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Manovra e partecipazione dei pazienti, bene ma con qualcosa da cambiare

di Teresa Petrangolini

29 NOV -

Gentile direttore,
negli ultimi mesi qualcosa sta avvenendo per rispondere alla richiesta delle associazioni dei pazienti e dei cittadini di essere coinvolti nei percorsi istituzionali di decision making sanitario. Una spinta viene sicuramente dalla prossima entrata in vigore a gennaio 2025 del Regolamento UE sull’ Health Technology assessment che dà grande spazio al “patient involvement”, già esso uno strumento operativo – senza necessità di leggi specifiche - per coinvolgere i cittadini, i pazienti, i consumatori.

È comunque significativo l’emendamento presentato da un numeroso gruppo di parlamentari – prima firmataria l’on. Vanessa Cattoi con altri 40 parlamentari di tutti gli schieramenti politici - che propongono di inserire nella legge di bilancio un articolo, il 49 bis, che tratta della “Disciplina della partecipazione delle associazioni di pazienti e delle organizzazioni di cittadini ai processi decisionali pubblici in materia di salute”. Esso riassume i contenuti di un disegno di legge del 2023, a firma degli stessi parlamentari nella medesima materia ed è un modo per dare una accelerazione a quanto previsto. Si tratta di un bel passo in avanti perché si prevede in modo abbastanza perentorio il compito assegnato al Ministero della Salute e ad AIFA di garantire la presenza delle associazioni in tavoli e momenti istituzionali con l’indicazione di tempi e regole.

Ci sono però almeno tre punti da migliorare per rendere la proposta maggiormente conforme alle esigenze di partecipazione civica dei pazienti. Il rischio sennò è quello di aver proposto una bella cosa, che può incepparsi in fase applicativa o che escluda molti dai suoi beneficiari.


Il primo cambiamento necessario riguarda i criteri di accreditamento per essere “abilitati” a partecipare. Nell’emendamento si indica che l’associazione deve avere almeno 10 anni di vita. Un margine così ampio può escludere molte realtà che sono nate più recentemente e hanno tutte le carte in regola per essere convocate e poter dialogare. Forse basterebbe indicare 3 anni come già previsto in molte altre norme del settore, soprattutto considerando che con il Codice del Terzo Settore del 2017 molte organizzazioni hanno dovuto quasi rifondarsi per adeguarsi alle nuove regole.

Il secondo cambiamento riguarda la previsione di un Registro specifico presso il Ministero della Salute per le associazioni accreditate. C’è già il Registro del Terzo Settore, abbastanza rigido sui criteri di inclusione, prevederne un altro può creare sovrapposizione e appesantimento. Nell’Atto di indirizzo ministeriale del 2022, riguardante le modalità di partecipazione ai processi decisionali del Ministero della Salute da parte delle associazioni dei pazienti o organizzazioni, si prevede la costituzione di un elenco pubblico, aperto e aggiornabile, strumento molto più agile rispetto a un Registro. Perché non basarsi su un testo che già c’è e che è stato largamente discusso presso il Ministero e con le associazioni?

Il terzo punto problematico riguarda la dichiarazione del conflitto di interessi da parte dei rappresentanti che partecipano a tavoli e commissioni. Normalmente negli organismi internazionali, ma anche nei percorsi partecipativi già operativi in alcune regioni, si prevede la cosiddetta “disclosure”, vale a dire la dichiarazione circa la presenza di possibili conflitti di interesse. Nella norma invece si indica un criterio molto più rigido, vale a dire la sottoscrizione di un testo in cui si dichiara di non averne, pena la non partecipazione a tavolo o gruppo di lavoro. Penso sia meglio adeguarsi alle norme già esistenti, lasciando decidere alle amministrazioni se la condizione del rappresentante dell’associazione, esplicitata in modo trasparente, è incompatibile con il suo ruolo di interlocutore dell’amministrazione stessa e quindi quale peso dare alla sua dichiarazione.

Molte associazioni, pur plaudendo all’iniziativa dei parlamentari, stanno richiedendo queste modifiche, che è possibile apportare tramite un subemendamento del primo firmatario o del Governo stesso. C’è da augurarsi che questo avvenga perché rappresenterebbe un segnale di ascolto e di volontà di dialogo, finalizzato a una maggiore integrazione con esigenze dei cittadini e dei pazienti. Questo dialogo è oggi essenziale per “reggere” le sfide di fronte alle quali si trova il Servizio Sanitario Nazionale, di sostenibilità, di innovazione e di equo accesso alle cure.

Teresa Petrangolini
Direttore del Patient Advocacy Lab di ALTEMS
Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma



29 novembre 2024
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