Promuovere un’attività scientifica e di ricerca con un’ottica di genere e sviluppare attività di prevenzione. Individuare fattori di rischio genere-specifici in tutte le aree della medicina. Includere uomini e donne nei trial clinici e sviluppare percorsi di diagnosi e cura definiti e orientati al genere. E ancora, formare e informare il personale sanitario e includere gli aspetti di genere nella raccolta e nell’elaborazione dei flussi informativi e nella formulazione dei budget sanitari.
Sono queste le leve sulle quali agire per far sì che la dimensione di genere nella salute possa diventare strumento di governo e di programmazione sanitaria. Indicazioni all’azione contenute nella “Relazione al parlamento sulle azioni di promozione e sostegno alla Medicina di genere 2020-2021” pubblicata sul sito del ministero della Salute.
La sfida sulla medicina di genere è alta e richiede interventi urgenti. Nell’Indice sulla parità di genere elaborato dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige) i punteggi dell’Italia sono inferiori a quelli della media europea in tutti i domini ad eccezione di quello della salute, nel quale il punteggio è 88,4 su 100 (11a posizione) e in particolare nel sotto-dominio dell’accesso ai servizi sanitari nel quale il punteggio dell’Italia nel 2021 risulta 98,6 su 100 (8a posizione).
L’obiettivo è quindi conseguire in Italia una maggiore equità di genere, raggiungendo un posizionamento migliore rispetto alla media europea entro il 2026, per rientrare, in 10 anni, tra i primi 10 paesi europei. A questo scopo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha previsto che le sei Missioni condividano la priorità trasversale di intervenire sui principali aspetti del fenomeno della disparità di genere: interventi su un settore possono infatti generare effetti positivi in un altro, moltiplicando in tal modo l’impatto positivo complessivo delle politiche e delle misure per la parità di genere.
Come si sottolinea nella Relazione “le specifiche analisi di genere in tutti i campi (clinico, delle scienze di base e sociali, dell’epidemiologia, dei servizi sanitari e della ricerca), la valutazione delle eventuali disparità di genere nelle prestazioni cliniche, nonché l’individuazione dei meccanismi alla loro base, costituiscono le principali strategie di intervento per un’organizzazione e programmazione sanitaria ad hoc”. In particolare, la diffusione della Medicina di Genere richiede anche una governance che assicuri un efficace coordinamento delle azioni a livello nazionale, regionale e locale.
E la diffusione della medicina di genere va attivata in via prioritaria in alcuni settori dove la valenza applicativa è stata già comprovata da evidenze cliniche supportate dalla ricerca; in particolare in quelli di farmaci, vaccini e dispositivi medici. E poi, malattie cardiovascolari, neurologiche, dell’osso, psichiatriche, respiratorie, autoimmuni, dermatologiche, le infezioni virali e batteriche, le malattie metaboliche, l’oncologia, la pediatria, i disordini dello sviluppo sessuale.
Per questo si sottolinea nella Relazione “tenere in considerazione il sesso e il genere anche in relazione alla salute non deve essere considerata una componente aggiuntiva e opzionale, ma un aspetto necessario a garantire efficacia ed equità del sistema sanitario, che si ripercuote anche sull’aderenza ai trattamenti.