In questi giorni i media italiani sono alle prese con le vicende della gestione urbanistica di Milano. La spiegazione di quel che ha innescato l’inchiesta l’ho trovata su un quotidiano in cui Marella Gulli esemplare per la sua capacità di semplificare quel che è successo. In pratica, si sarebbe cercato di far passare per “banali modifiche” interventi ben più corposi di cui andava preliminarmente valutato l’impatto complessivo.
Questa vicenda mi ha richiamato alla mente quello che da anni sta avvenendo nelle Marche con il programma di edilizia ospedaliera, che tra cantieri vecchi da completare e cantieri nuovi da aprire vale molto più di un miliardo di euro per i soli costi strutturali e molto di più in termini di costi di gestione quando calcolati proiettati nel tempo. Per il bilancio della sanità di una Regione come le Marche quella è una cifra molto alta, anche se verosimilmente sottostimata. Questo programma mi pare che sia stato fatto passare come semplice declinazione di un piano regolatore ospedaliero che però manca, ecco da dove è partita la mia connessione Milano-Ancona.
Questo è il passaggio critico: un programma di edilizia ospedaliera della consistenza economica di quello di quello delle Marche doveva avere dietro un Piano regolatore e cioè un Piano di riordino ospedaliero che esplicitasse e formalizzasse la rete ospedaliera prevista dalla Regione. Questo Piano avrebbe dovuto avere come riferimento principale il Decreto Ministeriale 70 del 2015 e avrebbe dovuto avere un momento di verifica da parte del Ministero della Salute e del Ministero della Economia e delle Finanze come ho già avuto modo di ricordare qui su Qs. In assenza di questo Piano si è creata nelle Marche una situazione destinata per le sue dimensioni a diventare una sorta di bolla immobiliare destinata ad esplodere. I motivi alla base di questa previsione, tanto fosca quanto giustificata, sono almeno due: la impossibilità di trovare le risorse per gestire gli ospedali previsti una volta completati e la sottostima dei costi del programma.
Per quello che riguarda l’impatto gestionale del programma di edilizia ospedaliera della Regione Marche, basti ricordare che lo stesso prevede una rete di 14 ospedali con un Dipartimento di Emergenza e Accettazione per una popolazione di un milione e mezzo di abitanti, e quindi con un 40% di ospedali con DEA in più rispetto al numero massimo previsto dal DM 70 (e cioè 10). Il tutto in una Regione che già oggi ha il proprio sistema di emergenza-urgenza ospedaliero in crisi puntellato com’è dai medici “gettonisti” e dai turni aggiuntivi del poco personale specialista disponibile a farli. E’ evidente che una rete ospedaliera così frammentata sarà ingestibile e sottrarrà qualunque possibilità di sviluppo alla rete dei servizi territoriali già oggi in gravissima crisi nelle Marche. Non è un caso che le Marche siano uscite male dalla recente valutazione CREA delle performance delle sanità regionali (ultima Regione del Centro-Nord).
Per quello che riguarda la sottostima dei costi per gli interventi strutturali (che consistono fondamentalmente nella costruzione di tre nuovi ospedali e nella costruzione di 6 palazzine col DEA in altrettanti ospedali) basti tenere presente che solo per quello che riguarda i tre nuovi ospedali (cifre e numeri tratti da un Comunicato Stampa della Regione):
- per quello di Pesaro, è prevista e coperta una spesa di 204 milioni di euro, per 382 letti espandibili (chissà che vorrà dire) fino a 460 posti letto;
- per quello di Macerata, è prevista e coperta per circa l’80% una spesa di 185 milioni di euro, per 379 posti letto espandibili fino a 434;
- per quello di San Benedetto del Tronto, è prevista una spesa attualmente coperta in piccola parte di 172 milioni per un numero imprecisato di posti letto (quelli attuali sono 226).
Confrontiamo adesso queste cifre con quella prevista dalla Regione Piemonte per l’Ospedale di Savigliano di 382 posti letto, gli stessi di Pesaro: 250 milioni, 46 più di quelli previsti per Pesaro (dati piemontesi recuperabili da questa fonte). Che i 204 milioni per Pesaro sembrino pochini lo dice anche il parere dei Ministeri della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze sul progetto dell’Ospedale di Pesaro per il quale hanno chiesto alla Regione di impegnarsi a trovare in ogni caso le risorse necessarie per completare l’ospedale (sulla vicenda dell’Ospedale di Pesaro e l’atteggiamento pilatesco dei due Ministeri leggere qui). Facciamo che a Pesaro ne manchino 50 di milioni (e mi tengo basso visto che vogliono un ospedale “espandibile”), ne mancheranno come minimo altrettanti a Macerata e non si sa quanti a San Benedetto (facciamo 30 e ci teniamo bassi). E siccome, come diceva il grande Totò, “è la somma che fa il totale” oggi al programma di edilizia ospedaliera delle Marche mancano nella parte che riguarda i tre nuovi ospedali quasi 300 milioni, che sono quasi pari a quelli stanziati (371,5). Risorse che dovrà trovare chi governerà in futuro la Regione (a fine settembre si terranno le prossime elezioni regionali).
Mi chiedo chi sarà chiamato quantomeno a dare spiegazioni quando in futuro questa bolla del programma di edilizia ospedaliera della Regione Marche scoppierà (è molto probabile che succederà abbastanza presto) con cantieri sospesi o non aperti e strutture al di sotto della soglia di operatività che giustifichino quell’ordine di grandezza degli investimenti. Le procedure di gestione amministrativa degli appalti dentro questo programma sono state e sono sicuramente corrette e rispettose delle norme. Le procedure politiche di costruzione del programma sono state e sono invece sicuramente irrispettose dei riferimenti normativi che andavano utilizzati, cosa che personalmente ritengo valere anche per l’azione di verifica e controllo (non) esercitata dai Ministeri.
Ma a settembre si vota e a quel programma sono legati tanti voti, ma proprio tanti, e le Marche sono in questa tornata l’Ohio d’Italia, uno “Stato” che il centrodestra che quel programma lo ha voluto ad Ancona e sostenuto a Roma non vuole assolutamente perdere.
Claudio Maria Maffei