Giovani farmacisti: sanare le criticità delle nostre condizioni di lavoro, non le parafarmacie

Giovani farmacisti: sanare le criticità delle nostre condizioni di lavoro, non le parafarmacie

Giovani farmacisti: sanare le criticità delle nostre condizioni di lavoro, non le parafarmacie
La sezione milanese di Fenagifar interviene nella discussione sull’ipotesi di sanatoria per le parafarmacie evidenziando i rischi che comporterebbe per la carriera e la formazione dei giovani farmacisti lo sviluppo di esercizi soggetti alle "leggi di mercato piuttosto che alle leggi etiche”.

In sede di discussione del contratto nazionale dei dipendenti di farmacia" venga presa un considerazione una remunerazione diversificata, a diversi livelli a seconda della professionalità e dei ruoli ricoperti all’interno della farmacia dai giovani farmacisti, dandoci la possibilità di crearci una carriera e una remunerazione crescente all’interno della farmacia stessa”. E "anziché sradicare un sistema, riprendere e potenziare la strada dei concorsi", dal momento che "molte sedi sono ancora in attesa di assegnazione e di concorsi".
Queste le richieste avanzate dalla sezione milanese della Fenagifar, l’associazione dei giovani farmacisti che, intervenendo sulle proposte presentate a più riprese da un molteplicità di soggetti (dai senatori all’Antistrust) sull’eventuale sanatoria per le parafarmacie e su un apertura a questi soggetti economici del farmaco etico, si dice preoccupata che tutto questo diventi realtà mettendo a rischio la qualità dei servizi e le opportunità di lavoro e formazione dei giovani farmacisti.
La parafarmacia, si legge nella nota della Fenagifar Milano, "è un’attività imprenditoriale (a differenza della farmacia che è un servizio sanitario) e che, come tale, può avere un decorso positivo o negativo: non crediamo quindi che lo Stato debba intervenire per porre rimedio a investimenti di liberi cittadini. Una eventuale "sanatoria", previo pagamento di una tassa una tantum o una liberalizzazione del farmaco etico, creerebbero una disparità tra il giovane farmacista che cerca di costruirsi un futuro e i grossi gruppi economici, obbligando il primo a chiudere la propria attività”.
Il rischio, secondo l'associazione, è di “distruggere il sistema sanitario così come oggi lo intendiamo, poiché il sistema non sarebbe più sostenibile. La distribuzione degli esercizi si concentrerebbe nelle zone e negli orari più redditizi, lasciando scoperte delle intere zone come la provincia o le periferie". La differenza, secondo Fenagifar Milano, è evidente anche in caso di errore e quindi di attenzione rivolta ad evitarli: “In una farmacia chi risponde di eventuali responsabilità è il farmacista titolare, controllato periodicamente e capillarmente dallo stato (dalle Asl nello specifico). Potrebbe prendere una salata multa, subire il ritiro della licenza d’esercizio e, nei casi estremi la detenzione. Ciò crea nel titolare una alta attenzione per il servizio che sta svolgendo dato che potrebbe perdere la sua attività, la sua fonte di reddito. Per una qualunque società di capitali il controllo non riuscirebbe ad essere così dettagliato, inoltre in caso di sanzioni potrebbe cavarsela semplicemente con la sostituzione del farmacista: il danno non risulterebbe economicamente così grave, portando a una superficialità nell’operato a scapito del servizio al pubblico”.

E poi, “quali saranno le opportunità lavorative per il giovane farmacista?”, si chiedono i giovani farmacisti evidenziando come “non avremo più possibilità di avere una farmacia poiché la maggior parte di noi non riuscirebbe a competere con il potere di acquisto di una multinazionale. Molti di noi, invece di esercitare la professione alle dipendenze di un professionista, alias un farmacista abilitato alla titolarietà, sarebbero alle dipendenze di un soggetto economico e quindi si dovrebbero confrontare con le leggi di mercato piuttosto che con le leggi etiche".

28 Febbraio 2011

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