Lazio. Medici internisti: “Troppi tagli. Assistenza impossibile”

Lazio. Medici internisti: “Troppi tagli. Assistenza impossibile”

Lazio. Medici internisti: “Troppi tagli. Assistenza impossibile”
La denuncia è della Fadoi. Dal 2004 ad oggi i posti letto sono diminuiti nella Regione del 21%, e ben del 45% in alcune grandi Aziende della Capitale. Le conseguenze? Pazienti ricoverati in appoggio in altri reparti ed effetti pesanti sul sistema di emergenza urgenza.

I reparti di Medicina interna sono ormai da anni in cura dimagrante: i posti letto totali dal 2004 al 2010 si sono ridotti mediamente del 21% (4.040 nel 2004, 3.701 nel 2006, 3.362 nel 2008 e 3.171 nel 2010). E dati alla mano, in alcune grandi strutture ospedaliere della capitale, come il San Camillo Forlanini, il San Giovanni e l’ospedale Santo Spirito, i posti letto sono diminuiti fino al 45% e oltre. Eppure più dell’80% dei pazienti di area medica sono curati dai medici internisti, e i loro reparti ricoverano pazienti “complessi”, anziani e non, quasi sempre in condizioni di urgenza e affetti da più malattie. Una richiesta di assistenza elevata, alla quale non si riesce più a rispondere. E le conseguenze si vedono. Pronto soccorso intasati e pazienti in barella per più di 24 ore perché non si possono ricoverare i malati a causa di indisponibilità di posti letto. Pazienti di medicina costretti a migrare in altri reparti. La carenza di personale e il precariato complicano poi gli scenari, in molte realtà locali del Lazio.
A lanciare l’allarme è la Federazione dei medici internisti del Lazio (Fadoi) in occasione del loro VIII congresso regionale organizzato nella Capitale il 25 e il 26 novembre che ha rivolto un appello al presidente della Regione Lazio Renata Polverini, e al neo Ministro della Salute, Renato Balduzzi affinché la politica di tagli indiscriminati non penalizzi ancora di più l’assistenza ai pazienti, e si riconosca il grande valore e il peso assistenziale dei reparti di Medicina interna, punto di riferimento sicuro competente e spendibile a 360 gradi in molti settori dell’attività ospedaliera.
“Il medico internista – ha spiegato Ruggero Pastorelli, presidente della Fadoi Lazio – è in grado di giungere a una diagnosi, anche la più complessa, grazie a competenze che spaziano in quasi tutte le discipline mediche. Trattiamo pazienti sempre più complessi, con una pluralità di patologie. Malati che necessitano di un medico che sappia tenere le fila delle diverse specialità coinvolte nell’assistenza al paziente, e che sappia guardare al paziente nella sua totalità. Così siamo diventati un punto di riferimento per pazienti multi patologici. Non soltanto nei reparti di Medicina interna, ma ovunque essi si trovino. Eppure le politiche sanitarie sembrano non tenere conto dell’importanza strategica dei nostri reparti. E i posti letto continuano a diminuire con tutto quello che ne consegue”.
 
Diritti negati
La contrazione dei posti letto non riesce, infatti, a rispondere a un aumento della richiesta di assistenza che c’è da anni e con un trend di crescita costante. Con ricadute immediate sul diritto dei cittadini ad essere ricoverati nei reparti appropriati.
“Inoltre, si sta sottovalutando la necessità di quei pazienti che necessitano di assistenza ospedaliera non urgente – ha detto David Terracina, segretario della Fadoi Lazio – al punto che un ricovero ordinario di elezione sta diventando praticamente impossibile. condizioni che non hanno carattere di urgenza rischiano un’attesa anche di anni, per poi diventare gravi o urgenti entrando così, e inevitabilmente, nel circuito dell’emergenza appesantendolo. Problema che si potrebbe invece tranquillamente prevenire. Circa l’80% dei pazienti che accedono al Ps sono di area medica e con patologie multiple. Pazienti che dovrebbero essere ricoverati nei reparti di Medicina interna. Peccato che i nostri reparti non sono nella condizione di poter rispondere a questa domanda di assistenza. Bisognerebbe quindi dimensionare le strutture secondo l’esigenza dei pazienti non secondo logiche organizzative economiche”.
Il fenomeno dei pazienti di Medicina interna ricoverati in appoggio in altri reparti determina, infatti, la creazione di reparti virtuali con disagi per i pazienti e i medici. E il fenomeno si acutizza soprattutto durante le feste natalizie quando si registra una crescita dei ricoveri in particolare degli over 65 “parcheggiati” nelle corsie ospedaliere.
E ancora, l’età media dei medici, sta salendo vertiginosamente e non si stanno coltivando le nuove leve. “La nostra specialità gode di un grande appeal tra i giovani, peccato che non riescano ad entrare nel circuito per la contrazione dei posti letto e del blocco del turn over. Per formare gli internisti ci vogliono anni e quando ci sarà necessità di coprire gli organici dovremo comportarci come la Gran Bretagna: sono venuti da noi per cercare i medici internisti”.
 
E gli Usa si ispirano ai medici internisti
Mentre da noi i reparti di medicina interna sono in cura dimagrante, negli Usa invece, copiando il modello italiano, si punta proprio sulla figura dell’internista. “Negli Stati Uniti – ha precisato Dario Manfellotto, past president della Fadoi Lazio – hanno inserito da pochi anni la figura del cosiddetto hospitalist, per lo più internisti assunti direttamente dall’ospedale con il compito di gestire tutti i pazienti ricoverati che fino a qualche anno fa erano curati da specialisti di varie discipline o dai chirurghi. La gestione del ricovero a cura dell'internista ha, infatti, dimostrato – a parità di esiti (outcome) – una riduzione dei costi e della durata della degenza. Effetti positivi che hanno appunto determinato nel mondo anglosassone una rapida diffusione dell'hospitalist care”.
Da uno studio recentemente pubblicato sugli Annals – condotto nel Texas tra il 2001 e il 2006, su un campione rappresentativo di pazienti curati durante l'ospedalizzazione o dal proprio medico di famiglia oppure dall'hospitalist – è emerso che la durata della degenza dei pazienti curati dall’hospitalist era di 0.64 giorni più breve, e i costi si riducevano di 282 $. Non solo, questi pazienti, dopo la dimissione, ricevevano meno visite da parte del loro medico di famiglia e più accessi ambulatoriali da parte del personale infermieristico.

25 Novembre 2011

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