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Quando il grasso è ‘buono’: le cellule adipose aiutano a proteggersi dalle infezioni

di Viola Rita

Lo afferma uno studio* su Science. Mentre fino ad oggi si pensava che, una volta rotta la barriera cutanea, tutto fosse nelle ‘mani’ di cellule quali neutrofili e macrofagi, i ricercatori hanno scoperto che il tessuto adiposo produce peptidi (catelicidina) che aiutano a combattere batteri come lo stafilococco aureo

05 GEN - Le cellule adipose (adipociti) che si trovano al di sotto della pelle aiutano a proteggere l’organismo dall’attacco di batteri. Il risultato è frutto di uno studio di un gruppo di scienziati della University of California (UC) San Diego Health Sciences ed è pubblicato* su Science. Dunque, la risposta immunitaria risulterebbe rafforzata da tale tessuto ‘grasso’, una sorta di scudo aggiuntivo contro le infezioni: le cellule adipose, infatti, producono peptidi antimicrobici che aiutano a combattere batteri e altri patogeni.
 
Finora “si pensava che una volta che la barriera cutanea fosse stata rotta, i globuli bianchi, quali neutrofili e macrofagi, avessero l’intera responsabilità di proteggerci dalla sepsi”, ha spiegato Richard Gallo, MD, PhD, Professore a capo della Dermatologia alla UC San Diego School of Medicine. “Ma ci vuole tempo per reclutare queste cellule (verso il punto della ferita). Mostriamo oggi che le cellule staminali del grasso sono responsabili della nostra protezione. Il risultato è stato del tutto inaspettato. Non si sapeva che gli adipociti potrebbero essere in grado di produrre antimicrobici, per non parlare del fatto che si comportano quasi come veri e propri neutrofili”.
Uno dei più comuni batteri causa di infezioni della pelle e dei tessuti molli è lo stafilococco aureo, di cui esistono forme che hanno sviluppato resistenza agli antibiotici, portando alla luce un problema globale nell’ambito della medicina clinica. Il Professor Gallo e il suo gruppo hanno studiato questo batterio per capire se gli adipociti sottocutanei possano svolgere un ruolo protettivo.
 
I ricercatori hanno studiato l’azione di queste cellule attaccate da tale agente batterico in un modello animale di topolino: essi hanno osservato che nel sito dell’infezione aumentava sia il numero che la dimensione del grasso. In particolare, le cellule adipose producevano alti livelli di un peptide antimicrobico (AMP – ‘antimicrobial peptide’) chiamato catelicidina peptide antimicrobico (CAMP), molecole utilizzate dal sistema immunitario per combattere e annientare batteri, virus, funghi ed altri patogeni. Invece, nei modelli animali in cui gli adipociti non venivano prodotti oppure non c’era sufficiente espressione di questo peptide, la protezione dalle infezioni risultava inferiore.
Inoltre, altri test hanno confermato che anche gli adipociti nell’uomo producono catelicidina, suggerendo che la risposta immunitaria possa essere simile a quella dell’animale.
"Gli AMP rappresentano la nostra prima linea di difesa naturale contro le infezioni. Seguendo la storia evolutiva, essi risultano antichi ed utilizzati da tutti gli organismi viventi per proteggere se stessi", ha affermato Gallo. "Tuttavia, negli esseri umani sta diventando sempre più chiaro che la presenza di AMP può essere un'arma a doppio taglio, in particolare per quanto riguarda il CAMP. In presenza di troppo poco CAMP, le persone sperimentano frequenti infezioni. L’esempio più evidente è l’eczema atopico (un tipo di disturbo ricorrente caratterizzato da prurito della pelle). Questi pazienti possono presentare frequentemente stafilococco e infezioni virali. Ma anche livelli troppo elevati di CAMP sono cattivi. L'evidenza suggerisce che un eccesso di CAMP può portare a malattie autoimmuni e altre malattie infiammatorie come il lupus, la psoriasi e la rosacea”
 
Le potenziali applicazioni cliniche dei risultati richiederanno ulteriori studi, ha affermato Gallo.
"Una produzione difettosa di AMP da parte di adipociti maturi può verificarsi a causa di obesità o di insulino-resistenza, con conseguente maggiore suscettibilità alle infezioni, ma troppa catelicidina può provocare una risposta infiammatoria anomala”, conclude Gallo. “La chiave è che ora conosciamo questa parte del puzzle risposta immunitaria. Essa apre eccezionali nuove opzioni di studio. Ad esempio, i farmaci attuali progettati per essere utilizzati nei diabetici potrebbero essere di aiuto per altre persone che hanno bisogno di incrementare questo aspetto della propria immunità. Viceversa, questi risultati possono aiutare i ricercatori a capire associazioni della malattia con l’obesità e sviluppare nuove strategie per ottimizzare le cure”.
 
Viola Rita
 
*L.-j. Zhang et al., Dermal adipocytes protect against invasive Staphylococcus aureus skin infection. Science, 2015; 347 (6217): 67 DOI: 10.1126/science.1260972

05 gennaio 2015
© Riproduzione riservata

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