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Infermieri. Bottega (Nursind): "Ancora una sentenza sul demansionamento grazie al codice deontologico dell'Ipasvi”

di Andrea Bottega

Dopo la Corte d’Appello di Roma anche il tribunale di Frosinone in una sentenza sul demansionamento infermieristico, respinge il ricorso di una infermiera che lavorava in un reparto base e che veniva impiegata nella pulizia delle stanze. L’inerzia della Federazione Ipasvi condanna ancora una volta gli infermieri. Ribadiamo con forza la necessità di un cambiamento. LA SENTENZA

11 MAR - Ancora una volta i giudici del lavoro citano come unica fonte normativa a sostegno del diniego al demansionamento infermieristico, il codice deontologico IPASVI 2009. Dopo la Corte d’Appello di Roma anche il tribunale di Frosinone in una sentenza sul demansionamento infermieristico, respinge il ricorso di una infermiera che lavorava in un reparto base e che veniva impiegata “talvolta, quando non se ne può occupare la ditta esterna anche della pulizia delle stanze”. Inoltre, vista la carenza di personale OTA o per limitazioni a loro carico, l’infermiera si doveva occupare dei rifiuti e di rifare i letti. Agli infermieri spetta coadiuvare gli ausiliari OSS (cioè l’infermiere è di supporto all’OSS e non viceversa come dovrebbe essere!).

“Orbene, la situazione di fatto presente presso il reparto ove presta servizio la ricorrente determina, per esigenze contingenti, l’espletamento da parte degli infermieri di mansioni proprie degli ausiliari. Tale ulteriore attività, espletata senza alcun ordine o direttiva impartiti in tal senso dal datore di lavoro, si aggiunge all’attività infermieristica inerente il profilo professionale rivestito dalla ricorrente” . Quindi, par di capire, non ci può essere una prevalenza di attività demansionanti se tali vengono fatte in aggiunta alle proprie anche perché bisognerebbe dimostrare che l’esecuzione di altre mansioni abbia comportato l’inadempimento delle proprie. Ciò è sostenibile anche alla luce della situazione del reparto: tanti pazienti (25) pochi infermieri (2) significa che l’infermiera sicuramente somministrava anche i farmaci piuttosto che dedicarsi alle sole attività alberghiere e quindi svolgeva le proprie funzioni.
Infine il giudice del lavoro, come unico riferimento normativo, richiama l’art. 49 del codice deontologico (Ipasvi, 2009) ricopiando quanto scritto dalla Corte d’Appello di Roma nella sentenza sulla chiusura dei ROT n. 8132/2015 del 2 dicembre scorso. Avevamo già segnalato questo pericoloso precedente e già lo scorso anno avevamo chiesto all’Ipasvi di abrogare l’art. 49.

La conclusione a cui giunge il giudice è quanto mai imbarazzante per chi ha a cuore il decoro della professione – e in primis dovrebbe averlo il codice deontologico emanato dall’Ipasvi – e per chi ritiene che l’assistenza infermieristica richieda competenze specifiche da acquisire attraverso un corso di laurea all’università: “Nella specie, non risulta alcun pregiudizio dell’attività infermieristica determinato dallo svolgimento contingente di attività ausiliarie, anzi si rileva una maggiore attenzione e cura del paziente determinata proprio dall’assistenza totale (infermieristica ed alberghiera) operata in favore del degente della ricorrente e degli altri infermieri”.
 
Ribadiamo che già lo scorso anno (campagna per il 12 maggio festa internazionale dell’infermiere) e ancor prima avevamo chiesto all’Ipasvi di modificare o eliminare l’art. 49 che nulla ha a che fare con la deontologia, tant’è che un tale articolo non è presente in altri codici deontologici delle professioni sanitarie.

L’inerzia della Federazione Ipasvi condanna ancora una volta gli infermieri che rappresenta perché nel frattempo i giudici utilizzano il codice emanato dall’Ipasvi contro i professionisti definendoli ora come gli operatori “dell’assistenza totale (infermieristica ed alberghiera)” a supporto degli OSS (!), una nuova versione delle competenze avanzate e dell’evoluzione dell’infermiere. Mentre l’Ente pubblico Ipasvi si gioca tutto sulle competenze specialistiche di pochi, agli infermieri “generalisti”, di gran lunga i più, è chiesto di compensare quotidianamente le carenze organizzative come da disposto deontologico.
 
Nursind ribadisce con forza la necessità del cambiamento e dissente da una definizione dell’infermiere come l’operatore dell’assistenza totale e chiede a tutti i colleghi di far sentire forte la propria indignazione contro chi vuole un infermiere demansionato e dedito a compensare tutte le altre carenze.
Ci chiediamo se ha ancora senso parlare di evoluzione delle competenze se poi si impiegano gli infermieri per rifare i letti vuoti e chiudere i rifiuti.

Il Segretario Nazionale NurSind
Dr. Andrea Bottega


11 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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