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Ma perché l’Agenas ha trasformato (sbagliando) il PNE nel campionato italiano degli Ospedali?

di Claudio Maria Maffei

27 OTT -

Gentile direttore,
sono rimasto basito nel vedere trasformata la presentazione dei dati del Programma Nazionale Esiti (PNE) 2023 coi dati 2022 in un vero e proprio Campionato degli Ospedali italiani, con tanto di classifica generale e classifiche speciali (per area clinica). Questo è quello che si ricava dalla lettura del servizio dell’ANSA, del Corriere della Sera, del 24 Salute Sanità, di Sky TG 24 e mi fermo qui perché l’elenco sarebbe lunghissimo. Per fortuna ancora una volta Quotidiano Sanità si è distinto positivamente offrendo una valutazione più ampia dei risultati del PNE.

Questo modo di presentare i dati del PNE è meritevole di essere discusso tanto più se a farlo è un organismo autorevole come l’Agenas. Mi limito a ricordare che fino a due anni fa nella home del PNE figurava la dicitura” PNE non produce classifiche, graduatorie, giudizi”, dicitura sopravvissuta anche in qualche pagina dei siti ministeriali come questa e questa. Avevo già criticato lo scorso anno qui su QS questa inversione di rotta, ma quest’anno trovo la scelta ancor più sconcertante perché ormai esplicita e istituzionalizzata. Il Direttore dell’Agenas Domenico Mantoan ha infatti affermato come si legge su Qs che “è passato il tempo di non fare classifiche” e ha indicato le migliori performance con al primo posto e al secondo posto, per il secondo anno consecutivo, l’Humanitas di Rozzano e l’Ao delle Marche di Ancona. Questa scelta di fare classifiche sarebbe giustificata dal fatto che “ grazie all’utilizzo sempre più accurato del treemap – la modalità sintetica che attraverso indicatori di volume, processo ed esito consente di evidenziare le criticità delle realtà assistenziali per singola struttura – oggi è possibile farsi un’idea ben precisa delle strutture dove poter ricevere performance di eccellenza.”


La posizione di Mantoan trova conforto anche in quella di Enrico Coscioni, Presidente Agenas che, come riportato ieri su Qs, vede nel PNE” uno strumento fondamentale di governo del Ssn che permette di far emergere le criticità assistenziali e individuare puntuali strategie correttive attraverso un approccio ‘orientato al servizio’, volto a mettere a disposizione delle singole strutture il supporto e le competenze per sviluppare azioni di miglioramento da implementare nei singoli contesti.” Il punto fondamentale che caratterizza questo nuovo approccio dell’Agenas al PNE è il focus tutto sulla singola struttura in una logica di competizione su cui vale la pena di riflettere.

Le mie perplessità nascono da tre diversi ordini di motivi: il primo riguarda la validità del treemap come strumento di riconoscimento dell’eccellenza assistenziale, il secondo riguarda la scelta di valutare le singole strutture e non le reti in cui le singole strutture sono inserite e la terza riguarda l’enfasi sulla assistenza ospedaliera ad evidente scapito di quella territoriale. Provo a chiarire il mio punto di vista.

Partiamo dalla validità del treemap. Finchè lo si usa per identificare aree di criticità va bene, ma per fare delle classifiche va molto meno bene. Per non sforzarmi troppo riprendo con qualche modifica le considerazioni che avevo fatto anche lo scorso anno:

- ci sono aree molto significative di attività come quella di tipo internistico-geriatrico che non sono coperte dagli indicatori del treemap pur rappresentando una parte consistentissima della casistica della stragrande maggioranza degli ospedali;

- ci sono tipologie di interventi/attività poco rappresentativi della casistica delle discipline più interessate. Si pensi alla pneumologia “misurata” con la sola mortalità a 30 giorni per BPCO riacutizzata o la chirurgia generale valutata in base al solo dato della durata della degenza negli interventi di colecistectomia laparoscopica.

Ancor più importante è la seconda questione relativa al fatto che se la tendenza sul piano programmatorio e organizzativo (quello del DM 70 per capirci) è quella di puntare sulle reti cliniche e più in generale su un modello di offerta ospedaliera fortemente integrato a livello regionale che senso ha questa enfasi sulla sola eccellenza della singola struttura? Lo sforzo dovrebbe essere quello di valutare anche all’interno del PNE le reti regionali oltre che le singole strutture, ma nella presentazione del PNE, che pure offre tanti spunti, mi pare di aver visto molto poco al riguardo. Ad esempio, la qualità delle reti ospedaliere regionali potrebbe essere monitorata in base ai dati sui tempi di attesa delle prestazioni chirurgiche di Classe A e ai dati dei flussi di mobilità, che sono monitorati dall’Agenas a parte e che invece potrebbero essere letti congiuntamente a quelli del PNE.

Anche sul terzo punto mi ripeto: già l’anno scorso avevo proposto qua su Qs una analoga classifica dei migliori Distretti e (aggiungo stavolta) dei migliori Dipartimenti di Prevenzione. Le pagelle ai soli ospedali sono un rilancio della loro centralità quando tutti o quasi a parole sosteniamo che oggi è sul territorio che si difende la salute del cittadino.

In sostanza questa evoluzione del PNE mi sembra piuttosto una involuzione, buona per i giornali, ma molto meno buona per far crescere una sana cultura di sanità pubblica tra cittadini, operatori e politici.

PS. Sono entusiasta della conferma del principale Ospedale della mia città, Ancona, come miglior ospedale pubblico d’Italia. Avendoci fatto tanto tempo fa anche il Direttore Sanitario sarei portato a sentire anche mia questa bella pagella. Ma gli enormi problemi di funzionamento di questo Ospedale legati innanzitutto alle forti carenze di personale (liste di attesa e sottoutilizzo delle potenzialità della struttura in primis) mi fanno sentire quella classifica un po’ avulsa dalla realtà. Ma certamente la politica saprà farne buon uso, anzi lo ha già fatto.

Claudio Maria Maffei
Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche



27 ottobre 2023
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