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Allarme creme solari: quelle contenenti ossibenzone o octinossato uccidono i coralli e altri organismi marini

di Maria Rita Montebelli

Lancet Planetary Health di questa settimana annuncia che a partire dal 2021 le Hawaii vieteranno vendita e distribuzione di creme solari contenenti ossibenzone o octinossato perché questi rappresentano una grave minaccia per coralli e altri organismi marini. E’ necessario ricercare un delicato compromesso tra il proteggere la salute dell’uomo e preservare il nostro ambiente per le generazioni future. E le alternative ci sono.

05 NOV - E’ una decisione esemplare quella presa da un luogo di fiaba per vacanze anche solo da sogno. Ma fa riflettere e per questo ha centrato lo scopo: quello di attirare l’attenzione sulla nocività di alcuni filtri solari per l’ambiente. La notizia viene dalle Hawaii dove, a partire dal primo gennaio 2021 sarà vietata la vendita e la distribuzione di creme solari contenenti ossibenzone o octinoxato, se non dietro una precisa prescrizione medica.
 
Un’iniziativa che certo farà molto discutere, ma che arriva sulla scia di una serie di allarmi ambientali relativi all’effetto di queste sostanze su coralli e altri organismi marini. In ordine di tempo, questa dei turisti con le loro creme solari, è l’ultima delle minacce al delicato ecosistema dei coralli, dopo quella dei cambiamenti climatici, dell’acidificazione degli oceani e dell’inquinamento delle coste. Per carità, nessuno vuole sminuire il ruolo svolto dai filtri solari nella protezione contro melanoma e altri tumori della pelle “ma – afferma dalle pagine di Lancet Planetary Health Jayden Galamgam, della John A. Burns School of Medicine, University of Hawaii, Honolulu (Usa) – è arrivato il momento di pensare ai tumori della pelle e alla loro prevenzione nel contesto però della salute planetaria, per bilanciare i benefici per la salute umana, con la conservazione del nostro ambiente e degli ecosistemi che lo sostengono.”
 
Un’eccessiva esposizione alle radiazioni ultraviolette è correlata ad un aumento di tutti i tumori della pelle ma è un fattore di rischio prevenibile. Ad essere molto pericolose sono soprattutto le ‘scottature’ prese da bambini. Le creme con filtri solari rappresentano un baluardo contro questa minaccia; ma – fanno notare gli autori dell’articolo – esistono anche altri mezzi per proteggersi dal sole, compreso l’uso di abiti e cappelli protettivi, la ricerca dell’ombra e l’evitare di esporsi al sole nelle ore centrali del giorno. L’impiego di creme solari con fattore di protezione uguale o superiore a 30 rappresenta di certo una valida misura protettiva. Per questo, la decisione delle Haiwaii scatenerà verosimilmente una ridda di polemiche. Anche se è basata sul principio di precauzione che incoraggia le politiche che proteggono la salute dell’uomo, ma anche quella dell’ambiente: a fronte di rischi non del tutto accertati, ma disponendo di alternative sicure che la gente può adottare intanto che si chiarisca l’entità del rischio, forse questa decisione insomma non è del tutto sbagliata. E le alternative sicure per l’ambiente non mancano: indossare indumenti per proteggersi dal sole, stare all’ombra, evitare i lettini solari, utilizzare filtri solari a base di ossido di zinco e di diossido di titanio.
 
Gli autori dell’articolo pubblicato su Lancet hanno fatto una revisione della letteratura esistente in merito ai presunti rischi di alcuni filtri solari sull’ambiente marino. Va subito detto che gli studi in questione non sono numerosi e questo non consente di giungere a conclusioni certe. Tuttavia, gli studi di laboratorio hanno evidenziato che l’ossibenzone è tossico per i coralli e ne provoca il fenomeno del cosiddetto ‘sbiancamento’ (il corallo ‘stressato’ dai mutamenti ambientali espelle l’alga simbiotica che vive nei suoi tessuti, che così diventano bianchi). Se a queste osservazioni si accostano le stime di almeno 14 mila tonnellate di schermi solari (il 10% dei quali rappresentato da ossibenzone) che ogni anno i turisti riversano nelle aree del reef, è evidente che c’è più di un motivo di preoccupazione. L’esposizione di altre specie marine, quali la trota arcobaleno e il medaka giapponese, all’ossibenzone può portare ad una ridotta produzione di uova e alla femminilizzazione dei maschi.
Ossibenzone e octinoxato tra l’altro arrivano al mare anche attraverso le acque di scarico.
 
Il compromesso da ricercare a tutti i costi è insomma quello di proteggere la salute dell’uomo oggi, ma anche di preservare l’ambiente per le generazioni a venire. Ed è un esercizio nuovo quello che andrà fatto: contestualizzare la ricerca della salute dell’uomo, nel rispetto dell’ambiente e dei delicati ecosistemi che lo sostengono. Le conseguenze dell’ignorare questi aspetti possono essere molto pesanti; a ricordarcelo è il famigerato buco dell’ozono che tanto ha contribuito all’aumento di  melanomi e altri tumori cutanei.
 
Maria Rita Montebelli

05 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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