Nell’immondizia di ogni italiano piovono ogni anno 27 chili di cibo ancora consumabile con uno spreco di circa 585 euro a famiglia. Sono dati dell’Adoc (Associazione Difesa Consumatori) secondo cui nelle discariche finiscono quotidianamente 4 mila tonnellate di alimenti freschi: latte, uova, formaggi e yogurt (39%), pane e pasta (15%), carne (18%), frutta e verdura (12%). Senza contare che questi dati non comprendono il “buco nero” dello spreco delle grandi mense aziendali, ospedaliere e scolastiche, dei buffet luculliani dei grandi alberghi o dei villaggi turistici ‘all inclusive’.
Per fermare questa “strage di cibo” arrivano oggi anchei consigli dell’Andid (Associazione Nazionale Dietisti). Dieci regole per evitare inutili stragi di cibo e approfittarne per seguire una alimentazione corretta, l’Andid presenta 10 regole:
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Seguire una dieta varia e bilanciata
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Mantenere sempre un atteggiamento sobrio negli acquisti
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Preferire cibi di origine vegetale, di stagione e prodotti localmente
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Preferire l'acquisto di cibi freschi e minimamente processati, a filiera corta o direttamente dal produttore
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Preferire l’acqua del rubinetto
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Privilegiare l’acquisto di prodotti alimentari con minori quantità di imballaggio, o con imballaggio in materiale riciclato munito di eco etichettatura, e certificati a basso impatto ambientale
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Non lasciarsi ingannare dalle campagne di marketing che invitano ad acquistare sottocosto cibi in quantità superiore a quelle che poi verranno effettivamente consumate
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Fare la spesa seguendo minuziosamente la lista degli acquisti preparata a casa
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Affinare la propria capacità di recuperare gli avanzi della tavola trasformandoli in nuovi gustosi piatti
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Fare attenzione alla preparazione, conservazione dei cibi e al loro adeguato smaltimento
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“Di fronte a questi dati vogliamo lanciare un messaggio forte – spiega Giovanna Cecchetto, presidente Andid – invitando gli italiani a considerare il ‘non sprecare’ come una regola ‘etica’, di principio, a non sciupare cose tangibili, come il cibo, e beni più immateriali, come il tempo e la salute, ma bensì ad imparare ad acquisire un atteggiamento di cura verso il cibo stesso e il suo acquisto. Solo apparentemente, infatti, il consumo si esaurisce al momento dell’acquisto. Dietro vi è un concetto di responsabilità individuale e collettiva, di equilibri ecosistemici e geosociali, che spaziano dalla decisione di scegliere e comprare quel determinato prodotto fino alla modalità di consumo e di smaltimento dei rifiuti adottata”.
L’impegno dell’Andid e di tutti i dietisti volge proprio verso la promozione e la sensibilizzazione ad un modello alimentare sostenibile, che bandisca inutili sprechi e contribuisca al miglioramento della salute, alla protezione delle risorse naturali e alla valorizzazione del lavoro dell’uomo. “La cultura alimentare mediterranea, moderata e misurata come era tradizione – riassume Stefania Vezzosi a nome del gruppo Andid Salute Pubblica – è sfumata un’era fa e ha lasciato il posto a un’economia dell’eccesso e dello spreco. I dati Istat, riferiti al 2008, lo confermavano. Ma ancora oggi siamo sullo stesso trend”. Mediamente la spesa degli italiani si attesta, fra generi alimentari e bevande, sui 580 euro, pari al 21% del totale della spesa mensile. Circa il 39% di uno stipendio medio investito in generi deperibili. La voce più onerosa riguarda la carne con una spesa in media di 120 euro mensili, seguono patate, frutta e ortaggi con una spesa media di 98 euro, pane e cerali per un totale di 95 euro.
Luogo privilegiato per gli acquisti degli italiani è il supermercato (68,1%) soprattutto al centro nord (60%), senza tuttavia disdegnare il negozio tradizionale (63.7%), specie al Mezzogiorno. Circa un quarto delle famiglie si reca al mercato comunale, specie per l’acquisto di frutta e verdura, sebbene con evidenti differenze sul territorio (10,2% al Nord-est e 30.9% nelle Isole) mentre timidamente comincia a fare capolino anche una percentuale di consumatori che si rifornisce negli hard-discount (11%). Si stima che il consumo annuo di alimenti, comprese le bevande e l’acqua imbottigliata, in Italia si aggiri su 25 milioni di tonnellate per una spesa approssimativa di 50 miliardi di euro.
E alla fine, una buona parte di tutto questo finisce nel bidone della spazzatura. “Contenere e sfuggire questi sprechi è possibile – aggiunge
Cecchetto – con un approccio ecologico all’alimentazione tale da consentire la soddisfazione delle esigenze delle attuali generazioni, senza tuttavia danneggiare quelle future”. “Ciò significa –
Stefania Vezzosi – non solo offrire cibo ‘buono’ da un punto di vista nutrizionale ma anche porre al centro di una riflessione allargata il cibo come risorsa naturale e prodotto dell’attività dell’uomo, come strumento per uno sviluppo equo, sostenibile e partecipato, come responsabilità sociale per la promozione della salute”.