udienza nel presidente Renzi il ragionamento del tecnocrate  Cottarelli, il cui  modo di applicare la spending review in sanità  ricorda quello dell’economista tipico che “conosce il prezzo di tutto e il valore di niente”.
 
Cottarelli infatti  definisce  per la sanità un nuovo benchmark pari al 5,25 del PIL  applicando al finanziamento  lo stesso tasso di riduzione del 10% che ha investito la spesa dello Stato. E poiché la spesa per la sanità ha continuato ad essere pari al 7% per operare un allineamento coerente essa dovrebbe ridursi dell’1,7%. Nessuna differenza viene fatta tra l’acquisto di farmaci, apparecchiature biomedicali, spese per assistere i malati e quella che può riguardare articoli di cancelleria, macchine blu o spese di rappresentanza degli apparati centrali dello Stato.
 
Nella notte in cui tutte le vacche sono nere non importa nulla che il finanziamento del nostro SSN sia tra i più bassi in ambito EU e che la spesa privata sia tra le più elevate. Quello che importa è la geometrica coerenza del numero alla serie che lo sussume, del singolo elemento al tableau che lo racchiude.
 
Ritornando all’appello della intersindacale,  ritengo che il razionale delle loro richieste consista nella ri-affermazione che in un contesto come quello sanitario  la risorsa umana, lungi dall’essere uno dei tanti fattori di produzione,  rappresenta,  al contrario,  l’unico elemento in grado di garantire la qualità di processo e di esito e quindi di rendere realmente esigibile erga omnes l’articolo 32 della Costituzione che sancisce il diritto alla salute per tutti i cittadini
 
Si tratta allora come prima cosa di restituire condizioni minime di tutela per dei lavoratori che, operando in un contesto ad alta incertezza,  possono agire, come ha ampiamente dimostrato il premio Nobel Paul Simon, solo ricorrendo ad una  razionalità di tipo limitato.  In questo contesto l’errore è una delle condizioni possibili specie laddove la necessità di assumere  decisioni tempestive rende indispensabile ricorrere a modelli decisionali (euristiche di salvataggio), strettamente legati ad esperienze passate risoltesi positivamente, ma il cui buon esito in situazioni nuove seppure simili, non è necessariamente garantito   
 
Il secondo punto è la lotta al precariato che rende insicura la collocazione del professionista nel contesto lavorativo accentuando le condizioni di incertezza tipico del lavoro sanitario.
Gli altri elementi sono la necessità di collocare i dirigenti sanitari in un ruolo che ne riconosca la specificità e  il livello di  responsabilità progressivamente crescente che essi devono esercitare in un modello di relazione con i pazienti che è (per fortuna) profondamente mutato negli ultimi anni.
Lo stesso dicasi per un giusto riconoscimento economico che li allinei per lo meno ad altri lavoratori su cui si sono compiute deroghe e che esercitano un livello di responsabilità non minore ma nemmeno maggiore da quello dei professionisti della salute. La riapertura dei contratti per la parte economica e normativa è uno strumento indispensabile per introdurre quei cambiamenti necessari per rendere il nostro SSN più efficiente in termini di qualità e corretto utilizzo delle risorse.
 
Questi sono i problemi sul tappeto che la intersindacale ha richiamato. E tra questi e non certo per ultimo la necessità di rivedere senza pregiudizi il riparto delle competenze tra stato e regioni correggendo i drammatici errori compiuti con la pasticciata riforma del Titolo V della Costituzione.
 
C’è dunque la consapevolezza che senza una mobilitazione forte da parte della categoria i problemi del nostro SSN possano assumere una dimensione ben maggiore della attuale. Si tratta allora di costruire una piattaforma unitaria senza perdere tempo in riforme, come quella degli Ordini e degli Albi, totalmente inutili in termini di miglioramento del servizio e di tutela del cittadino e il cui unico obiettivo è quello di sollecitare lo sbiadito ego dei vari aspiranti presidenti e delle prime file delle diverse categorie
 
Roberto Polillo

25 marzo 2014
© Riproduzione riservata

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