Scontro tra Regione Emilia-Romagna e sanità privata dopo l’annuncio della Regione di voler rivedere il tetto dei rimborsi per prestazioni sanitarie in mobilità attiva e revocare la delibera del 2024 per gli indennizzi agli ospedali privati che, nel periodo dell’emergenza Covid, avevano messo a disposizione il proprio personale al sistema sanitario regionale, senza poter accedere agli ammortizzatori sociali e vedendo il loro fatturato calare drasticamente a causa della sospensione per la pandemia delle attività non strettamente necessarie.
L‘annuncio della Regione è arrivato nel corso di un incontro, 21 luglio, con i vertici Aiop Emilia-Romagna, l’associazione che aggrega oltre 40 strutture ospedaliere private accreditate da Rimini a Piacenza. L’assessore regionale alla Salute Massimo Fabi e il Direttore Generale dell’Assessorato Lorenzo Broccoli hanno comunicato la volontà di revocare in autotutela la delibera di Giunta Regionale n.2133 dell’11.11.2024, relativa alla chiusura del periodo pandemico Covid. Delibera che stabiliva le procedure applicative della precedente delibera di GR n.344/2020 per il calcolo delle indennità e dei ristori spettanti per il periodo pandemico.
Un intervento “inaspettato ed illegittimo”, secondo Aiop Emilia-Romagna, che sollecita un incontro urgente al Presidente regionale Michele De Pascale. “Per tale disponibilità – dice l’Aiop – era stato contrattualmente previsto di erogare un acconto pari all’80% della differenza tra quanto effettivamente fatturato nei mesi in questione e la media mensile di quanto fatturato nel 2019; in sostanza, la mera copertura dei costi di gestione delle strutture private accreditate, a fronte della forzata apertura e nell’impossibilità di poter erogare prestazioni, al di là di quelle poche strettamente consentite”. Per Aiop Emilia-Romagna, il provvedimento della Regione “mette a repentaglio l’intero sistema sanitario regionale e compromette l’affidamento giuridico e sostanziale dei rapporti di collaborazione in essere fra Regione e Strutture Private Accreditate e di conseguenza la sostenibilità del servizio integrato pubblico/privato per la copertura dei bisogni di salute dei cittadini”.
La Regione, da parte sua, precisa che “l’atto firmato nel 2020 prevedeva un prestito di 80 milioni di euro alle strutture sanitarie private per rimanere operative nonostante l’emergenza e fornire un aiuto decisivo nella fornitura di prestazioni, altrimenti forzatamente irrealizzabili a causa dell’emergenza che stava impegnando gli ospedali e la sanità pubblica in una sfida senza precedenti come quella del coronavirus. L’accordo prevedeva la restituzione dell’acconto in termini da concordare, senza oneri aggiuntivi. Nel 2024 una nuova delibera ha fissato il riconoscimento alle stesse strutture private dei costi legati al mantenimento in servizio del personale. Il confronto aperto con il privato prevede appunto di stabilire la reale spettanza di quei riconoscimenti per cui la delibera del 2024 non aveva previsto la necessaria copertura di spesa, diversamente da quanto sostenuto dal privato”, sottolineano nella nota il presidente Michele de Pascale e l’assessore Massimo Fabi.
Inoltre, “il prestito e l’eventuale riconoscimento dei costi non possono andare a compensazione, ma devono rappresentare due diverse voci. A questo proposito e in un’ottica di collaborazione, chiediamo di proseguire il tavolo per un’analisi più approfondita dei costi al fine di raggiungere un’intesa che rispecchi la realtà dei fatti e sia giuridicamente e contabilmente ineccepibile”, aggiungono.
Sulla questione del tetto dei rimborsi per prestazioni sanitarie in mobilità attiva, ovvero di cittadini di altre Regioni che vengono a curarsi in Emilia-Romagna, la Regione spiega che negli scorsi giorni, in un incontro al Ministero dell’Economia e delle Finanze, “è stato ribadito l’obbligo previsto dalla legislazione nazionale di fissare un tetto alle prestazioni rese dalle strutture del privato accreditato a pazienti residenti in altre regioni. Si tratta appunto dei rimborsi che le altre Regioni devono all’Emilia-Romagna per quelle prestazioni richieste dalle loro cittadine e dai loro cittadini che scelgono di venirsi a curare in strutture del privato accreditato emiliano-romagnolo”.
Michele De Pascale e Massimo Fabi spiegano, infine, che “non c’è alcuna volontà di interrompere il corretto rapporto con la sanità privata, rapporto che rappresenta un modello a livello nazionale. Ma di fronte al palese sottofinanziamento nazionale al sistema sanitario, è necessario che tutti prendano consapevolezza della gravità della situazione e facciano la propria parte. Privato accreditato compreso”.
“Il ruolo ausiliario del privato accreditato – ribadiscono – non è in discussione, ma allo stesso tempo non possiamo permetterci- spiegano de Pascale e Fabi- di rimborsare al privato un euro in più di quanto previsto dalla normativa economico finanziaria, perché a rimetterci sarebbero i conti della nostra sanità, già costretta a far fronte ai tagli sistematici al Fondo nazionale. Quindi, come gesto di responsabilità verso gli utenti del servizio pubblico, abbiamo comunicato, fin da maggio, la nostra intenzione di non superare il tetto di rimborsi indicato dalla legge e richiesto come adempimento per la regolarità del bilancio regionale dal Governo”.
“Mettere in sicurezza i conti del servizio sanitario regionale è la nostra priorità – concludono presidente e assessore- e anche per rispetto degli emiliano-romagnoli, ai quali è già stato chiesto un sacrificio con la rimodulazione di alcune leve fiscali legate ai ticket farmaceutici, non intendiamo arretrare di un centimetro. Da un lato continuando a chiedere al Governo un finanziamento adeguato alla sanità pubblica, dall’altro chiedendo a tutti di prendere consapevolezza della situazione e contribuire alla sua salvaguardia”.