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Lombalgia, fisioterapisti altamente qualificati per valutarla e gestirla

di Melania Salina

07 AGO - Gentile Direttore,
un recente articolo pubblicato su Quotidiano Sanità mette in discussione l’efficacia di un accesso diretto del paziente alle prestazioni fisioterapiche senza una diagnosi preliminare da parte di un medico fisiatra. Tuttavia, diverse evidenze scientifiche dimostrano che i fisioterapisti sono altamente qualificati per valutare e gestire le condizioni di lombalgia, contribuendo efficacemente alla riduzione delle liste d'attesa e migliorando l’accesso alle cure per i pazienti: l’approccio diretto consente interventi tempestivi, riducendo il rischio di cronicizzazione e migliorando la qualità della vita dei pazienti.

Confermo, quindi, quanto affermato nella mia recente intervista, e rilancio convintamente sul tema: una revisione sistematica pubblicata su "Physical Therapy" ha evidenziato che i pazienti che accedono direttamente ai fisioterapisti riportano risultati clinici comparabili, se non migliori, rispetto a quelli che seguono il percorso tradizionale tramite il medico. Inoltre, uno studio su "Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy" ha evidenziato una riduzione dei costi e dei tempi di recupero per i pazienti che accedono direttamente ai servizi di fisioterapia.

È anche importante sottolineare che l’accesso diretto ai fisioterapisti non esclude in alcun modo la collaborazione con i medici. I fisioterapisti lavorano in stretta collaborazione con i medici di base e altri specialisti per garantire una gestione completa e sicura del paziente, e in presenza di segnali d’allarme o di condizioni che richiedono un intervento specialistico, i fisioterapisti sono formati per riferire prontamente il paziente al medico appropriato.

Le considerazioni proposte da una associazione di categoria privata, con buona pace delle norme degli ultimi vent’anni, purtroppo ripropongono argomentazioni ben note, e puntano a riaffermare la trita e ritrita versione che vorrebbe il fisioterapista incapace di operare in maniera autonoma, mero esecutore di quanto prescritto e incapace di svolgere procedure di valutazione funzionale al fine di definire in autonomia il programma fisioterapico, di cui è, e rimane, l’unico responsabile.

Contrariamente a quanto affermato nel citato articolo, giova ricordare che i fisioterapisti ricevono una formazione approfondita in anatomia, fisiologia e patologia muscoloscheletrica. La formazione, oltre al percorso triennale, prevede un biennio di laurea Magistrale, oltre a numerosi Master di specializzazione, quindi 5 o 6 anni minimi di studi universitari. Accanto a ciò, a riprova che la scienza della fisioterapia non solo esiste, ma è in ottima salute e in grado di tracciare linee di ricerca di estremo interesse per il mondo della riabilitazione, è bene sottolineare che la componente accademica della professione sta crescendo in maniera importante anche in Italia, raggiungendo punte di vera eccellenza nel mondo scientifico, raggiungendo indici bibliometrici impensabili persino per alcune specialità mediche.

Non è mia intenzione spingermi oltre nel commentare le dichiarazioni a firma di una rappresentante della categoria dei fisiatri, se non per ricordare che gli Ordini dei Fisioterapisti, e la relativa Federazione nazionale, enti pubblici sussidiari dello Stato, operano in costante e proficuo confronto con le altre Federazioni nazionali, compresa quella dei medici, nonché con il Ministero vigilante, per la tutela della salute dei cittadini e per il bene pubblico.

Posto, quindi, che la letteratura internazionale testimonia in maniera inconfutabile che l’accesso diretto alle prestazioni fisioterapiche rappresenta una soluzione efficace per la gestione della lombalgia (riducendo le liste d'attesa e migliorando l'accesso alle cure) e che le competenze e la formazione dei fisioterapisti li rendono professionisti qualificati per valutare e trattare il mal di schiena in modo sicuro ed efficiente, chiedo se non sia arrivato il momento, anche in questo Paese, di affrontare, come la dott.ssa Ottaviani auspica, con “rigore e serietà professionale” questioni come la collaborazione tra professionisti, l’attenzione alla appropriatezza delle prestazioni, e, in ultima analisi, la sostenibilità del sistema sanitario, nell’interesse dei cittadini e non delle consorterie di turno.

Cominciare a promuovere politiche che favoriscano l’accesso diretto ai servizi di fisioterapia, garantendo al contempo una collaborazione multidisciplinare per il benessere complessivo dei pazienti, sarebbe proprio un bell’inizio.

Dott.ssa Melania Salina
Presidente Ordine Fisioterapisti FVG
Vicepresidente FNOFI

Fonti
1.⁠ ⁠World Confederation for Physical Therapy (WCPT).
2.⁠ ⁠Ojha, H. A., Snyder, R. S., & Davenport, T. E. (2014). Direct access compared with referred physical therapy episodes of care: a systematic review. Physical Therapy, 94(1), 14-30.
3.⁠ ⁠Moore, J. H., & McMillian, D. J. (2020). The effectiveness of direct access to physical therapy in the treatment of musculoskeletal disorders: a meta-analysis. Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy, 50(5), 252-259.
4.⁠ ⁠American Physical Therapy Association (APTA). "Clinical Practice Guidelines for Low Back Pain."
5. Maher, C., Underwood, M., & Buchbinder, R. (2017). Non-specific low back pain. The Lancet, 389(10070), 736-747.
6. Foster, N. E., et al. (2018). Prevention and treatment of low back pain: evidence, challenges, and promising directions.

07 agosto 2024
© Riproduzione riservata

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