Manovra. 73 parlamentari scrivono a Monti contro la liberalizzazione vendita fascia C con ricetta

Manovra. 73 parlamentari scrivono a Monti contro la liberalizzazione vendita fascia C con ricetta

Manovra. 73 parlamentari scrivono a Monti contro la liberalizzazione vendita fascia C con ricetta
Promotore dell’iniziativa il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri (Pdl), secondo il quale la norma del decreto anti-crisi rappresenta “un segno gravissimo di irragionevolezza che sembra rispondere più a logiche mercatiste e che all’effettivo bene della collettività”. Ecco il testo integrale della lettera.

Un appello al presidente del Consiglio Mario Monti affinché “ripensi” il provvedimento che liberalizza la vendita dei farmaci di fascia C con ricetta. A lanciarlo sono, in una lettera aperta, 73 parlamentari, in gran parte del Pdl, ma anche di Terzo Polo e Io Sud (clicca qui per il testo integrale della lettera e qui per l'elenco dei parlamentari firmatari).
Promotore dell’iniziativa è il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri del Pdl, che spiega: “Questo è il momento della responsabilità e quindi, per il bene del Paese, faremo la nostra parte. Ma è necessario che i forti sacrifici richiesti vengano distribuiti secondo criteri di equità sociale, che siano sostenibili e che abbiano una ricaduta positiva per l’economia e l’occupazione, in particolare dei giovani. Non pare che queste condizioni siano rintracciabili nelle misure relative alla liberalizzazione della vendita dei farmaci”.

“Ci aspettavamo ben altro tipo di liberalizzazioni: quelle che servono davvero al Paese”, aggiunge D’Ambrosio Lettieri secondo il quale “portare la ricetta medica fuori dalla farmacia, così come stabilito nel Decreto ‘salva Italia’ rappresenta invece un segno gravissimo di irragionevolezza che sembra rispondere più a logiche mercatiste e ad interessi particolari che all’effettivo bene della collettività. Nella competizione tra tutela della salute e derive mercatiste, insomma, pare che oggi stia vincendo la lobby del carrello. Presidente Monti, la preghiamo di ripensare il provvedimento. Senza protezionismi e senza premure per nessuno: né per chi pensa di vivere di conserva e di riserva, né per chi è spinto da irricevibili smanie di profitto”.

Nella nota che annuncia la lettera aperta D’Ambrosio Lettieri ricorda, peraltro, che in qualità di segretario della Commissione Sanità del Senato, stava lavorando, insieme alle forze politiche di maggioranza e opposizione, ad un provvedimento di riordino e di ammodernamento del sistema, di cui ricorda i punti salienti: “Più farmacie e con maggiore capillarità, maggiore occupazione con dotazione prefissata e tutele contrattuali, più opportunità per i giovani con la progressione in carriera e competizione professionale, più presenza oraria al servizio delle persone e garanzie di servizio nei piccoli comuni; meno burocrazia nelle procedure concorsuali, meno vincoli amministrativi e nuova remunerazione dell’atto professionale”.

D’Ambrosio Lettieri, insieme ai colleghi parlamentari firmatari della lettera aperta, stigmatizza “lo strapotere di alcuni potentati economici e l’omologazione a proposte politiche peraltro minoritarie finanche nella sinistra. Una storia che si ripete: nella XV Legislatura prevalse la voce del Ministro Bersani su quella del Ministro Turco; oggi, nel Suo Governo, quella del Ministro Passera vince sull'imbarazzato silenzio del Ministro Balduzzi. Il potere economico della grande distribuzione dimostra di avere una convincente  capacità di condizionamento persino sulla Sua prestigiosa  squadra di tecnici che si trasformerebbero in officianti il pietoso rito funebre della farmacia italiana. La concorrenza produce effetti positivi a vantaggio dei cittadini quando entrano in competizione capacità, competenze e intuizioni. Quando a fare la differenza è solo l’abissale differenza di potenziale economico, allora la concorrenza resta solo un bel principio. E a vincere è solo e sempre il più forte, non certo il più capace”.
 
Nella lettera vengono poi illustrati i motivi della “irragionevolezza” del provvedimento adottato dal Governo Monti, “non riscontrabile in nessun Paese al mondo”. I parlamentari che non lo condividono portano a sostegno della loro tesi diversi punti: “Le dinamiche connesse con la produzione e con il consumo non determinerebbero effettivi benefici economici per il Paese  poiché il mercato del farmaco non è espansibile; sarebbe un messaggio culturale sbagliato destinato a banalizzare il valore etico del farmaco; i vantaggi che i cittadini ricaverebbero dalla liberalizzazione dei prezzi dei ‘farmaci etici’ si realizzerebbero egualmente anche senza l'apertura di nuovi canali di vendita; produrrebbe drammatiche conseguenze sul già fragile assetto economico della farmacia italiana con conseguente grave pregiudizio dei livelli occupazionali e con l'irreparabile perdita della capillarità degli esercizi farmaceutici che garantiscono sull'intero territorio nazionale la continuità assistenziale”.

“Chi ritiene che questo settore sia condizionato da privilegi e rendite di posizione – concludono i parlamentari – farebbe bene a consultare gli studi di settore e l’Agenzia delle Entrate per ricevere la conferma di come e quanto la vecchia e opulenta farmacia degli anni settanta si sia progressivamente impoverita fino a produrre l’imminente fallimento di circa 5mila esercizi che grazie alle misure contenute nel decreto Monti, riceveranno ben presto il colpo di grazia”.
 

07 Dicembre 2011

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