La manovra di bilancio 2026-2028 convince poco i sindacati sul fronte della sanità. Nelle audizioni parlamentari, Cgil, Cisl e Uil hanno riconosciuto alcuni segnali positivi, ma hanno anche denunciato la distanza tra gli annunci del Governo e le risorse effettivamente stanziate per il Servizio sanitario nazionale.
Nella sua memoria scritta, la Cisl ha espresso un giudizio misurato ma critico. “L’aumento del Fondo sanitario nazionale – si legge nel documento depositato alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato – rappresenta un passo nella giusta direzione, ma non colma i ritardi accumulati”. Il sindacato guidato da Luigi Sbarra riconosce che il finanziamento aggiuntivo, pari a circa 2,6% del Pil, consente di coprire parte degli aumenti contrattuali e dell’inflazione sanitaria, ma resta “largamente insufficiente rispetto ai bisogni reali del Paese, soprattutto in un contesto demografico di progressivo invecchiamento e di aumento delle cronicità”.
La Cisl chiede che le risorse non siano concentrate solo sul breve periodo ma destinate a un piano pluriennale di rafforzamento del Ssn, con obiettivi chiari: riduzione delle liste d’attesa, stabilizzazione del personale, investimenti nella sanità territoriale e nella digitalizzazione. Particolare attenzione è posta alla carenza di medici e infermieri: “Serve un piano straordinario di assunzioni e una revisione delle borse di specializzazione, perché non si può parlare di efficienza senza garantire presenza e continuità dei servizi”.
Altro punto critico individuato dalla Cisl riguarda la disomogeneità territoriale dell’assistenza. Il sindacato denuncia come “permanga un divario Nord-Sud nei livelli di accesso e qualità delle prestazioni”, e chiede che una quota vincolata delle risorse aggiuntive sia destinata alle Regioni in Piano di rientro per sostenere i servizi essenziali e i fabbisogni di personale.
Infine, il sindacato invita a “incrementare i fondi per la prevenzione, oggi ancora marginali nel bilancio complessivo”, e a prevedere “una governance nazionale più trasparente e condivisa nella programmazione dei fabbisogni sanitari”.
Su un terreno analogo si collocano le critiche della Uil e della Cgil. Per Santo Biondo (Uil), “le risorse restano insufficienti: servono più assunzioni, personale e investimenti. Bene i fondi per gli infermieri, ma vanno resi stabili nei contratti”. Anche la Uil chiede di rafforzare le politiche per la non autosufficienza e per la sanità territoriale, ritenendo che la manovra non garantisca pienamente i diritti dei cittadini.
Ancora più severa la Cgil, con Christian Ferrari che parla esplicitamente di “definanziamento della sanità pubblica”. “Il rapporto tra spesa sanitaria e Pil – ha ricordato – passerà dal 6,15% nel 2026 al 5,93% nel 2028, il livello più basso di sempre: un dato che mette a rischio l’aspettativa di vita delle persone”.