Il Coordinamento Nazionale degli Psicologi Direttori di Struttura Complessa del Servizio Sanitario Nazionale ha preso posizione ufficiale in merito al nuovo Piano di Azioni Nazionale per la Salute Mentale, in attesa di approvazione da parte della Conferenza Stato-Regioni. Una nota articolata, già trasmessa a tutte le istituzioni – Tavolo Tecnico per la Salute Mentale, Ministro della Salute, Presidente della Conferenza Stato Regioni – sottolinea apprezzamenti, ma soprattutto criticità e proposte migliorative.
Apprezzamenti per l’impianto teorico, ma critiche sul ruolo marginale degli psicologi. Il Coordinamento riconosce con favore l’approccio teorico ispirato al modello biopsicosociale e alla logica One Health, ma avverte: il rischio è che la nuova formula “One Mental Health” finisca per concentrare tutto nei Dipartimenti di Salute Mentale e nella psichiatria, oscurando il contributo di altri ambiti professionali e settori cruciali.
“Ogni cittadino – si legge nella nota – deve avere accesso a risposte efficaci lungo tutto l’arco di vita. Ma ciò è possibile solo se si costruisce un sistema davvero integrato, fondato su reti territoriali e logiche di prevenzione precoce”.
Tre capitoli sotto la lente: prevenzione, età evolutiva, area penale Il Coordinamento focalizza le osservazioni su tre ambiti principali del Piano.
Promozione e prevenzione della salute mentale. La richiesta è chiara: uscire dai confini dei DSM e attivare interventi nei luoghi di vita (scuola, lavoro, comunità). Si chiede la collocazione dello psicologo delle cure primarie nei servizi distrettuali, in collaborazione con MMG e pediatri, e il pieno riconoscimento dei consultori familiari come presidi centrali per la promozione della salute.
Si sottolinea inoltre l’assenza nel Piano della sofferenza psichica correlata a gravi malattie organiche o disabilità, che non può essere ricondotta automaticamente alla psichiatria.
Età evolutiva e transizione Il Coordinamento boccia la denominazione “Neuropsichiatria dell’Infanzia e Adolescenza”, giudicata riduttiva, e propone l’uso di “Salute Mentale dell’Età Evolutiva” per rappresentare meglio il lavoro multiprofessionale svolto nei servizi.
Si denuncia la carenza di posti letto per le acuzie in età adolescenziale e si propone la creazione in ogni ASL di un servizio a bassa soglia per la fascia 14-25 anni, non vincolato al tipo di patologia, ma orientato all’età e con funzioni di ascolto e valutazione.
Salute mentale in carcere e misura di sicurezza Apprezzamento per la proposta di rafforzare le Articolazioni per la Salute Mentale in carcere, ma netta la posizione sulla necessità di separare la cura dalla custodia: agli operatori sanitari deve essere affidata solo la presa in carico terapeutica, con l’abolizione della “posizione di garanzia” che espone gli operatori a responsabilità penali improprie.
Viene inoltre suggerita la creazione di moduli terapeutici contenitivi in carcere per i casi più complessi, e di residenze protette a bassa intensità (8-10 posti) per pazienti autori di reato collaborativi alla cura.
Le richieste strutturali: 5% del FSN alla salute mentale e attuazione della legge 176/2020 Il Coordinamento rilancia poi due richieste strategiche: destinare almeno il 5% del Fondo Sanitario Nazionale alla salute mentale, come già previsto dalla Conferenza Unificata nel 2001 ma mai attuato; e applicare in tutte le Regioni la legge n. 176 del 2020, che istituisce la Funzione Aziendale di Psicologia, fondamentale per raccordare approccio One Health e servizi specialistici.
“Servono investimenti, riforme normative, riconoscimenti professionali e una regia strategica che veda nella psicologia un attore centrale, non accessorio”, scrivono i Direttori che ribadiscono il loro impegno nel vigilare sul percorso del Piano e auspicano un confronto costruttivo con tutte le istituzioni coinvolte per tradurre in realtà un cambiamento atteso da tempo.