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DdL Concorrenza. L’affondo della Fofi: “Danneggia il servizio farmaceutico e i professionisti, ma soprattutto i cittadini”


La dura presa di posizione in un documento approvato oggi del Consiglio direttivo della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani. Confermata la contrarietà all’ingresso delle società di capitali nella gestione delle farmacie “per l’impatto che questo può avere sulla continuità del servizio offerto fino a oggi ai cittadini dalla rete delle farmacie indipendenti, sull’autonomia professionale e le prospettive occupazionali  dei farmacisti”.

15 LUG - Si è tenuta oggi la seduta del Consiglio direttivo della Federazione Ordini dei Farmacisti Italiani con all’ordine del giorno l’esame della situazione che si sta venendo a determinare nell’iter parlamentare del DdL Concorrenza.
 
Al termine della riunione è stato approvato all’unanimità dall’Assemblea dei Delegati regionali un documento che si riporta integralmente di seguito:
 
“La Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, alla vigilia dell’approdo nell’Aula del Senato del DDL Concorrenza (S 2085) ribadisce la sua netta opposizione alle misure ivi contenute sul servizio farmaceutico. Come già rappresentato con estrema chiarezza nel corso delle audizioni parlamentari, la FOFI conferma la sua contrarietà all’ingresso delle società di capitali nella gestione delle farmacie per l’impatto che questo può avere sulla continuità del servizio offerto fino a oggi ai cittadini dalla rete delle farmacie indipendenti, sull’autonomia professionale e le prospettive occupazionali  dei farmacisti  e infine perché controproducente ai fini dello stesso concetto di concorrenza.
 
La Federazione ritiene che l’ingresso dei capitali nella gestione della farmacia avrebbe dovuto, in via subordinata,  avvenire sulla base di quanto previsto dal nostro ordinamento per le altre società di professionisti, ovvero con una quota minoritaria che lasci la gestione nel controllo della componente professionale, a tutela in primo luogo delle finalità socio-assistenziali connaturate all’esercizio della farmacia quale primo presidio sanitario sul territorio.
 
L’assetto disegnato dall’attuale testo di legge non può che condurre alla subordinazione del sistema  alla logica del profitto che, come dimostrano le esperienze estere, non coincide con principi cardine quali la capillarità della presenza e l’equo accesso al farmaco anche nelle aree svantaggiate geograficamente ed economicamente. L’emendamento 48.100, al di là delle controversie sulla sua interpretazione, nell’indicare un tetto del 20%, a livello regionale, al possesso delle farmacie da parte di ciascuna società di capitali apre alla possibilità di formazione di un oligopolio che renderebbe residuale il ruolo delle farmacie rette dai professionisti. Si tratta, quindi, di un tetto che è tale soltanto di nome, in quanto cinque sole società potrebbero detenere “a norma di legge” la totalità delle 20.000 farmacie italiane oggi esistenti.
In questo quadro vengono messe a rischio l’indipendenza professionale del farmacista, e quindi il rispetto degli obblighi deontologici, e le prospettive occupazionali di tutta la categoria. Un farmacista che si trovi ad agire come una sorta di assistente alla vendita inserito in una logica di marketing viene meno ai valori della professione che vedono al primo posto la risposta al bisogno di salute del cittadino che non passa necessariamente attraverso la dispensazione di un medicinale o la vendita di un prodotto.
 
Inoltre, stante l’attuale fragilità economica di una parte significativa delle farmacie, la formazione di grandi concentrazioni  volte a massimizzare la remunerazione del capitale investito, non può che accentuare la tendenza al ridimensionamento in termini di personale e investimenti nella struttura cui si assiste ormai da tempo, come la Federazione ha puntualmente denunciato. E’ quindi fonte di  sgomento e preoccupazione il fatto che in  questo scenario si assiste al perdurare dello squilibrio tra il numero dei farmacisti che Servizio sanitario e Comparto del farmaco possono assorbire e i professionisti laureati ogni anno, che determina un saldo di oltre tremila unità destinate a costituire un esercito di disoccupati disposti ad accettare condizioni di lavoro al ribasso. Anche in questo caso non mancano esempi negli altri paesi europei.
 
La concorrenza, dalla quale può e deve scaturire la corsa al miglioramento dell’offerta al cittadino e l’aumento dell’occupazione, viene tradita se si mettono in competizione modelli di attività differenti per finalità e possibilità economiche e se il solo riferimento è il prezzo del bene ceduto. A maggior ragione quando si tratta della tutela della salute, si può instaurare un circolo virtuoso soltanto avendo come obiettivo la messa in campo di servizi e prestazioni imperniati sulle capacità del professionista e sull’evidenza scientifica, mettendo al centro non il mercato ma la persona e i suoi bisogni soprattutto ora che la domanda  di salute è sempre più ampia e complessa.
 
Per questo la Federazione degli Ordini ritiene necessario proseguire con rinnovato impegno la promozione del ruolo professionale del farmacista in materia di aderenza alle terapie e di monitoraggio sull’uso del farmaco al fine di sostenere l’efficientamento della terapia e il maggior governo della spesa.
 
E’ questa anche la via per contrastare la disoccupazione, come abbiamo indicato fin dal documento federale sulla professione del 2006.
 
Di fronte alla gravità della situazione è indispensabile la convocazione di un tavolo tecnico-politico di tutte le componenti della professione, che elabori proposte concrete su tutti gli aspetti sui quali è ormai indispensabile un intervento, a cominciare dall’istituzione del numero chiuso nelle facoltà di farmacia, dal futuro dei colleghi che operano negli esercizi di vicinato, all’attuazione del modello della farmacia dei servizi”.

15 luglio 2016
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