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I consigli di un “rompiscatole” ai medici per vincere la partita 

di Ivan Cavicchi

Come unire in un’unica strategia la battaglia sull’appropriatezza, la piattaforma sindacale e la vertenza salute lanciata con il manifesto per la “buona sanità”.

22 FEB - Premessa
Immagino che a nessuno piace essere criticato e che per quanto siano buone le intenzioni di chi critica costui resti alla fine fondamentalmente un fastidioso rompiscatole da tenere con molta cura alla larga. Ma se costui  è convinto che per il bene della città egli  debba rompere le scatole più lo tieni alla larga e più questo romperà le scatole per la semplice ragione che per lui sarebbe vile non farlo.
 
Per  uno che ama le sue battaglie e che è diventato nel tempo liberamente ciò che le sue battaglie necessitavano che lui diventasse  ponendosi   nei confronti del bene della città liberamente  oltre gli interessi particolari, il dilemma è sempre lo stesso: come comportarsi?
 
Questo dilemma non ci sarebbe e io non sarei un  rompiscatole, se tutti, avessero a cuore il bene supremo della città, ma nonostante le buone intenzione non è così. “Homine sumus, non dei” e da che mondo è mondo per gli uomini i rompiscatole per quanto bravi restano tali e danno fastidio.
 
Il punto è comprendere se  tra gli umani limiti, il bene della città e i rompi scatole sia possibile un compromesso: il destro nella scarpa e il sinistro nel pediluvio. Andiamo sul pratico e a chi vorrebbe un mondo senza rompiscatole dico che:
· bisogna imparare a discutere e nei  modi più efficaci,
· discutere sui giornali è solo un modo ma non l’unico,
· fare orecchio da mercante quando ti offrono una buona idea soprattutto se ne hai bisogno è da imbecilli,
· in una battaglia quello che conta è vincere e tutto quello che aiuta a vincere è utile,
· quando la papera non galleggia dire che l’acqua è tanta non conviene mai,
· è meglio non avere la sindrome di Cacini la coscienza dei propri limiti e non la dissimulazione  vale di più di cento cannoni,
· se vi capiterà mai di vincere sappiate  che il merito non sarà mai dei rompiscatole dei quali vi dimenticherete e che mai ringrazierete ma solo vostro. 
 
 
E adesso per favore discutiamo. Lettera della presidente Fnomceo ai presidenti provinciali di ordine
La presidente della Fnomceo Roberta Chersevani in una lettera inviata ai presidenti provinciali di ordine sostiene orgogliosamente che l’incontro del 12 febbraio scorso per la revisione del Dm sull’appropriatezza  è stato un successo (Qs 17 febbraio 2916).
 
Non discuto questa valutazione ma due affermazioni  perché  ci danno una indicazione interessante su come potrebbe essere l’esito  del negoziato sulla questione appropriatezza:
· la prima rifacendosi al senso comune sostiene che il Dm appropriatezza è una norma non abrogabile,
· la seconda  afferma che i medici hanno chiaro il concetto di appropriatezza perché “adeguatamente” richiamato dal proprio codice deontologico.
 
Sulla non abrogabilità del Dm debbo dire che:
· il fronte dei medici è molto diviso c’è un bel pezzo che vuole l’abrogazione inoltre la piattaforma dell’ intersindacale chiede il ritiro del Dm,
· l’idea che offre la Fnomceo   è quella di una scarsa  autonomia  dal governo, come se gli errori di collateralismo fatti con il comma 566 non avessero insegnato niente,
· in un negoziato su una norma  non si può escludere l’eventualità dell’abrogabilità  perché  in una mediazione essa può  rappresentare un punto alto di un eventuale compromesso e perché essa sostanzialmente si può fare in tanti modi (abrogare non significa solo cancellare una norma),
· partire dalla non abrogabilità come principio caratterizza l’atteggiamento della Fnomceo come di chi accetta ex ante la logica della norma quando è  proprio questa logica ciò che andrebbe abrogato.
 
Circa l’affermazione che l’appropriatezza è  definita dal codice deontologico dico solo che non è esatto. Il codice  non ha in nessun articolo una propria definizione di appropriatezza  esso semplicemente cita il concetto senza mai esplicitarlo assumendone il significato corrente come implicito. Tale significato  è economicistico, proceduralista, indefinito sul piano metodologico, ambiguo rispetto ai tanti interessi che sovraintendono la definizione delle  linee guida e quindi alla commistioni tra società scientifiche e questi interessi, e come ho già sottolineato reso ancor più problematico perché  abbinato al concetto di “uso ottimale delle risorse”.
 
Ne concludo che se la Fnomceo considera il Dm inabrogabile e l’idea di appropriatezza è quella implicita nel codice deontologico, accettando semplicemente di renderne più efficiente l’applicazione garantendone oltretutto la sua uniformità nel paese, il Dm  vince e voi perdete...ripeto per l’ennesima volta.
 
Incontro sindacato ministero sullo sciopero dichiarato di 48 ore
Considerando le circostanze, bene, a mio avviso, hanno fatto i sindacati:
· a non ritirare lo sciopero,
· ad avviare una trattativa.
· a pubblicare un nuovo manifesto.
 
Sul manifesto a beneficio della controparte pubblica (non certo di chi l’ha scritto) mi permetto di illustrarne le caratteristiche politiche  per evitare sottovalutazioni.
 
Esso rispetto alle cose scritte dall’intersindacale  sino ad ora, rappresenta un ragguardevole passo in avanti  quindi una sfida riformatrice  per la controparte pubblica sperando con tutto il cuore che questa  si attrezzi per esserne all’altezza:
· forte aggancio ai valori costituzionali  ma con l’esplicita  volontà  a ricontestualizzarli,
· forte taglio riformatore nei confronti della formazione, del management diffuso, dei modelli di servizio, del doppio sistema ospedale/territorio, ecc,
· significativa apertura nei confronti della misurazione dei risultati come nuovo parametro di valutazione del valore professionale,
· centralità del lavoro da intendere come primario fattore di cambiamento,
· ricontestualizzazione della  professione per rispondere alle sfide del tempo  e in questo ambito difesa dell’autonomia intellettuale e quindi rifiuto della medicina amministrata.
 
In sintesi trascurando per brevità altre importanti questioni a me pare che se prima l’intersindacale  chiedeva legittimamente delle soluzioni a dei problemi ma  a professione sostanzialmente  invariante oggi con questo manifesto l’intersindacale avanza  una  nuova transazione  tra un “medico altro”  e  una  “sanità altra”, con ciò facendo addirittura un passo in più rispetto alla conferenza di Fiuggi del 2008 .
 
Il senso politico profondo che vorrei fosse capito fino in fondo dalla controparte pubblica è semplice: la sanità ha dei problemi innegabili ma pensare di risolverli  soffocando la natura ippocratica della professione quindi amministrandone l’autonomia intellettuale è come dice la Cassazione un autogol  micidiale perché ricadrebbe tanto sul diritto individuale alla salute che  sull’interesse collettivo di cui parla l’art. 32. Per evitare questo autogol i medici si rendono disponibili  a partire ad una cambiamento riformatore negoziato che dovrà essere misurato sul terreno delle prassi quindi del lavoro e su quello dei risultati. Non è poco.
 
Non ho lo spazio per riprodurre i passaggi più significativi del manifesto ma invito tutti a leggerlo con calma e come ho fatto io a prendere appunti. Certo si tratta di un manifesto  ma da qualcosa bisogna pur partire e pur sapendo che i manifesti sono facili da scrivere ma difficili da realizzarsi, per quello che mi riguarda mi sento di condividere  l’impegno riformatore dei medici senza riserve.
 
Ora viene il difficile  bisogna tradurre i postulati del manifesto  in proposte concrete e affrontare fin da subito due problemi. Il primo è dare un nome all’impresa di ridefinizione della professione a partire dalla rappresentazione di tutti i suoi problemi. Come Cassi (QS 15 febbraio 2016) personalmente sono per usare l’espressione “questione medica” ma non perché  mi sono fissato ma perché ha ragione Giancarlo Pizza quando citando per l’appunto  la  Cassazione  ci ricorda chela degradazione del medico” è un grave rischio  “per la salute di tutti.” (QS 16 febbraio 2016).
 
“Questione medica”  quindi per essere chiari  con il mondo e perché abbiamo smarrito il senso profondo della professione, cioè abbiamo dimenticato che i medici con tutti i loro difetti (sui quali come sapete ho dimostrato di non avere peli sulla lingua)  salvano  la vita alla  gente  a tutta la gente povera e ricca.
 
Ma nonostante questa semplice verità  i medici hanno accettato offrendo il fianco in tanti modi  di farsi trattare dai rappresentanti dello Stato come delle pezze da piede permettendo loro di ridurre il senso sociale e civico di una professione  a dei sub-significati  amministrativi. Personalmente  sostengo  che la “ questione medica è una grande  questione sociale”  e come tale andrebbe concepita soprattutto per parlare alla società e recuperare credibilità.
 
Il secondo problema  è che oggi sul tavolo abbiamo tre documenti:
· appropriatezza  gestita dalla Fnomceo,
· piattaforma sindacale,
· manifesto.
 
Si tratta solo di renderli quanto meno compossibili  perché a colpo d’occhio non mi sembrano tra loro coerenti. Il suggerimento che rispettosamente  avanzo è di usare il manifesto sulla “questione medica” quale postulato  comune dal quale inferire la linea sulla appropriatezza e la piattaforma sindacale.
 
Temo che se i tre documenti  non sono armonizzati il rischio che si corre  è che vada tutto in fumo:
· il dm sull’appropriatezza sarà applicato,
· la piattaforma sindacale si ridurrà ai classici punti rivendicativi  alla vecchia maniera,
· il manifesto resterà un mucchio di chiacchiere.
 
Va da sé che preliminarmente, se  il manifesto fosse  il postulato, questo, in ragione del principio  “il modo di operare segue il modo di essere”, si dovrebbe  prendere la responsabilità di definire cosa sia la professione neo-ippocratica e quindi  quale sia la prassi  appropriata e da ultimo cosa sia l’appropriatezza.
 
E’ mio dovere dirvi per correttezza bibliografica  che il principio richiamato anche se molto usato nei miei saggi, non è mio ma  di  S.Tommaso D’Aquino.
L’idea di fare una alleanza di pensiero  con il  Doctor Angelicus,  così era chiamato dai suoi contemporanei, cioè con il più grande intellettuale della Scolastica, oltretutto fatto santo, per me lo confesso  è una bieca  operazione consociativa con un pensiero forte.
 
Il doctor Angelicus  ci dice che:
· dobbiamo ripartire dal medico cioè dalla ridefinizione della natura della professione  per ridefinirne le prassi,
· dobbiamo rimettere insieme il suo  senso che è quello storico di sempre  con i suoi numerosi  e diversi significati  ma nell’attualità.
 
Come certamente saprete la parola “slogan” viene dall’antico scozzese “sluaghghairm” che vuol dire “grido di guerra”. Il doctor Angelicus  me ne ha suggerito uno che ho proprio qui  nel gargarozzo  e che mi piacerebbe gridare alla prima occasione  ma  insieme a voi: “dalla storia  della professione  per fare la storia della professione”.
 
Ivan Cavicchi

22 febbraio 2016
© Riproduzione riservata

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