“La tenuta del sistema di emergenza-urgenza in Italia è oggi garantita esclusivamente dal senso di responsabilità e dalla straordinaria dedizione degli operatori sanitari”. Ne è convinta la Simedet (Società Italiana di Medicina Diagnostica e Terapeutica) che lancia un allarme chiaro: “La cronica carenza di personale nei Pronto Soccorso e nei reparti di Anestesia e Rianimazione ha superato i limiti della sostenibilità”.
Turni massacranti, straordinari continui, rinuncia ai riposi: “è questa la realtà quotidiana per medici e infermieri che, con grande spirito di servizio, continuano a garantire assistenza ai pazienti nonostante condizioni di lavoro sempre più gravose e dei professionisti sanitari che lavorano nei Servizi collaterali indispensabili all’area di emergenza-urgenza e che subiscono quotdianamente un carico di lavoro superiore alle proprie risorse (Tecnici di Laboratorio e di Radiologia in primis)”, spiega la Simedet. Che prosegue: “Nei Pronto Soccorso la carenza di medici d’urgenza e infermieri specializzati rallenta le attività assistenziali, allunga i tempi di attesa e complica la gestione dei casi complessi. Nei reparti di anestesia e rianimazione la scarsità di anestesisti-rianimatori compromette tanto l’attività chirurgica programmata quanto la risposta alle emergenze e ai pazienti critici”.
Per la Simedet “questa emergenza strutturale non può più essere affidata alla sola abnegazione del personale”. Per questo la Società Italiana di Medicina Diagnostica e Terapeutica chiede “un intervento urgente e sistemico da parte delle Regioni e del Governo, con misure concrete” e cita:
• Assunzioni rapide e stabili di personale sanitario;
• Incentivi economici e professionali per chi lavora nelle aree critiche;
• Riorganizzazione della rete dell’emergenza-urgenza;
• Tutele psico-fisiche per gli operatori;
• Istituzione di una Rete Formativa dell’Emergenza-Urgenza su scala nazionale, in collaborazione con le Università.
Nel contesto attuale, per la Società Italiana di Medicina Diagnostica e Terapeutica è inoltre “indispensabile rivalutare e rafforzare il ruolo degli ospedali di base, spesso depotenziati” e cita:
• Garantire posti letto per pazienti a bassa complessità, alleggerendo gli hub ospedalieri;
• Attivare Unità di Trattamento Intermedio (UTI) per pazienti subcritici;
• Coordinare gli ospedali per acuti con gli ospedali di riabilitazione intensiva post-acuzie (codice 56), consentendo una minore permanenza, con precoce trasferimento in riabilitazione, ma allo stesso tempo garantendo una pronta “ripresa in carico” in caso di sopravvenute necessità cliniche.
• Integrare gli ospedali periferici nella rete d’emergenza tramite telemedicina, consulenze da remoto e trasporti protetti.
“Una rete ospedaliera ben articolata è fondamentale per assicurare equità di accesso alle cure, soprattutto nelle aree interne e montane”, avverte la Simedet.
E poi il ruolo cruciale del territorio: “Nessun Pronto Soccorso può reggere senza una rete territoriale efficiente e capillare. L’assenza di filtri adeguati fa sì che oltre il 70% degli accessi avvenga in modo autonomo, spesso per problemi non urgenti. Serve un cambio di paradigma” con la:
• Attivazione del Numero Europeo Armonizzato 116117, operativo h24;
• Potenziamento dei Punti di Primo Intervento collegati ai PS con sistemi di telemedicina;
• Ambulatori mobili e aperture serali/weekend;
• Centrale unica di teleconsulto, accessibile anche da app;
• Strumenti digitali (app, reminder, liste d’attesa dinamiche) per ridurre i disservizi;
• Coinvolgimento attivo dei medici di medicina generale nella rete, con accesso ai dati clinici e lavoro in team multidisciplinari.
Simedet denuncia con forza il modello dei medici “a gettone”, “che mina la continuità e la qualità delle cure. Serve un investimento strutturale per stabilizzare il personale dei Pronto Soccorso e rendere attrattivo il lavoro in emergenza-urgenza. Il sistema oggi resiste solo grazie al sacrificio quotidiano degli operatori. Ma il tempo è scaduto: servono decisioni strutturali e coraggiose per salvare la sanità pubblica”.