Un’indagine tra le detenute del carcere di Sollicciano per comprendere meglio gli eventi e gli stati d’animo che conducono ad atti di autolesionismo e al suicidio, e mettere così in atto interventi mirati per prevenirli. È questo il progetto della Asl 10 di Firenze, approvato da una recente delibera di Giunta.
La ricerca, della durata di 12 mesi, sarà condotta da un’associazione di volontariato e coinvolgerà detenute e operatori/operatrici.
"Il rischio di suicidio – ricorda la nota della Regione Toscana che annuncia il progetto – è più elevato per le persone in stato di detenzione, rispetto alla popolazione generale, con un rapporto 20 volte maggiore. Nelle carceri italiane nel 2009 il tasso di suicidi è stato di 116,5 su 100.000 detenuti; mentre il tasso registrato al di fuori del carcere è stato di 4,9 su 100.000 persone. Nel 2010, nelle carceri italiane i suicidi sono stati 55; 1.137 i tentati suicidi e 5.703 gli atti di autolesionismo.
“Negli ultimi tempi la Regione ha lavorato molto per migliorare le condizioni di salute dei detenuti – ha detto l’assessore al diritto alla Salute, Daniela Scaramuccia –. La salute è un diritto di tutti, indistintamente, e la privazione della libertà personale non deve assolutamente significare anche perdita del diritto alla salute”. “Nel giugno 2011 abbiamo varato le linee di indirizzo per la tutela della salute in carcere, e a ottobre inziative specifiche per la prevenzione del suicidio in carcere – ha proseguito -. Tra la popolazione detenuta femminile, però, gli atti di autolesionismo e i tentativi di suicidio presentano caratteristiche particolari: vogliamo studiarle meglio, per mettere in atto iniziative specifiche”.
La nota della Regione Toscana ricorda poi che il problema del suicidio in carcere, in aumento negli ultimi anni, è divenuto drammaticamente di attualità, anche a causa del sovraffollamento e dell’aggravarsi delle condizioni di vita negli istituti penitenziari. Ma "le ricerche svolte finora non hanno evidenziato differenze numeriche significative tra uomini e donne nei tassi di suicidio in carcere. Quello che è emerso è che, per esempio, le donne vivono con maggior sofferenza il mutamento del corpo rispetto agli uomini (mestruazioni, invecchiamento, menopausa), e i “tempi” del carcere si ripercuotono con più drammaticità sui “tempi”, assai più definiti rispetto agli uomini, della sessualità femminile: è come se le donne vivessero sul loro corpo, oltre alla costrizione in un ambiente ristretto, la privazione della sessualità e la perdita, a volte definitiva, della possibilità di diventare madre".
Altra differenza riguarda le metodiche utilizzate dalle donne per togliersi la vita, anche queste sembrano riflettere un diverso rapporto con il corpo: le donne sembrano prediligere, infatti, metodi meno invasivi e cruenti rispetto a quelle scelte dagli uomini. Inoltre vivono con particolare paura e sofferenza la separazione dal partner e dai figli.