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Dalla Consensus Conference infermieristica Fnopi compromessi fin troppo al ribasso

di Walter De Caro

03 MAR -

Gentile direttore,
ho letto il documento della FNOPI “Consensus Conference” pubblicato meritoriamente da Quotidiano Sanità. Proprio per contribuire al dibattito professionale, esprimo di seguito, alcune note sul documento di consenso - in dissenso - con qualche briosità di troppo, di cui mi scuso in anticipo.

Tale documento, a mio parere, pur se in qualche aspetto condivisibile, presenta taluni limiti di chiarezza, di consistenza, di vision, di sostenibilità. Sono presenti compromessi al ribasso e nebulosità, tali da auspicare, un disegno diverso e ben più coraggioso.

Il documento, elaborato da tre Gruppi di lavoro condotti da referenti della FNOPI, oltre ad un panel di giuria multidisciplinare, analizza diverse aree; pur se in alcuni punti, cita dati internazionali, sembra non tener conto delle strategie europee ed internazionali, peraltro, facilmente rintracciabili anche in QS e tradotti in italiano da CNAI.

Partendo dalla docenza infermieristica, uno dei GdL indica di chiedere alle Università che uno dei docenti sia obbligatoriamente un Professore di ruolo/Ricercatore MED/45; il Panel di Giuria indica, al ribasso, come accettabile “l’incremento del numero di docenti universitari infermieri di ruolo sufficiente a non impattare negativamente sugli altri corsi di laurea attualmente attivi”. Personalmente ho potuto frequentare Università in altri Paesi: non credo che l’ambizione di sviluppo possa fermarsi al singolo docente di ruolo per corso, o anche meno – per non “impattare negativamente sui altri corsi”. Quali sono questi corsi? Quelli delle Facoltà Mediche (oltre 9000 medici, contro circa 60 infermieri)? In altri Paesi, l’infermieristica ha dignità di Facoltà/Scuola/Dipartimento autonomo, i docenti sono - come ovvio - decine per corso e soprattutto l’area disciplinare infermieristica non è rinchiusa in un unico settore.

Nessuna parola o quasi, poi sugli oltre 5000 docenti (a contratto/in convenzione SSN/SSR) che garantiscono da sempre la direzione e buona parte della docenza dei corsi. Ove si voglia preservare l’attuale sistema formativo misto (accademico e del SSR/aziendale) al potenziamento accademico ed al mutamento dei meccanismi regolatori tra Istituzioni, va senza dubbio aggiunta la valorizzazione contrattuale/funzionale di tale personale che spesso si trova a fare docenza “gratis”, con pochi diritti e scarso supporto.

Un altro passaggio confuso è quello dell’identificazione dei livelli di competenze infermieristiche e del modello degli assi di sviluppo. Vengono spesso usati come sinonimi termini che sinonimi non sono (specialistiche/avanzate/distintive) e questo vale anche per il task shifting/task evolution, cosa ben diversa dalla pratica infermieristica avanzata.

Parlare a poche righe di distanza di “sviluppo di competenze avanzate gestionali e cliniche” poi prevedere per le stesse figure “competenze specialistiche acquisibili con livelli formativi differenziati (aziendali, regionali e/o universitari)”, introducendo una sorta di anomalo federalismo formativo, e poi ancora indicando che “L’infermiere magistrale eserciterà con competenza e conoscenze specialistiche”, porta confusione. Merita riflessione anche la modalità con cui è trattata la questione infermieristica pediatrica.

Tali affermazioni sono in controtendenza rispetto alla matrice professionale (infermiere generalista, infermiere specialistica, infermiere di pratica avanzata) + (figure di supporto) della Federazione Europea degli Infermieri (EFN) e delle Linee guida dell’ICN.

Nel merito, la modifica alla Laurea magistrale, declinata in sei percorsi specialistici clinici (presi dal D.M. del 1994 e poco attualizzati) appare ben poco conforme allo sviluppo della componente autonoma, con prescrizione (sebbene citata, ma in forma subordinata), tipica di un Infermiere di pratica avanzata (all’estero con Master Degree biennale) che non è principalmente legata a specialità, ma un livello più esteso ed ampliato di esercizio professionale.

Allo stesso tempo, il titolo per l’esercizio della funzione di Coordinatore (in atto Master di 1° livello e prima AFD) viene spostato a livello di Laurea Magistrale (LM).

Orbene, sembra che per esercitare quale Coordinatore, per le funzioni elevata professionalità / per gli incarichi organizzativi, per la dirigenza e anche per le competenze cliniche specialistiche il possesso di un solo titolo - parcellizzato - come in premessa, la laurea magistrale ad indirizzi, trasformato in ibrido a metà tra clinica e organizzazione.

Tale disegno davvero è in linea con i bisogni dei cittadini? Tale parcellizzazione (dovrebbe essere secondaria rispetto al cambio di livello/abilitazione) è sostenibile in termini di docenza, di collocazione nelle organizzazioni o in una prospettiva di mobilità europea?

Rispetto alle Scuola di specialità interprofessionali - in un’area di indirizzo affine a quella conseguita con la LM (indicata per le Cure Palliative, Medicina preventiva., etc.) non paiono in linea con quanto avviene tipicamente per la professione infermieristica, cioè sviluppare livelli dottorali specifici per le funzioni di leadership clinica (ad esempio per la Direzione degli Ospedali di Comunità).

Resta, quindi, poco chiaro l’ambito di esercizio e il livello atteso da queste Scuole, fermo restando che la pratica infermieristica avanzata è generalmente esercitata con la LM e abilitazione differenziata.

Non si trovano invece cenni rispetto alla definizione degli standard di competenze dell’infermiere di assistenza infermieristica generale, (in Italia, formato in 3 anni, anziché 4 (Bachelor in Nursing Science, a parità di ore di studio). Questi sono necessari per garantire omogeneità e qualità nella formazione di 1° livello ma anche per definire e distinguere con chiarezza i livelli di competenza ed ambiti di esercizio specialistici ed avanzati.

Lo stesso vale per l’attuale figura di OSS. La situzione va valutata con attenzione. Si propone uno strano maquillage al nome, l’istituzione di un registro gestito dall’Ordine (!) e un richiamo alla dipendenza dagli infermieri. Il piano inclinato volto ad attribuire funzioni infermieristiche - a personale che infermiere non è -, appare evidente, con le ovvie ricadute negative sugli outcomes di salute e sulla numerosità della professione intera.

Infine, oltre alla questione “prestazioni”, che merita approfondimento, mi ha colpito il ritenere “non ancora maturi i tempi per l’adozione di sistemi maggiormente avanzati (tassonomie professionali)”, come la Classificazione ICNP già presente in italiano. Ritengo, per converso, che gli infermieri, e le organizzazioni, siano capaci e pienamente in grado di dar luogo alla svolta digitale.

Concludendo, questo documento è la plastica dimostrazione della necessità di sviluppare innovativi meccanismi di co-creazione delle policy da parte di Associazioni/Sindacati/Enti Regolatori e mondo politico- istituzionale, e del bisogno di seguire quanto già delineato – virtuosamente - dalle organizzazioni europee ed internazionali.

Troppo tempo si è perso e ben poco si è concretizzato, con le logiche di sistema finora seguite. È giunto invece il momento di sviluppare un futuro più luminoso per la salute, trasformando gli infermieri da invisibili a inestimabili agli occhi dei politici, dei cittadini e di tutti coloro che prendono decisioni relative all’erogazione e il finanziamento dell'assistenza sanitaria.

Walter De Caro

Presidente Nazionale CNAI
Executive Board Member EFNNMA



03 marzo 2023
© Riproduzione riservata

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