Disforia di genere. Terragni (Garante Infanzia): “Finalmente anche in Italia si frena sui bloccanti della pubertà”
L’Autorità ascoltata alla Camera sulla pdl Schillaci-Roccella: “Una proposta che tiene al centro la salute dei minori”, dice Terragni, che richiama all’importanza della valutazione medica e critica la Strategia per l’Uguaglianza LGBTIQ+ 2026-2030 “in base alla quale anche un bambino di 5 anni potrebbe avere il presto il diritto legale di cambiare genere senza che i genitori possano opporsi”. IL TESTO DELL’AUDIZIONE
“L’Italia è in forte ritardo rispetto a quasi tutto il mondo occidentale nella riflessione critica sull’utilizzo dei farmaci per la disforia di genere”. È quanto ha sottolineato Marina Terragni, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ascoltata negli scorsi giorni dalla Commissione Affari sociali della Camera sul disegno di legge in materia a firma dei ministri Orazio Schillaci ed Eugenia Roccella.
“Finalmente anche in Italia si frena sui bloccanti della pubertà. È una proposta che tiene al centro la salute delle persone di minore età” ha detto a margine Terragni. “In altri paesi – come Regno Unito, Australia e molti stati Usa – la riflessione critica sulla terapia affermativa è già aperta da tempo. In Italia non si disponeva nemmeno del numero dei minori in trattamento con triptorelina off label, in uso dal 2019, né di informazione sui protocolli adottati e sui follow up”.
Terragni ha criticato la Strategia per l’uguaglianza Lgbtiq+ 2026-2030 della Commissione europea. “In base a questa strategia si elimina ogni limite di età per il riconoscimento legale del genere: non serve consenso dei genitori, né valutazione medica”. “In base a questa strategia – ha aggiunto -, anche un bambino di cinque anni potrebbe avere il presto il diritto legale di cambiare genere senza che i genitori possano opporsi”.
L’Autorità garante nel corso del suo intervento ha richiamato una serie di studi. “Notizia più rilevante è che l’Università di Buckingham ha registrato un dimezzamento dei giovani americani che si identificano come trans o queer negli ultimi due anni, correlato al miglioramento della salute mentale e probabilmente anche a un uso più accorto dei social, con conseguente riduzione del fenomeno del contagio sociale che coinvolge in particolare le ragazze in fase puberale o prepuberale”.
Terragni ha anche sottolineato la necessità di un approccio di genere alla questione della disforia dei minori: “Si dovrebbe parlare di disforia delle minori, usando il femminile sovraesteso, visto che si tratta nella stragrande parte dei casi di ragazze. Nelle adolescenti la disforia si manifesta spesso insieme a pratiche autolesionistiche e a disturbi del comportamento alimentare. Qualcuno propone di parlare – anziché di disforia – di ‘angoscia da sessuazione pubertaria’”.
Sul fronte del trattamento, il Cass Review del 2024, ha ricordato, “ha definito la terapia affermativa per minori con disforia di genere un fallimento del sistema: non ci sono prove sul miglioramento del benessere dei pazienti né sulla riduzione del rischio di suicidio. Lo studio ha rilevato effetti irreversibili della triptorelina, monitoraggio inadeguato e ha raccomandato di evitare transizioni prima dei 18 anni, procedendo con cautela fino ai 25. Un rapporto del Dipartimento della Salute americano ha poi confermato l’incertezza scientifica e i rischi della transizione medica pediatrica, privilegiando interventi psicosociali. Le Nazioni Unite, da parte loro, hanno classificato la transizione sociale e medica dei minori come violenza di genere, rilevando che bambini con disturbi dello spettro autistico hanno probabilità triplicate di diagnosi di disforia”.
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