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Le sfide della sostenibilità dall’antropologia alla politica. Il dibattito nel convegno dell’Ipasvi Milano-Lodi-Monza e Brianza


Se ne è discusso il 4 ottobre presso Cascina Triulza. Al centro della riflessione il territorio e le politiche sociali, partendo dalla considerazione che la fragilità si può contrastare a partire dalla tavola, dalle buone abitudini e dal buon cibo. Per ritrovare e mantenere la salute, ma anche per riscoprire l’altro. 

05 OTT - ‘Siamo tutti fragili? La sfida della sostenibilità dall’antropologia alla politica’ è il tema e allo stesso tempo interrogativo affrontato nel convegno svoltosi il 4 ottobre a Cascina Triulza e promosso dall’Ipasvi Milano-Lodi-Monza e Brianza. E’ stata effettuata una riflessione sulla fragilità, a conclusione di un ciclo di eventi frutto della collaborazione tra associazioni (Auser e Associazione Amici Casa della Carità) e l’Ordine degli infermieri.

“Siamo partiti – illustra Rosa Romano referente Auser Lombardia – da un progetto di ascolto a accompagnamento sulla fragilità nutrizionale nell’anziano, per arrivare a un vero e proprio percorso di solidarietà che si è spinto anche a livello internazionale”.
“Da sei anni – afferma Gabriela Santos Garcia, Fundacion Las Golondrinas – lavoriamo per garantire la corretta alimentazione ai bambini colombiani. Bambini per cui la parola fragilità, complici la guerra e le fratture sociali, è una quotidianità. Utilizziamo la farina di banana lavorata per realizzare alimenti fortemente nutrienti, essenziali in caso di anemia o carenze vitaminiche”.

Andrea Mascaretti dell’Umanitaria, evidenzia il rischio collasso del sistema per insostenibilità della produzione alimentare in risposta ai fabbisogni della popolazione umana e l’aumento in valore assoluto delle persone che soffrono la fame di cui oggi 800 milioni dei 7 miliardi. Quale futuro sostenibile se nel 2050 il 20% delle proteine animali fosse prodotto con insetti commestibili potremmo ridurre: utilizzo di acqua potabileutilizzo di prodotti agricoli/cereali; utilizzo di energia; utilizzo di suolo.

"Alimentazione e salute – commenta il presidente del Collegio Giovanni Muttillo – si integrano e si influenzano reciprocamente. Per tale motivo la professione infermieristica ha voluto promuovere e partecipare attivamente a questa serie di eventi che, in quanto inseriti nel contesto di Expo Milano 2015 - Nutrire il Pianeta: Energia per la vitae - aperti anche ai cittadini, con l’ambizione di mettere da parte ogni interesse commerciale e globale e promuovere invece il diritto all’accesso ad un cibo adeguato e nutriente per tutti. Possono tracciare una rotta significativa a partire dalla salvaguardia del cibo sostenibile. La salute passa dalle abitudini quotidiane, dalle scelte che ogni giorno operiamo al momento dell’acquisto, dalla propensione a prenderci cura di noi. In tal senso, la professione infermieristica ha una funzione educativa, che qui più che mai trova un ambito di applicazione. E ancor più lo troverà con l’infermiere di famiglia e di comunità, nella “filiera dei servizi” che sono e saranno necessari nel nuovo contesto di sviluppo dell’assistenza primaria come modello integrato, in una prospettiva regionale e nazionale, un punto di riferimento e di aderenza per la salute dei cittadini”.

Una salute inserita in un sistema che in questi ultimi anni ha visto forti tagli, a discapito delle persone e della collettività. “Troppo spesso – afferma Nerina Dirindin, Senatrice e Professore Associato di Economia Pubblica ed Economia e Politica Sanitaria dell’Università degli Studi di Torino – il welfare viene considerato un peso per la collettività e per la finanza pubblica. Viene considerato un costo, in un Paese in cui la fragilità è stata invece da sempre oggetto di particolari attenzioni. Questo è uno degli aspetti chiave da tenere in considerazione per contrastare la fragilità. Insieme al concetto di legalità e ai diritti. Si parla molto del costo della corruzione e della cattiva gestione, ma ormai viviamo in un Paese in cui la prima forma di illegalità è il mancato rispetto dei diritti dei cittadini. A volte anche il diritto all’assistenza sanitaria e all’assistenza sociale è spesso soltanto enunciato, e non si traduce in situazioni concrete. Basti pensare che i bandi per le mense nelle scuole e negli ospedali sono fatti al massimo ribasso, proprio laddove bisognerebbe prestare attenzione alla qualità e al valore di un’alimentazione sana”.

Un’attenzione particolare va quindi proprio al territorio, alle relazioni sociali, in quanto la fragilità può essere scongiurata anche attraverso il cibo, che diviene occasione di relazioni, di incontro, di condivisione, come spiega Vincenzo Pepe, presidente della fondazione Gian Battista Vico: “Possiamo rileggere la dieta mediterranea come uno stile di vita, fatto certo di alimenti e biologia, ma anche e soprattutto di relazioni e di ritrovarsi a tavola. A seconda delle regioni la ben nota piramide alimentare cambia: in Sardegna ad esempio la carne di capra ricopre un ruolo fondamentale, in altri contesti, invece, non viene consumata. Quindi la dieta mediterranea non è tanto data dagli alimenti, quanto da alcuni aspetti di riferimento, che sono alla base del grande successo. Mi riferisco al concetto di stagionalità, che prevede prodotti non trattati e più saporiti, all’esercizio fisico (inteso come una passeggiata di venti minuti al giorno), che fa bene al corpo e anche all’umore, e infine alla convivialità. In tal senso, la nostra associazione si sta impegnando in un progetto di educazione alimentare, che è anche pedagogia dell’alimentazione e orientamento allo “spreco zero”, per l’applicazione della dieta mediterranea, oggi patrimonio dell’umanità dell’Unesco”.

La fragilità contrastata a partire dalla tavola, dalle buone abitudini e dal buon cibo. Per ritrovare e mantenere la salute, ma anche per riscoprire l’altro. “La fragilità è una condizione tipicamente umana – commenta il Preside della facoltà di Scienze umane dell’Università L.U.de.S di Lugano Fabio Gabrielli -. La illustra bene Manzoni, nella figura dell’Illuminato, che desidera la donna che non può avere e afferma: “Non desideravo più nulla che prima per me era desiderabile”. In questo c’è una definizione della fragilità. Fragile è l’altro, fragile è la distanza, una distanza abitata dall’altro. In quanto esseri fragili, abbiamo bisogno del riconoscimento dell’altro. In tal senso, possiamo affermare che ognuno di noi è tale perché fatto di tanti pezzettini dell’altro e guai a trasformare i desideri in bisogni”.

E proprio per questo il concetto di sociale gioca un ruolo rilevante. “Abbiamo una sfida da affrontare – aggiunge Muttillo -: coniugare la sostenibilità della nostra società con lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione. L’idea è di attivare un cambio di paradigma per uno sviluppo sostenibile, anche con riferimento all’alimentazione, ma con una visione più ampia, globale. La difficoltà a rilanciare la crescita del PIL, l’attuale trend socio-economico, caratterizzato, in particolare dal progressivo invecchiamento della popolazione, dai nuovi bisogni di salute correlati alla cronicità, con un welfare che mostra luci e ombre, pone anche al nostro Paese la questione della sostenibilità economica, sociale e professionale che non può ancora una volta sacrificare lo stato sociale, il servizio pubblico a favore delle privatizzazioni. Il sistema sanitario non può continuare ad essere definanziato: pochissime risorse, turni massacranti, personale sempre più soffocato e demotivato. Così non si può andare avanti”.

In effetti, occorrono alcuni aggiustamenti di rotta, come illustra Dirindin: “Abbiamo ripreso il tema della sostenibilità partendo dal presupposto che deve essere una priorità nelle scelte strategiche del Governo. Noi ci battiamo perché il Governo ne sia consapevole, e perché le scelte vengano fatte per il cittadino. Un esempio per tutti: ad oggi le prestazioni inappropriate le paga il cittadino. Ma invece sarebbe corretto che il cittadino non venisse sottoposto affatto a prestazioni inappropriate. Già sarebbe un bel passo avanti”.

"Con l’incontro di stamane, abbiamo concluso un percorso – afferma Mariagrazia Guida, presidente dell’Associazione Amici Casa della Carità – che in realtà rappresenta un punto di partenza, volto a ricercare costantemente una soluzione alle fragilità, attraverso l’ascolto, l’accompagnamento, ma anche l’attivazione di una vera e propria rete in grado di dare risposta ai bisogni. Questo modello si integra con le esigenze della nostra società, e si estende oltre confine abbracciando altre culture, altri luoghi, altre fragilità. La parola chiave con cui affrontiamo e affronteremo questa sfida è una: collaborazione”.

“Riprendendo il tema dell’incontro, ‘la sostenibilità dall’antropologia alla politica’ – conclude Muttillo – vorrei ricordare in questa Milano città della solidarietà e del volontariato i 1000 poveri che oggi qui nella Cascina Triulza, saranno ospitati nella mensa dei popoli, alle questioni dello spreco alimentare e della malnutrizione, come sia opportuna una trasformazione della cultura dell’universalità dei diritti e, che coniughi la sostenibilità con il diritto alla salute, di cittadinanza e di libertà, per uno vero Stato sociale e un nuovo modello di welfare”.

05 ottobre 2015
© Riproduzione riservata

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