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Intramoenia. Consiglio di Stato: "Legittimo aumento tariffe in alternativa al superticket sulla specialistica"


Accolti gli appelli proposti dalla Regione Umbria contro alcune sentenze del Tar umbro che avevano dato ragione ad alcuni sindacati medici ricorrenti contro la delibera regionale che prevedeva l’aumento del 29% della tariffa per ogni singola prestazione in intramoenia, in alternativa al ticket di 10 euro sulle ricette per la specialistica. LA SENTENZA

04 FEB - Intramoenia: per il Consiglio di Stato è valida la delibera della Regione Umbria che prevede l’aumento del 29% della tariffa per ogni singola prestazione resa dai medici in regime intramoenia, in alternativa al superticket sulla ricetta da 10 euro. La decisione ribalta quanto sentenziato dal Tar dell’Umbria che aveva invece accolto le istanze di alcuni sindacati medici che bocciavano la misura.
 
“Nella specie – si legge nella sentenza del Consiglio di Stato, ad avviso del Collegio, è discutibile sia la legittimazione ad agire dei ricorrenti in primo grado, che la presenza del reale interesse ad agire. Difetta, per un verso, la “posizione giuridica” tutelata, individuale e differenziata, sia per quanto riguarda le Associazioni sindacali, che per quanto riguarda i singoli dirigenti medici ricorrenti”.
 
E poi ancora, per il Collegio “la misura di partecipazione della spesa del 29% sulle singole prestazioni rese in intramoenia, è posta a carico esclusivo dell’utente e non ha determinato alcun mutamento sostanziale o formale del rapporto professionale intramoenia. Conseguentemente, l’aumento del costo delle prestazioni incide direttamente sugli assistiti, e solo indirettamente sulla categoria dei medici in questione, venendo a ledere, nella sfera di questi ultimi, il generico interesse di carattere “economico” a non veder mutato l’assetto attuale nel mercato delle prestazioni professionali sanitarie, o meglio, la “domanda” di prestazioni in intramoenia, interesse qualificabile come mero interesse “di fatto”dei medici che prestano tale attività a non veder alterato il volume delle proprie prestazioni professionali ed il relativo reddito”.
 
Per queste ragioni “siffatto interesse ‘economico’ non è qualificabile, invece, come ‘interesse legittimo’, giuridicamente tutelato, non potendosi configurare in alcun modo una pretesa tutelata nei confronti dell’amministrazione “all’immutabilità” del costo delle prestazioni e, men che mai, all’”immutabilità” della domanda di prestazioni professionali da parte dell’utenza, in difetto di norme in tal senso”.
 
Inoltre, il Consiglio di Stato specifica come “i ricorsi proposti dalle Associazioni sindacali non sono ammissibili, perché il provvedimento impugnato introduce misure atte ad incidere sul valore della prestazione di una categoria di medici, quelli che prestano attività intramoenia e, pertanto, coinvolgono interessi di una sola parte di iscritti, potenzialmente anche in conflitto con la restante parte dei medici libero professionisti rappresentati. Né è sostenibile che la “distorsione della concorrenza” che deriverebbe dalla misura introdotta legittima la proposizione del ricorso in favore dell’intera categoria professionale medica rappresentata, essendo tale “lesività”, oltre che del tutto ipotetica e indimostrata, eccessivamente fumosa e generica”
 
Infine, i giudici hanno specificato come “nemmeno può ritenersi sussistente la lesione delle prerogative sindacali previste dalla contrattazione collettiva di settore, concernenti la concertazione in ordine ai criteri generali inerenti la disciplina e l’organizzazione dell’attività libero professionale intramuraria, come lamentano le Associazioni sindacali appellate. Difatti, non viene in rilievo alcun aspetto organizzativo dell’attività in questione, per cui sia prevista la consultazione delle Associazioni di categoria, in quanto la delibera di Giunta regionale impugnata è meramente attuativa della norma di carattere finanziario (art. 1, comma 796, lett. p-bis l. 296/2006) che introduce la misura alternativa alla quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, in recepimento di accordo intervenuto tra la Regione e i Ministeri interessati.
 
Soddisfazione per la sentenza è stata espressa dal governatore dell’Umbria Catiuscia Marini. “Il Consiglio di Stato, accogliendo, tra l'altro, gli appelli proposti dalla Regione Umbria - riferisce una nota di Palazzo Doni - avverso le sentenze del Tar Umbria NN. 18-19 e 20/2013, ha dichiarato la inammissibilita' dei ricorsi di primo grado per difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti", che contestavano la legittimita' della Regione Umbria di assoggettare all'aumento del 29% la tariffa professionale per le prestazioni rese dai medici in regime "intramoenia".
 
"La giunta regionale - sottolinea la presidente della Regione, Catiuscia Marini - prende atto con soddisfazione della sentenza del Consiglio di Stato che, rigettando il ricorso delle organizzazioni sindacali dei medici che avevano impugnato la delibera con la quale veniva istituito il ticket per le prestazioni professionali svolte in regime di intramoenia, conferma l'assoluta correttezza dei provvedimenti assunti".
 
"La giunta regionale - prosegue Marini - nel riservarsi ogni valutazione rispetto ai provvedimenti conseguenti da assumere, valuta con particolare favore il passaggio della sentenza del Consiglio di Stato laddove si afferma che 'la delibera di giunta regionale impugnata e' meramente attuativa della norma di
carattere finanziario (art. 1, comma 796, lett. p-bis l. 296/2006) che introduce la misura alternativa alla quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro, per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, in recepimento di accordo intervenuto tra la Regione e i ministeri interessati". 

04 febbraio 2014
© Riproduzione riservata

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