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Troppi psicologi e inutili polemiche

di Mario Sellini

13 LUG - Gentile Direttore,
il grido d’allarme lanciato dall’AUPI sull’eccessivo numero di Psicologi in Italia ha suscitato reazioni, per noi, inaspettate. Evidentemente il problema c’è ed è sentito. Con sensibilità e responsabilità diverse. Mai come in quest’ occasione invece di guardare la luna (l’eccessivo numero di Psicologi) molti si sono fermati a guardare il dito (il Segretario Generale dell’AUPI) che indicava il problema.
 
Piuttosto che prendere atto della situazione insostenibile, molti hanno iniziato a porre l’accento sui distinguo, a scaricare le responsabilità ad assegnare colpe ecc.
 
C’è chi ha tirato in ballo il sacrosanto diritto allo studio, quasi che affermare che ci sono troppo Psicologi significasse mettere in discussione questo diritto. C’è chi ha dichiarato che nessuno ha il diritto di spezzare un sogno. Come se dichiarare che le prospettive occupazionali degli Psicologi sono ridotte, sia impedire ai giovani di sognare o peggio di realizzarsi.
 
Nessuno vuole impedire a una ragazza o ad un ragazzo di studiare Psicologia, di diventare Psicologo. Impedirlo sarebbe gravissimo. Di certo non deve essere considerato un crimine raccontare la Realtà con le difficoltà che ci sono e ci saranno. E’ proprio dei giovani accettare le sfide. E per non soccombere bisogna conoscere e avere tutti i dati disponibili. In caso contrario la sfida rischia di diventare azzardo.
 
Denunciare oggi la pletora di laureati in Psicologia non vuole essere un impedimento o un ostacolo alla realizzazione dei propri sogni. Anche perché la consapevolezza delle difficoltà alle quali si va incontro evidenzia di più e meglio le capacità e le motivazioni soggettive.
 
Nessuno dei tanti interventi si è focalizzato sui numeri. E con i numeri, volenti o nolenti dobbiamo fare i conti.
 
La proposizione di questi temi ha spostato l’attenzione su chi questi temi ha proposto: l’AUPI. In particolare il Presidente dell’Ordine del Lazio si meraviglia della denuncia fatta dall’AUPI e si/ci chiede cosa abbia fatto o stia facendo il sindacato.
 
Premesso che le competenze di un corpo intermedio della società, qual è il sindacato, sono molto ben definite, l’AUPI interpreta il proprio ruolo nel modo migliore possibile, compatibilmente con la realtà nella quale opera.
 
L’AUPI non ritiene di addossare responsabilità a nessuno. Saremmo degli ingenui se dicessimo che la responsabilità dell’altissimo numero di Psicologi nel Lazio è dell’attuale maggioranza che governa l’Ordine. Non lo diciamo e non servirebbe ad affrontare il problema. Men che meno a risolverlo.
 
Noi abbiamo fornito un solo dato: nel Lazio il rapporto Psicologi/abitanti è di 1 ogni 300 abitanti. Ed è un calcolo per difetto. Fortunatamente questi numeri sono oggettivi e non suscettibili di interpretazioni.
 
Rispetto a questi numeri la risposta che ci viene fornita è: cosa fa il Sindacato? È una domanda semplice alla quale non è difficile fornire una risposta. Vogliamo limitarci a dire cosa si sta facendo adesso, senza andare a scomodare le cose fatta in decenni di attività.
 
I tavoli sindacali sono diversi: la stabilizzazione del personale precario nelle Aziende; la stabilizzazione delle colleghe e dei colleghi che lavorano nell’ambito della ricerca; il tavolo della Psicologia che il Sottosegretario De Filippo ha attivato su esplicita richiesta dell’AUPI; i tavoli attivi nelle Aziende Sanitarie per la definizione degli atti aziendali con la definizione delle dotazioni organiche; il tavolo istituito dal Ministro Lorenzin sulla governance del S.S.N. che tra i tanti temi ha anche quello della definizione degli standard di personale; l’accordo stipulato con il Ministero della Salute sulla stabilizzazione dei precari.
 
Non si tratta di semplice elenco perché questi sono solo i “titoli” di lavori lunghi, complessi e impegnativi che richiedono il contributo, assolutamente volontaristico di decine di quadri sindacali.
 
Potevamo fare di più e meglio? Certo. Possiamo creare condizioni e offerte professionali e lavorative per i 17.000 Psicologi. Di certo diventa difficile se gli attuali 17.000 dovessero, nel giro di qualche anno, diventare 30.000 ed oltre.
 
Che cosa fare, oggi, per evitare che nel prossimo futuro l’Università continui a sfornare migliaia di laureati che si andranno ad aggiungere agli attuali 17.000? Che cosa possiamo fare, oggi, per evitare che, nel Lazio, il rapporto di 1 a 300 si abbassi ulteriormente, mentre nel resto d’Italia c’è un rapporto, alto ma accettabile, di 1 ogni 600 abitanti?
 
Sono domande che anche altre Categorie si stanno ponendo e non deve essere uno scandalo se l’AUPI le pone anche per gli Psicologi.
 
Piuttosto che scaricare responsabilità sarebbe molto più utile sedersi intorno ad un tavolo e trovare soluzioni condivise con la consapevolezza che i processi devono essere governati con una visione lungimirante.
 
Mario Sellini
Presidente Associazione unitaria psicologi italiani (Aupi)
 

13 luglio 2016
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