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Chersevani e Mangiacavalli. Due donne alla guida delle professioni per la loro “co-evoluzione solidale”

di Ivan Cavicchi

Il dono grande  che Amedeo Bianco e Anna Lisa Silvestro ci hanno fatto è di restituire alle professioni  il bene della dualità e il valore  della dialettica. A chi ha preso il loro posto l’onere e per certi versi l’obbligo di usare questo bene e questo valore come si deve. Perché  da questo momento in poi l’alibi dell’incompatibilità è caduto

24 MAR - Due i  versanti della barricata...o di qua o di là...due le staffe dove mettere i piedi...o questa o quella ...quindi  dualità. Senza dualità non vi sarebbe   dialettica, discussione, confronto, conflitto, protesta, rivendicazione. “Contro i doveri professionali ”  e “in nome di quei doveri”...questa  per me è stata la vera contraddizione dei presidenti multitasking. La loro incompatibilità  per me resta  un problema  tanto di negazione della  dualità  quanto di negazione della dialettica come diritto. Per me il poter ricorrere quando è il caso  ad un metodo di confronto e di scontro per risolvere i problemi è un diritto democratico basilare.  
 
In un momento in cui le relazioni contrattuali sono interrotte, la concertazione superata, e nel paese e nelle istituzioni  si affermano  pratiche neo autoritarie  giustificate dallo stato di necessità, l’incompatibilità  diventa  a sua volta un modo per negare di fatto l’interazione tra chi  governa e chi lavora. Quindi nei confronti dei presidenti multitasking  che lasciano i loro incarichi di rappresentanza degli ordini e  dei collegi e che saluto con affetto sincero , nessun tipo di avversione personale (mi fa orrore  solo pensarlo) nessuna  logica ad homine  nelle mia critica (mi disonorerebbe) nessun secondo fine o peggio calcolo personale (non sarei libero come sono) nessuna fazione da appoggiare (non sono schierato con nessuno  se non con le professioni  che difendo da sempre)...ma solo amore per i nostri lavoratori.
 
In fondo in fondo, il dono grande  che Amedeo Bianco e Anna Lisa Silvestro ci  hanno fatto  è di restituire alle professioni  il bene della dualità e il valore  della dialettica. A Roberta Chersevani e a Barbara Mangiacavallo...l’onere e per certi versi l’obbligo di usare questo bene e questo valore come si deve...perché  da questo momento in poi l’alibi dell’incompatibilità è caduto.
 
Tuttavia nel leggere i loro programmi, intendimenti, le loro dichiarazioni  forte in me è stata la sensazione della continuità, dell’estensione di ciò che nell’interesse primario delle professioni al contrario deve interrompersi...come metodo e come strategia ... come se un patto per l’invarianza...avesse condizionato la loro elezione...e quindi  come se vi fosse  un impegno a far sopravvivere...quello che ragionevolmente non abbiamo alcun interesse che sopravviva.
Il sacrificio di chi esce  ha senso se chi  entra ...rappresenta un vantaggio strategico  per le professioni che rappresenta...e il vantaggio che io vedo sia in Roberta  Chersevani che in Barbara Mangiacavallo non è nelle loro ovviamente indubbie  capacità politiche intellettuali (già  garantite in massimo grado dai loro predecessori), ma nelle loro libertà di usare la dualità e la dialettica per costruire le loro professioni e per difenderle da ciò che le sta decostruendo, per aprirsi al dialogo, alla discussione e al confronto.
 
Quando le professioni si sono mobilitate per eleggere in Senato i loro presidenti tutti hanno creduto di poterne avere  un vantaggio, oggi abbiamo capito che non è così semplice  e che all’incompatibilità si associano pesanti effetti collaterali. Cioè abbiamo capito che in pratica  l’incompatibilità è uno svantaggio. Non ho difficoltà ad ammettere  che se l’incompatibilità non avesse creato alle professioni  più problemi che soluzioni probabilmente non avrei mosso un dito per contestarla.
 
La mia avversione nei suoi confronti è stata dettata solo dagli svantaggi che essa ci procurava. Ricordo a tutti che prima di parlare di incompatibilità  aspettai  un anno per vedere come buttava e dopo aver letto i magri  bilanci  politici che gli stessi presidenti multitasking facevano del loro operato scrissi: “a un anno dalla loro entrata in Senato, fossi in loro, sceglierei di fare il senatore a tempo pieno  restituendo agli Ordini, ai Collegi, ai sindacati, alle nostre categorie maggiore autonomia di movimento e di progettualità ”.(Qs 17 marzo 2014).
 
Ora gli ordini e i collegi hanno presidenti compatibili con la dualità e la dialettica  come si comporteranno ? Cosa faranno? La cosa che mi auguro e rispetto alla quale mi metto a disposizione a mia volta in modo dialettico è la discontinuità ma anche perché ormai abbiamo le prove che l’invarianza soprattutto progettuale e di movimento non paga.
 
Oggi quelle che ho definito tante volte “questione medica” e “questione infermieristica”, in realtà  fanno parte di una unica drammatica  “questione professionale”. Le professioni  tutte si trovano intrappolate tra il cambiamento culturale e sociale che le rendono sempre più regressive soprattutto nei confronti di un nuovo genere di cittadino e le politiche sanitarie definite di riordino ma in realtà scopertamente  contro riformatrici  che per scopi di risparmio  ormai stanno de capitalizzando in tanti modi diversi il valore del lavoro professionale considerandolo prevalentemente il costo più grande da ridimensionare.
 
In ragione di ciò per tutti gli ordini e per tutti i collegi, si pone un comune problema che è l’aggressione da più parti ai valori deontologici fondamentali che definiscono le prassi professionali...e quindi una comune necessità...cioè  fare della deontologia prima di tutto un terreno di disobbedienza  a difesa delle professioni quindi la base per ridefinirsi nell’attualità ma anche il postulato per  una nuova progettualità riformatrice cioè per ridefinire le professioni in quanto tali.
 
Tutte le deontologie a questo riguardo, nessuna esclusa,  sono invecchiate, incongrue, cioè non pertinenti con il mondo nel quale vivono e spesso incautamente colluse con le logiche economicistiche ed efficientiste che nei luoghi di lavoro ci stanno mettendo in croce.
 
Per assicurare a questa società  i propri doveri...è necessario decidere tre cose:
· definire il lavoro “che si deve fare
· definire il lavoro “che è possibile fare
· definire il  “poter essere” delle professioni.
 
In questo senso il dovere è potere e si può parlare di potere del dovere. Questo potere oggi come oggi è l’unico mezzo che ordini e collegi hanno   per rilanciare le professioni che rappresentano. Esso va prima di tutto  definito e concordato tra le  professioni, quindi  tra gli ordini e i collegi. L’obiettivo è quello di costruire un nuovo tipo di professione  e quindi nuove soluzioni  organizzative… in una parola lo scopo è la coevoluzione solidale di tutte le professioni della sanità.
 
Tutto il resto, a partire dal comma 566 con quello che ci sta piovendo in testa,  sono solo m..te.
 
Ivan Cavicchi
 
 

24 marzo 2015
© Riproduzione riservata

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