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Liste d’attesa. “Le risorse per il recupero ci sono ma le norme non sono applicate”. L’indagine Cimo


Il sindacato sul fondo da 500 mln per ridurre i tempi di attesa per visite e ricoveri: “Solo il 35% delle aziende riconosce al personale sanitario la tariffa oraria prevista dalla Legge e il 15% delle stesse, applica la norma in maniera non conforme”. Quici: “Ancora una volta si ha la percezione che le lungaggini burocratiche impediscano il concreto raggiungimento degli obiettivi di Governo”.

16 NOV - Con Legge 126 del 13 ottobre 2020 (ex dlgs 104/2020) lo Stato ha distribuito alle regioni 478.218.772 euro allo scopo di ridurre le liste di attesa per le prestazioni di ricovero, di specialistica ambulatoriale e di screening non erogate ai cittadini, stante l’emergenza pandemica da COVID. L’utilizzo di tali risorse è stato prorogato al 31 dicembre 2021 e, attualmente, rientra nelle disponibilità delle regioni e, quindi, delle aziende, per retribuire il personale medico e non medico, sotto forma di prestazioni aggiuntive, inclusa l’attività chirurgica.
 
Come sono state utilizzate queste risorse? Hanno sortito l’effetto desiderato? I professionisti sono stati coinvolti? Per rispondere a queste domande, il coordinamento CIMO-LAB ho condotto un’indagine conoscitiva tra i 20 segretari regionali CIMO ed ha accertato che solo il 20% degli stessi è a conoscenza dell’entità residua di tali risorse; che solo il 35% delle aziende riconosce al personale sanitario la tariffa oraria prevista dalla Legge e il 15% delle stesse, applica la norma in maniera non conforme.
 
“Senza voler entrare nel merito delle scelte aziendali” dichiara Cristina Cenci responsabile del coordinamento, “dalla nostra indagine emerge, tuttavia, con chiarezza, l’assenza di trasparenza e informazione sul corretto utilizzo delle risorse, proprio mentre si alza il grido d’allarme dei cittadini e delle associazioni, per i lunghi tempi di attesa delle prestazioni specialistiche ambulatoriali e chirurgiche, stante il mancato aumento dell’offerta sanitaria”.
 
“Ancora una volta si ha la percezione che le lungaggini burocratiche impediscano il concreto raggiungimento degli obiettivi di Governo” commenta Guido Quici, Presidente della Federazione CIMO-FESMED “tanto che, per alcune regioni, le attività sanitarie aggiuntive, sono state avviate nel corrente mese di novembre, il che impedisce di fatto, il completo utilizzo dei fondi”.
 
“Non vorremmo, a questo punto, che a qualche decisore politico “illuminato” venga nuovamente l’idea di fronteggiare il problema delle liste d’attesa bloccando l’attività libero professionale del medico, provvedimento del tutto influente e demagogico, ma chiaro segnale di non voler utilizzare queste risorse per aiutare i cittadini” conclude Quici.
 
E’ intenzione, quindi, della Federazione CIMO-FESMED, di chiedere accesso agli atti presso le singole regioni/aziende, per conoscere le modalità di assegnazione e gli eventuali residui, anche in considerazione del fatto che occorre definire una ulteriore proroga, per consentire il pieno utilizzo delle risorse, a favore di chi attende da troppo tempo.

16 novembre 2021
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