Nanni Costa: “Disporremo di più polmoni per i trapianti”

Nanni Costa: “Disporremo di più polmoni per i trapianti”

Nanni Costa: “Disporremo di più polmoni per i trapianti”
Dopo lo straordinario trapianto di polmone eseguito al Policlinico di Milano, Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti, spiega a Quotidiano Sanità le potenzialità della nuova tecnica che tiene in vita i polmoni in attesa di trapianto.

“Se i risultati di questo trapianto saranno confermati in altri interventi, sarà possibile utilizzare una percentuale molto più alta di polmoni provenienti dai donatori”.Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti, intervistato da Quotidiano Sanità, saluta così la notizia del trapianto di polmoni realizzato al Policlinico di Milano su un ventiquattrenne. Un trapianto diverso da tutti gli altri, perché per la prima volta sono stati impiegati polmoni le cui condizioni non li rendevano idonei all’intervento. Almeno con l’impiego delle tradizionali tecniche di conservazione. Grazie a un nuovo sistema messo a punto da Franco Valenza (ricercatore universitario presso il Dipartimento di Anestesia e Rianimazione della struttura milanese) e testato finora solo su modelli animali, l’intervento è stato invece possibile.
“Si tratta di tecniche di recente sviluppo e che consentono una migliore conservazione dell’organo”, spiega Nanni Costa. “Metodiche in cui, piuttosto che conservare passivamente l’organo in un liquido freddo per il minor tempo possibile, si cercano di creare condizioni quanto più possibile fisiologiche”. Nel caso specifico, illustra l’esperto, “l’organo (i polmoni e l’atrio sinistro che non viene impiegato nel trapianto di cuore) è stato prelevato e messo nel liquido di conservazione freddo per il trasporto da Padova (dove è avvenuto l’espianto) a Milano. Qui sono stati messi nell’apparecchiatura salva-polmoni per qualche ora”.
In pratica, si tratta di una campana riscaldata all’interno della quale ai polmoni viene riservato uno speciale trattamento: “viene fatto circolare nei vasi – sia arterie sia vene – un liquido a 37 gradi che contiene una quota di sangue. Il circolo del fluido finisce dentro l’atrio sinistro dove un sistema di raccolta consente un riutilizzo del liquido. Inoltre, viene «soffiata» dell’aria nella trachea. Quindi, è come se il polmone funzionasse in vitro”.
Questa speciale conservazione che ha tenuto in vita l’organo, ha consentito ai polmoni altrimenti da scartare di avere uno straordinario recupero e di funzionare molto bene dopo il trapianto. Dopo appena dodici ore il paziente che era affetto da fibrosi cistica è stato estubato e ha ripreso a respirare spontaneamente.
Ma la tecnica salva-polmoni è solo una delle componenti che ha consentito questo successo. “Sono stati determinanti innanzitutto il meccanismo nazionale delle urgenze di polmone che consente di utilizzare l’organo anche al di fuori dell’area di riferimento (in questo caso il donatore era a Padova e il ricevente a Milano)”, dice il direttore del CNT. “Fondamentale è stata inoltre l’Ecmo”. L’acronimo sta per Extra Corporeal Membrane Oxygenation ed è un vero e proprio polmone artificiale che permette di fronteggiare gravi scompensi cardiaci e polmonari asportando l’anidride carbonica e garantendo l’ossigenazione. “È questo strumento che ha consentito la sopravvivenza del paziente fino al trapianto”, prosegue Nanni Costa che ricorda come, al di là delle macchine “c’è sempre un’equipe chirurgica che attacca i vasi. L’elemento umano è fondamentale”.
Senza queste componenti a poco sarebbe valsa la macchina salva-polmoni messa a punto dal team milanese. Che comunque non è l’unica in fase di sperimentazione. Altri gruppi stanno testando strumenti analoghi e tecniche simili sono già applicate nel caso del cuore e del rene. Ma l’impiego nel caso dei polmoni potrebbe rappresentare una svolta. Il polmone è infatti il più sensibile tra gli organi oggetto di trapianto, quello che dopo l’espianto ha un peggiore recupero: “per essere utilizzato – spiega Nanni Costa – deve essere perfetto. Per questo viene impiegato soltanto il 5-10 per cento dei polmoni dei donatori. Disporre di una tecnica di conservazione che permetta di preservare al meglio l’organo potrà consentire di aumentare notevolmente questa percentuale”. 

18 Marzo 2011

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