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Congresso Fimmg. Ultimatum a Governo e Regioni: “Ora basta annunci e promesse, diteci quale ruolo volete per noi”. Bocciato il modello unico delle Case di Comunità. La relazione del segretario Silvestro Scotti

di Luciano Fassari

Dal palco del 77° Congresso nazionale del sindacato il leader dei medici di famiglia ne ha per tutti e rilancia il ruolo della categoria: “Valorizzazione sempre descritta nella volontà di tutti ma mai realizzata nella pratica”. E poi la stoccata sull'avvio della diagnostica di primo livello negli studi dei mmg mai decollata. Sulla formazione lanciata la proposta di "corsi formazione lavoro". E sul vaccino antinfluenza: “Una programmazione più efficiente delle gare regionali, una sintesi successiva in Conferenza delle Regioni con una eventuale distribuzione solidale, ove necessaria, avrebbe creato meno problemi a medici e pazienti”. LA RELAZIONE

07 OTT - “Governo e le Regioni, nei loro diversi modelli organizzativi decentrati, chiariscano una volta e per tutte quale ruolo vogliano dare alla Medicina Generale: non vogliamo più accettare che questa valorizzazione sia sempre descritta nella volontà di tutti ma mai realizzata nella pratica della vita quotidiana di questi medici e dei cittadini che essi assistono”. Il segretario della Fimmg, Silvestro Scotti dal palco del 77° Congresso della Fimmg in corso in Sardegna si appella al Ministro della Salute, Roberto Speranza, presente al Congresso dopo aver partecipato al Cdm di questa mattina che ha varato il decreto Covid, affinché si faccia luce sul futuro della categoria travolta dall’emergenza Covid e in balia di quelli che Scotti, nemmeno poi tanto sotto traccia, bolla come attacchi al ruolo del medico di famiglia.
 
Una relazione accalorata, quella di Scotti che ha toccato tutti i temi caldi d’interesse della categoria, dal ruolo nell’emergenza Covid a quello del futuro.
 
In prima analisi il segretario Fimmg ha parlato di quanto successo all’inizio dell’emergenza Covid quando i medici di famiglia erano sprovvisti delle protezioni: “Durante quel periodo, in cui le cose dovevano essere sequenziali, anzi ovvie, come quella che un’azienda sanitaria dovesse proteggere tutte le proprie risorse umane, comprese quelle della Medicina Generale, è invece stato necessario intervenire con una legge, per ottenere -come un diritto nostro e come un dovere per i direttori generali- che anche i medici convenzionati fossero protetti.  Ma su questo va detto e non nascosto che l’emanazione di una legge dello Stato non sempre garantisce la sua dovuta applicazione”.
 
“Noi – ha incalzato - per questo oggi chiediamo con forza  che siano rimossi dai loro incarichi i direttori generali che non  assolvono a un dovere di legge  a un dovere che rimane qualora fossero medici, anche un dovere etico e deontologico rispetto ad altri Medici chiediamo al Governo  che ci sia una commissione di inchiesta perché non si continui a far finta di niente rispetto alla tutela di un settore strategico come il nostro,  rispetto al dover gestire anche per noi la sicurezza nell’attuale fase endemica del SARS-CoV-2”.
 
Il segretario Fimmg ha toccato poi la vicenda della diagnostica di primo livello per i medici di base, che nonostante lo stanziamento della scorsa Legge di Bilancio è ancora al palo. “Noi rilanciamo, vogliamo la diagnostica nei nostri ambulatori anche la possibilità di fare i tamponi rapidi, vogliamo il superamento dei piani terapeutici, vogliamo un collegamento con la sanità digitale che crei quell’integrazione vera, cosiddetta “ospedale-territorio”, anche se avrebbe più senso dire “territorio-ospedale””.
 
“Un investimento – ha denunciato - che oggi rimane fermo nonostante fosse contenuto nella legge finanziaria dell’anno scorso: mi riferisco ai famosi 236 milioni di euro. Ebbene Ministro, appare paradossale, che nonostante una legge finanziaria di stanziamento, nonostante una legge che prevede che una parte di quel finanziamento possa essere utilizzato per dare migliori capacità di cura, anche a distanza in periodo Covid, alla medicina di famiglia, a tutt’oggi quelle leggi restino inascoltate”.
 
Ma nel suo discorso il leader Fimmg ha parlato anche del futuro della medicina generale riferendosi in particolare ai plurimi tentativi di cambiare le norme sulla formazione dei mmg. “Assistiamo ad un dibattito parlamentare che mette continuamente in discussione, con decine di emendamenti, il destino, il futuro, la consistenza stessa della Formazione per diventare Medico di Medicina Generale, non appare la soluzione ai nostri problemi anzi dissuade i giovani dall’identificarsi in una figura che in ogni momento potrebbe essere resa equipollente ad altre discipline che, per carità, mantengono le proprie peculiarità di accesso ma mai le concedono a chi si è formato in Medicina Generale e ambiscono invece a creare la possibilità, con modelli di formazione conseguentemente discutibili, di accedere al ruolo di Medico di Famiglia”.
 
“Forse il Parlamento - incalza Scotti - potrebbe impegnare meglio il suo tempo a ragionare su come accelerare l’ingresso dei nostri giovani, rendendo il Corso di Formazione in Medicina Generale, un corso di Formazione lavoro chiamandolo una volta e per tutte per quello che è specializzazione in medicina generale e, conseguentemente programmandone i numeri e le risorse per le borse in coerenza con i fabbisogni. Fabbisogni che non sono legati ad una maggiore richiesta/offerta di Medici di Medicina Generale quanto piuttosto al notevole ricambio generazionale, totalmente trascurato fino a pochi anni fa e ancora oggi affrontato con soluzioni di finanziamento tampone da definire ogni anno, insufficienti alle carenze che ormai sono presente sul territorio e che il Covid-19 potrà solo accelerare”.
 
E poi rivolgendosi direttamente a Speranza ha detto: “Noi ci appelliamo a Lei, perché il Governo e le Regioni, nei loro diversi modelli organizzativi decentrati, chiariscano una volta e per tutte quale ruolo vogliano dare alla Medicina Generale: non vogliamo più accettare che questa valorizzazione sia sempre descritta nella volontà di tutti ma mai realizzata nella pratica della vita quotidiana di questi medici e dei cittadini che essi assistono”.
 
“Temi come la sanità digitale e il suo sviluppo – ha detto Scotti -, oggi finalizzata a far riprendere le cure ai nostri assistiti sia di primo che di secondo livello,  ricordando a noi e agli altri che la telemedicina trova particolare utilità e forza nei sistemi retti dal rapporto fiduciario, l’investimento verso una Medicina Generale che si dota di personale per costituire i microteam per migliorare il processo assistenziale e ridistribuire i carichi di lavoro aumentando efficacia ed efficienza, e infine l’investimento sui professionisti con la qualificazione di una quota capitaria che oggi non appare più sufficiente né a motivare i medici già presenti nel processo, né i giovani che dovrebbero aspirare ad entrarci qualificazione che dovrà sottolineare il merito, la produttività, la capacità organizzativa, l’erogazione di servizi assistenziali aggiuntivi allo standard ovvero capace di produrre salute per i nostri assistiti ed economia di scala per il Servizio Sanitario Nazionale qualificazione che deve far riattivare la leva tipica di un sistema libero professionale, ossia la competitività tra i professionisti rispetto al valore di una scelta fatta dal cittadino che non sia semplicemente numerica ma pesata sulla qualità di assistenza erogata”.
 
“Per tutto questo – ha chiosato - serve che ci sia attenzione verso la Medicina Generale rispetto agli investimenti quali il Recovery Found e, se si decidesse di richiederli, del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità”.
 
E in questo senso per il segretario la soluzione è il microteam che “diventa il soggetto capace di rispondere, nell’arco della giornata, alle richieste del cittadino offrendo una capacità di presa in carico a maggiore specificità assistenziale grazie all’azione  non più del solo medico ma del medico e del suo team, composto da figure diverse e specifiche per caratteristiche e funzioni assistenziali,  un team consolidato dall’estensione della fiduciarietà riconosciuta al medico e trasferita anche ai collaboratori presenti nel suo studio”.
 
Bocciate quindi le Case di comunità come unico modello. “L’Italia è, caratterizzata da un’offerta di mobilità, da tempi di percorrenza, alternanza di territori rurali e metropolitani, isole e comunità montane, con una diversità tale di logistiche che la risposta alla prossimità non potrà mai essere unica. Il sistema ha bisogno delle capacità della medicina di famiglia di poter adattare la propria offerta autonomamente ai territori nei quali s’inserisce”.
 
Ma il leader Fimmg ha toccato anche la questione dei rapporti con le altre professioni, vedi infermieri di famiglia e il dibattito sui vaccini in farmacia. “Sembra quasi che qualcuno in questo paese abbia deciso un task shifting funzionale senza soprattutto consultare i cittadini affermando con chiarezza che cosa si vuole faccia un medico, faccia un infermiere, faccia un farmacista piuttosto che confonderli nei ruoli in un europeismo funzionale di facciata perché sempre mono direzionale”.
 
“Dopo aver discusso dell’infermiere di famiglia nel Distretto a dipendenza, del farmacista vaccinatore – ha precisato -, perché non si discute della distribuzione dei farmaci diretta dai sistemi di cure primarie, prevista in Europa?  Noi riteniamo che, con queste rivalutazioni, contraddiciamo i risultati che l’attuale assetto delle professioni sanitarie realizza nel nostro Servizio Sanitario Nazionale, considerato per risultati e spesa tra i primi al mondo forse grazie anche alla coerenza dei ruoli e delle funzioni specifiche offerte, fino ad oggi, ai cittadini nostri pazienti”.
 
Infine Scotti è tornato sul tema dei vaccini antinfluenzali in farmacia. “Anni di faticose campagne vaccinali e di counselling sui pazienti, di lavoro sugli esitanti, oggi sembrano spazzate via con una corsa al vaccino da parte dei nostri pazienti spinti più dalle paure che, in molti casi dalla necessità, ai quali comunque dobbiamo dare risposte e dobbiamo porci il problema di che tipo di risposta dare. Confrontarsi con posizioni che affermano che per vaccinare di più servano più punti di accesso è veramente la soluzione?  Non avere ancora sistemi sincroni tra chi vaccina e chi deve monitorare l’uso delle dosi vaccinali e la garanzia degli aventi diritto all’accesso alla vaccinazione, ci permette davvero di avere punti di accesso non fiduciari, erogatori di una vaccinazione occasionale in assenza di informazioni cliniche personali sui fattori di rischio? Noi crediamo di no. Crediamo invece che una programmazione più efficiente delle gare regionali, una sintesi successiva in Conferenza delle Regioni con una eventuale distribuzione solidale, ove necessaria, avrebbe creato meno problemi a medici e pazienti”.
 
Luciano Fassari

07 ottobre 2020
© Riproduzione riservata

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