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“Vaccini in farmacia? Non lo trovo scandaloso. Ma ora basta con le polemiche, Speranza deve alzare l’asticella, serve una vera riforma della sanità territoriale”. Intervista al segretario di Cittadinanzattiva Antonio Gaudioso

di Luciano Fassari

Il leader dell’associazione segnala come anche in altri paesi europei è il farmacista che somministra l’influenzale ed evidenzia che quest’ultima polemica è solo l’ultima di una serie e per questo è necessario al più presto una seria riforma del territorio. E poi sui progetti per il Recovery Fund: “Ho il timore forte che se non si avrà la possibilità d’intervenire in modo chirurgico modificando l’articolo 117 della Costituzione rischiamo di commettere gli errori del passato”.

09 SET - “Non trovo scandaloso che i farmacisti facciano i vaccini all’interno della farmacia. In altri paesi europei è il farmacista che somministra l’influenzale. Certo, per farlo dovrà essere formato allo scopo di valorizzare le proprie competenze e assumendosi le responsabilità”. A parlare è il segretario di Cittadinanzattiva Antonio Gaudioso che interviene sulla questione che ha visto contrapposti i medici e i farmacisti. Ma in quest’intervista Gaudioso va oltre e segnala anche le priorità per il settore a partire da una riforma della sanità del territorio e dalla modifica del Titolo V della costituzione: “Il federalismo ha dei lati positivi e chi amministra bene deve continuare a farlo. Ma chi non lo fa o non è in grado dev’essere accompagnato senza che cittadini diventino ostaggio della cattiva gestione regionale, cosa che purtroppo è capitata negli ultimi 20 anni”.
 
Dottor Gaudioso, le farmacie si sono proposte di dotare i medici dei loro spazi per effettuare le vaccinazioni antinfluenzali o anche che siano i farmacisti a somministrarle loro stesse ai cittadini. Ma la reazione del mondo medico è stata durissima. Che ne pensa?
Oggi c’è la polemica su chi fa i vaccini, ieri quella del medico scolastico e domani certamente ce ne sarà un’altra. Tutta questa situazione è emblematica dell’esigenza di riordinare il sistema della sanità territoriale, una riforma che non possiamo posticipare. Per questo penso che il Ministero della Salute debba avviare un confronto al più presto coinvolgendo cittadini e operatori.
 
Bene ma sui vaccini in farmacia che ne pensa?
Da parte mia non c’è nessuna obiezione al fatto che i farmacisti possano allargare i loro servizi e penso che anche l’apertura del Ministero alla possibilità di acquistare i test sierologici in farmacia come le proposte di poter distribuire i farmaci innovativi siano tutti aspetti che vanno in questa direzione. Venendo alla sua domanda non trovo scandaloso che i farmacisti facciano i vaccini all’interno della farmacia. In altri paesi europei è il farmacista che somministra l’influenzale. Certo, per farlo dovrà essere formato allo scopo di valorizzare le proprie competenze e assumendosi le responsabilità anche nel caso di reazioni avverse. Sono invece scettico sul fatto che la farmacia sia lo spazio fisico dove altri effettuano le vaccinazioni. Questo non mi convince.
 
Non si rischia di svilire il ruolo del medico di famiglia?
Credo per esempio che la vaccinazione per i malati cronici, i pazienti fragili e per quelle categorie per cui il vaccino è gratuito non possa che essere affidata al medico di famiglia. Ma penso che tutte le persone che non sono nelle categorie protette possono andare dal farmacista, acquistarlo e farsi fare il vaccino. Tutto ciò non credo proprio possa sminuire il valore del medico di famiglia, anzi penso che debba avere un ruolo chiave nel governo della sanità territoriale per orientare i cittadini come una guida nella moltitudine di servizi. Ma anche i medici di famiglia devono alzare l’asticella delle competenze professionali. Penso per esempio alla diagnostica di primo livello negli studi. Essa non dovrà realizzarsi come la mera possibilità di trovare un device in uno studio. Ma il tutto dovrà essere ricompreso in un processo articolato che abbia anche l’obiettivo di decongestionare i servizi ospedalieri, rispondere più velocemente alla domanda di salute e soprattutto ridurre le disuguaglianze. Ma tutto ciò per funzionare dev’essere ricompreso in progetto chiaro e tutti si devono rimettere in gioco.
 
Tornando ai vaccini, avete lanciato una ricognizione per monitorare l’andamento della campagna antinfluenzale. Che timori avete?
Abbiamo molte perplessità. Chiediamo che il processo di approvvigionamento sia reso trasparente, chiediamo quando sono state fatte le gare, quali previsione di quantità e quando le dosi sono state assegnate. Guardi è da aprile che si parla di anticipare la campagna ma a conti fatti dai primi dati che ci arrivano anche in questo caso stiamo vedendo che le regioni si muoveranno in modo diverso tra loro. E non per motivi di strategia ma solo perché i processi sono partiti tardi. Tutto ciò è grave anche perché proprio quest’anno col covid non possiamo permetterci un affollamento degli ospedali per influenza. Insomma, si poteva fare meglio.
 
Non sarebbe il caso di centralizzare gli acquisti?
Una gara a livello nazionale sarebbe una buona cosa. Certo, non si dovrebbe acquistare un unico vaccino ma dovrebbe esserci la possibilità di approvvigionarsi sulla base delle indicazioni e delle esigenze segnalate dalle regioni. Insomma credo che serva un governance più centrale a maggior ragione nell’anno del covid.  
 
In attesa dei fondi europei, come giudica le misure fino a qui messe in campo dal Governo?
Per la prima volta da molti anni, se guardo il Patto per la salute, l’ultima legge bilancio la rimodulazione dei tetti di spesa per il personale anche prima del Covid abbiamo assistito ad una modifica del trend sia a livello di risorse messe in campo sia dell’importanza della sanità nell’agenda politica. Ma la domanda che si fa la persona con un minimo esperienza nel settore è: visto che storicamente le centrali di spesa non hanno brillato per eccellenza e la nostra governance non è così efficiente cosa ci assicura che le risorse possano essere spese al meglio?
Insomma, sicuramente ci sono stati interventi su terapie intensive e sub intensive. Le Usca sono state create ma a macchia di leopardo. Ma in un mondo normale c’è un sistema di accountability per vedere come le risorse sono state usate.
 
E tutto questo non c’è…
No, le faccio l’esempio del miliardo e mezzo messo per la sanità territoriale. Ad oggi non sappiamo come sono andati i piani attuativi delle Regioni.
 
Come giudica le prime proposte del Ministero della Salute per l’accesso ai fondi europei?
Bisogna riconoscere che è stato fatto un lavoro importante fatto anche perché gran parte delle risorse andranno per rafforzare i Lea. Ma ho dei dubbi.
 
Quali?
Il primo è che è per fare un piano c’è bisogno di un governo della complessità che coinvolga i soggetti chiave e li responsabilizzi. Serve un ingaggio di tutto il comparto altrimenti si rischia di mettere i soldi a pioggia. E in questo senso il Ministro Speranza deve alzare l’asticella, coinvolgendo e responsabilizzando tutti quanti. E poi ho il timore forte che se non si avrà la possibilità d’intervenire in modo chirurgico modificando l’articolo 117 della Costituzione rischiamo come dicevo prima di commettere gli errori del passato. Credo che il federalismo abbia dei lati positivi e che chi amministra bene debba continuare a farlo. Ma chi non lo fa o non è in grado dev’essere accompagnato senza che cittadini diventino ostaggio della cattiva gestione regionale, cosa che purtroppo è capitata negli ultimi 20 anni.
 
Luciano Fassari

09 settembre 2020
© Riproduzione riservata

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