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Perché restare nel Ssn, il ruolo della Medicina Interna oggi

di Antonino Mazzone

05 FEB -

Gentile direttore,
in relazione al dibattito ormai continuamente presente su queste pagine, spero di portare il mio contributo e la mia esperienza perché è giusto restare nel sevizio sanitario pubblico. La Medicina Interna, presente in tutti gli ospedali, ha contribuito ad affrontare il covid con grandi competenze e sacrifici, ed oggi nel silenzio generale, la sua presenza in tutti i nosocomi è il valore aggiunto nella cura dei malati.

Tutti i giorni ricovera oltre 80% delle persone che arrivano in PS, con problematiche complesse polipatologie, in polifarmacoterapia spesso molto anziani. Oltre questo, partecipa attivamente alle guardie dei PS, visto i limiti delle medicine d’Urgenze, non più frequentati da un numero sufficienti di medici. Dunque contribuisce in maniera decisiva al buon funzionamento della sanità pubblica. Spesso i Medici Internisti sono stanchi di tutte le attività che devono svolgere, ma sono sempre ottimisti e fiduciosi che la situazione possa essere gestita e migliorare. Dal punto di vista etico, nonostante le storture ed i disagi, nella nostra quotidianità i problemi veri sono quelli delle persone, pazienti che arrivano al PS, e non i nostri che ci lavoriamo e se anche pagati poco, dobbiamo avere la forza di ascoltare curare dare speranze, anche quando il tempo sembra finito.


Circa un anno fa, avevo coniato il termine “Presa in Scarico”, in una lettera a questo stesso giornale, per cercare di combattere questa disfunzione del sistema, ed evitare alcune storture organizzative, nella speranza che il paziente sia al centro davvero dell’interesse del Ssn. Purtroppo non è cosi, e come diceva un bellissimo lavoro del New England of Medicine di qualche anno fa, il “Paziente non è al centro di niente” sarebbe ora di smetterla con questa retorica. Intanto si cerca di curare la malattia e non il malato, e lo specialista che si intende di un pezzo dell’organismo umano, tratta il malato come se quel pezzo non fosse parte di nessuno. Cosi tutti si scelgono i malati o meglio le malattie che curano e nessuno sceglie il paziente, cosi i casi complessi difficili non li vuole nessuno, e sono ricoverati tutti in Medicina Interna. Nella lettera a quotidiano sanità un anno fa, avevo sostenuto appunto “ la presa in scarico”.

Non è cambiato niente e spesso il paziente non è di nessuno, ed in PS si susseguono una serie di specialisti, che piuttosto che farsi carico ed assumersi le responsabilità cliniche scaricano ad altro specialista, in un lavoro non recentissimo di JAMA, tutto questo è definito come la sindrome di Ulisse. Ogni singolo specialista, soprattutto nella complessità delle varie patologie, declina ogni responsabilità clinica ad un altro con artefizi spesso al limite dell’etica medica e del giuramento di Ippocrate.

Perché dico di restare, perché l’anima del SSn è curare tutti ed un medico Internista cura tutti, non scarica nessuno, anche quando i problemi sociali sono spesso predominanti rispetto ai problemi clinici. La bellissima Gioli nella fiction doc, dice “la Medicina Interna è il cervello dell’Ospedale, qui si decide la cura dei pazienti, ma mai nessun esame ti dira’ la diagnosi al di la’ di ogni ragionevole dubbio. La prendi troppo in fretta il paziente muore, aspetti troppo il paziente muore, bisogna avere competenze per prendere le decisioni giuste al momento giusto “.

Per non restare sul generico, vi racconto delle storie vere, che giustificano perché dovrà esserci un SSN pubblico che curi tutti ricchi e poveri, cattolici, ebrei, mussulmani, delinquenti e giudici, questa è la storia di una paziente esempio di vero episodio di presa in scarico. Giovane donna, 43 anni in gravi condizioni con aplasia midollare, febbre, attivazione della coagulazione, pregressa malattia infiammatoria intestinale. Inizia il percorso al PS per febbre di origine sconosciuta ed aplasia midollare. La paziente viene vista dall’infettivologo, per febbre risposta non di pertinenza, dall’epatologo e gastroenterologo non di pertinenza viene chiamato anche l’intensivista, non necessaria terapia intensiva, il nefrologo non necessita di terapie nefrologiche, in ultimo viene vista dall’ ematologo non di pertinenza, nonostante l’aplasia midollare, ma il PS la ricovera in ematologia.

Questa è proprio la presa in scarico, dopo due giorni di ricovero in ematologia per pancitopenia febbrile chiedono il trasferimento in medicina interna perché non ha la leucemia. Infatti come sostenevo in ultima analisi a furia di presa in scarico, arriva ricoverata in Medicina Interna. Qui si fa diagnosi, la paziente rimane oltre due mesi, ed in questi mesi vengono effettuate le terapie più innovative per la Sindrome di Attivazione Macrofagica, tra tutte viene richiesto un farmaco che non approvato in Europa solo approvato da FDA, emapalumab, che otteniamo per uso compassionevole, specifico anti interferon gamma, e salviamo la vita della paziente. Quale struttura privata avrebbe permesso tutto questo, un ricovero di 90 giorni farmaci da 15000 euro a fiala ed una degenza cosi lunga, sarebbe definita antieconomica, infatti le strutture private si scelgono i pazienti più remunerativi, “Povero Ippocrate”. Mi viene in mente il grande Cardinal Martini, che in tempi non sospetti diceva “Il paziente non è un cliente, l’Ospedale non è una azienda, e la sanità è al di fuori del mercato”.

Ho lavorato solo in grandi Ospedali pubblici che mi hanno permesso di curare e utilizzare anche terapie costosissime, come il ravulizumab che per primi abbiamo introdotto in Italia, per curare una malattia rara. In ultimo siamo stati ancor i primi in Italia, ad usare un microinfusore per la terapia del Diabete di tipo 1, un microinfusore senza aghi come un pancreas artificiale che colloquia con un sensore, ed infonde insulina in base alla glicemia semplicemente sostituendo ogni tre giorni, la quantità globale di insulina che serve. Queste tre straordinarie esperienze degli ultimi tre anni, riempiono la vita e l’animo di tutti i giovani Medici Internisti, che continuano a chiedere di venire a lavorare nel nostro Ospedale, in un momento in cui i concorsi da altre parti vanno deserti.

Si la vita professionale è fatta di burocrazia, di rapporti con Manager e simil manager, che spesso disconoscono gli elementi di base. Ne avevo conosciuto uno, che sosteneva, che la Medicina Interna non serviva a niente, che il paziente quando arrivava al PS era del cardiologo del neurologo del pneumologo.. e cosi via. Non aveva nemmeno letto, che la Medicina Interna è il primo reparto di ricovero, di questo paese, con circa un milione di ricoveri, perché gli specialisti continuano a fare la presa in scarico, e la complessità clinica la si può gestire soltanto in questo ambito. Pazienza, i manager passano, noi medici internisti restiamo e curiamo tutti. Forse prima di lasciare un lavoro cosi bello, incredibilmente affascinante e remunerativo eticamente ed umanamente, sarebbe opportuno selezionare una classe dirigente delle aziende sanitarie, all’altezza e competenti. La professione medica è potenzialmente una delle professioni più belle ma psicologicamente impegnativa. I motivi sono: lo scenario di dolore, sofferenza e morte che il medico si trova ad affrontare, i numerosi conflitti, le lotte gerarchiche, persino il mobbing, le condizioni di lavoro generali come la burocrazia e l'economizzazione.

Per alcuni è scritto nel destino, per altri è una tradizione di famiglia. Altri ancora hanno scoperto una vocazione, mentre su alcuni il corpo umano e il suo funzionamento esercita un fascino irresistibile sin da quando erano bambini. Dal codice deontologico. Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace come in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. La salute è intesa nell'accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona, questo lo puoi fare con un SSN pubblico nel rispetto dell’art.32 della Costituzione italiana, il resto per chi ha deciso di fare questa professione vale poco, sono rimasto e resterò sempre convinto che la sanità non può essere che pubblica, per compassione, fratellanza ed equità, capisco che sono parole non di moda.

Antonino Mazzone
Direttore Dipartimento Medico
ASST Ovest Milanese, Legnano



05 febbraio 2025
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