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Quale sanità, quale medicina/2. Delvecchio (Asl BG): "Come uscire dalla medicina della crisi"


Dopo quello di Benato, un altro contributo sulla lettera di Firenze. Per Giacomo Delvecchio, dipartimento programmazione, acquisto e controllo della Asl bergamasca, occorre cogliere e interpretare i cambiamenti e le evoluzioni della "razionalità clinica" a partire dal momento decisionale.

02 FEB - Nel suo testo dedicato alla “filosofia per la medicina” che racchiude un manifesto per un ripensamento della medicina attuale nelle sue espressioni teoretiche e nelle prassi attuative, Ivan Cavicchi fa riferimento, elencandola tra i punti essenziali, alla razionalità clinica.

Viene subito una domanda. Perché occuparsi di razionalità cinica se si ha in mente un ripensamento della medicina? Forse che la razionalità è soggetta anch’essa a cambiamenti ed evoluzioni piuttosto che essere un’espressione extrastorica?  E poi viene spontanea un’altra domanda solo apparentemente simile. Cosa significa occuparsi di razionalità clinica in un contesto di cambiamento in cui si fatica a intravedere la direzione futura di cui comunque individualmente e socialmente da parte di medici e di cittadini malati (gli “esigenti” di Ivan Cavicchi) si avverte sempre più acutamente il bisogno?

La risposta è facile: bisogna occuparsi di razionalità decisionale perché è questa che indirizza le singole scelte e ancor più le direzioni possibili entro cui convogliare le singole scelte.
1. Non esiste atto che sia nella potestà del medico il quale non sia prima passato al vaglio di una razionalità che, nella fattispecie, prende le forme della razionalità medica. In altre parole non esiste alcuna pratica di cura se non è giustificata e la giustificazione è – con una ripetizione intenzionale di parole - a cura del metodo ossia della razionalità. La razionalità giustifica la decisione e l’azione nella scelta tra alternative di fronte al malato, perché se non si pone scelta non vi è esigenza di applicare una ragione discriminativa di azioni mentali e materiali. Questa razionalità è clinica nella misura in cui ha una sottodeclinazione: è sottodeclinata perché è nelle mani del medico per una scelta di cura indirizzata ai singoli malati.

2. Vi sono tre ordini di problemi preliminari per definire adeguatamente i campi di applicazione del metodo razionale clinico. Innanzitutto va considerata la separazione tra malato (piano dell’ontologia) e malattia (piano dell’epistemologia); va quindi considerata la variabilità delle presentazioni morbose nei singoli malati (problema dell’individualizzazione clinica); va considerata la natura caotica della malattia, concezione ormai accettata anche dai patologi generali, ed  affrontabile con gli strumenti concettuali della teoria della complessità.

3. Le risposte a questi problemi, che sono eminentemente conoscitive, fanno riferimento a tre ambiti di soluzione: individuale; collettivo; istituzionale. Tutti e tre questi ambiti sono solo apparentemente separati e possiamo mantenerli tali a scopo didattico ma nella realtà sono intimamente uniti nel singolo solutore chiamato ad esprimersi di fronte al malato.  Ogni professionista rappresenta sé stesso ma anche il collettivo cui appartiene e l’istituzione sociale di cui è emanazione.

4. La razionalità individuale prende le forme del ragionamento clinico metodologicamente corretto. Al riguardo ne sono ben codificate le forme al letto del malato secondo la declinazione della logica deduttiva, induttiva e abduttiva. È corretto far rientrare la probabilità tra la logica induttiva mentre le proposte della evidence-based medicine vanno considerata alla stregua non di un contributo metodologico quanto di una nuova metodica che arricchisce di un nuovo strumento il bagaglio del medico.

5. La razionalità collettiva prende le forme della conoscenza delle prassi secondo le declinazioni in uso nelle varie strutture e con le distorsioni proprie di ogni localismo. Tale conoscenza collettiva influenza pesantemente le scelte dei singoli decisori. Analogamente avviene con la conoscenza organizzativa espressa dalle singole istituzioni che, specie sotto forma di linee-guida, interferisce plasmando conoscenze, decisioni e azioni dei singoli tendendo esplicitamente ad uniformarle ad uno standard preconfigurato secondo linee di indirizzo eteroindotte.

6. Il modello della logica clinica applicato normativamente implica un decisore dotato di razionalità illimitata. Purtroppo il decisore medico ha limiti intrinseci ed estrinseci che rendono limitata la scelta. In altre parole il medico che decide non ha piena conoscenza del problema né completo possesso di tutto il sapere professionale. In aggiunta decide sotto l’influsso di fallacie logiche, di bias cognitivi, di emozioni, di condizionamento sociali, di pressioni istituzionali e di imposizioni di natura economica. Per tutti questi motivi la razionalità del medico non è illimitata ed è condizionata.

7. Da questi vincoli ne derivano inevitabilmente delle scelte di potenza inferiore all’atteso ed errori. Questi fattori limitanti devono essere compresi a priori nelle scelte potenziali in quanto elementi costitutivamente possibili delle stesse. Purtroppo la concezione scientistica della razionalità illimitata applicata alla medicina clinica non contempera non l’eventualità concreta ma nemmeno la possibilità teorica di queste limitazioni.

8. La razionalità illimitata è centrata sulla malattia. Sembra quasi che applicandola a questo piano epistemologico ci si dimentichi del malato. Nella realtà le esigenze del malato possono configgere con quelle della sua malattia: il malato presenta solo dei fenomeni che gli sono soggettivamente di disturbo; l’elaborazione teorica di questi disturbi secondo razionalità scientifica appartiene al medico.
 
9. Se la razionalità clinica ha come oggetto la malattia si conferma lo sguardo medico tradizionale disease-oriented che mette il malato in secondo piano. Rinunciare al malato vuol dire assolutizzare la malattie e trasformare il curante in un terapeuta occupato solo di intervenire meccanicisticamente sull’oggetto esclusivo del suo interesse. Una concezione siffatta del lavoro del medico è coerente con una certa visione del malato e della sanità. In particolare è coerente con una visione funzionalistica e manutentiva della salute cui è strumentale l’organizzazione sanitaria così come è data.

10. Sono evidenti a tutti le insufficienze della sanità attuale e i costi sociali ed economici di questa sanità. Questi indirizzi della sanità sono implicitamente riconfermati dall’azione del medico guidata dalla razionalità clinica disease-centred. Perseguire una razionalità clinica curvata sotto questo orizzonte si mostra controproducente ai fini di un cambiamento.

11. È possibile pensare quindi ad una diversa espressione della razionalità clinica che non rigetti la logica “forte” della deduzione clinica ma che accanto a questa fondata sulla malattia accetti la compossibilità (parola cara a Ivan Cavicchi) del malato. Uscire dalla logica clinica vuol dire considerare diversamente da quanto ora si fa e si insegna le scelte disease-centred per favorire una scelta tra gerarchie di conoscenze e di valori in cui le preferenze del malato vengano ad essere debitamente considerate. Accanto alla logica necessitante del medico che contempla impositivamente e cogentemente solo la malattia si può proporre una logica del possibile in cui si contemplino “anche” le occasioni cercate dal malato.

Conclusioni
Può essere questa una proposta di razionalità non illimitata né debole bensì temperata in cui il medico recupera l’aver cura del suo malato secondo un’istanza di beneficialità non paternalistica? Può essere questa una proposta in cui il medico sburocratizza la propria funzione professionale e ne diventa definitivamente artefice recuperando l’autonomia responsabile di una professione anticamente liberale? Può essere questa una proposta in cui il medico si ritrova per recuperare la dimensione meditativa e riflessiva del proprio mestiere?  Nella odierna medicina della crisi merita almeno provare.

Giacomo Delvecchio
Dip. Programmazione Acquisto e Controllo - Nucleo operativo di controllo degli erogatori - Ricoveri - ASL Bergamo

 

02 febbraio 2012
© Riproduzione riservata


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