Un timbro e una firma non trasformano un “risultato” in “referto”
di Annarita Martini e Alberta Caleffi
10 MAR -
Gentile Direttore,la recente approvazione da parte della Conferenza Stato Regioni dell’ipotesi di Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie pubbliche e private, accompagnata dalle affermazioni dal presidente di Federfarma nazionale Marco Cossolo durante la trasmissione L’aria che tira (“ La Convenzione che abbiamo sottoscritto prevede che il farmacista si assume la responsabilità della correttezza del proprio operato, come già prevede il decreto ministeriale, ma in più apponendo la firma e il timbro”) rendono palpabile la pericolosa deriva che sta prendendo l’assistenza territoriale del SSN.
Appare ormai esplicita la volontà di trasferire, a strutture nate per altre funzioni, i compiti che sono di precipua pertinenza di strutture ospedaliere e territoriali, regolarmente autorizzate, sia pubbliche che convenzionate/private, che sono per legge dotate di ”specifiche strumentazioni e con metodiche che assicurano la qualità del parametro analizzato,… in ambienti idonei, adeguati, salubri, ergonomici, nel rispetto delle norme di sicurezza: da quelle più semplici fino all’antincendio”…e che devono ”obbligatoriamente ottemperare (pena la perdita della certificazione, e dell’accreditamento istituzionale) ai programmi di controllo di qualità interno (CQI) o esterni (VEQ) che, vanno superati e documentati agli ispettori nei diversi audit” (Diagnostica di laboratorio e farmacia dei servizi: quale modello possibile per coniugare appropriatezza clinico-diagnostica e sostenibilità di Ettore Capoluongo e Marcello Ciaccio https://www.ilsole24ore.com/art/- 10 giugno 2024).
L’autorevole intervento citato descrive egregiamente le numerosissime criticità circa la scelta di ”indirizzare” il cittadino verso l’esecuzione di tests diagnostici di laboratorio presso le Farmacie dei Servizi, senza tener conto degli aspetti di qualità del prodotto, dell’appropriatezza prescrittiva e clinica e, non ultimo, del significato del termine “refertazione”.
Il professore Angelo Burlina nell’Introduzione alla Medicina di Laboratorio del 1982 definisce : “Referto: è la relazione clinica, la risposta del medico. …reperto è invece un dato bruto, il risultato di una ricerca. Il reperto diventa referto in seguito all’interpretazione del medico che lo carica di significato informativo”.
Più recente la definizione riportata nel DPCM 29 settembre 2015, n. 178 (Regolamento in materia di fascicolo sanitario elettronico. 15G00192 GU Serie Generale n.263 del 11-11-2015) :8. Contenuti del referto di laboratorio. Ai sensi dell'articolo 27, comma 1, lettera d), del decreto, il referto di laboratorio è il documento redatto dal medico di medicina di laboratorio.
Il referto è pertanto uno strumento utile nel “trasformare un’informazione quantitativa (il risultato) in una “informazione per decidere”, clinicamente utile : “Con tale accezione, il commento di refertazione qualifica nella fase postanalitica il livello professionale espresso dal laboratorio clinico che lo ha prodotto” (I commenti interpretativi nel referto ematologico di laboratorio biochimica clinica, 2016, vol. 40, n. 3 p 255).
”… Se potessimo paragonare la Medicina di Laboratorio ad una “Rock Band”, il “frontman” o la “frontwoman”, sarebbe sicuramente il referto. Il referto costituisce infatti il prodotto finale dell’attività del Laboratorio Clinico…, trasformando un semplice rapporto di analisi in un prodotto con una valenza clinica.” (Sabrina Buoro 1et al. Trasformare i risultati in informazioni, armonizzazione del referto Biochimica Clinica, vol.47,2023, SS2, S21-7).
Concludendo: il risultato numerico rilasciato dal Laboratorio di patologia clinica viene verificato e interpretato da professionisti specialisti in materia (medici e biologi con studi specialistici universitari della durata di circa 10 aa ) che verificano TUTTI i passaggi con le tracciabilità in merito, dalla correttezza del prelievo/ campione (fase preanalitica) alla esecuzione (fase analitica e di cui si assumono di fronte al paziente e alla legge la responsabilità della scelta, precisione e sensibilità del metodo utilizzato producendo su richiesta di terzi i documenti di controlli di qualità per seduta analitica, giornalieri (CQI) e periodici (verifica qualità, precisione, ripetibilità in riferimento a valori non noti tra utilizzatori stessa metodica ma esterni al laboratorio stesso (VEQ o CQE)). Infine interpretando il dato (fase post analitica) e completandolo con commenti interpretativi (clinici) ad uso del medico richiedente (appropriatezza prescrittiva ed efficacia diagnostica.) I laboratori clinici per poter esercitare vengono sottoposti a controlli di certificazione e accreditamento da parte delle istituzioni (parte terza) per poter svolgere attività sanitaria nel SSN. Nulla di tutto questo enorme lavoro viene né offerto né garantito dalle farmacie, se non eventualmente scaricare responsabilità di errori alle ditte commerciali dei kit usati (?) senza nessun controllo di professionisti competenti in materia.
Un timbro e una firma apposti in calce (come indicato nell’allegato 4 comma 3 della Convenzione) ad un numero, la cui elaborazione sia avvenuta con strumentazione non adeguatamente controllata e da operatori le cui competenze non siano quelle sopra riportate, non rendono assolutamente più affidabile il risultato ai fini diagnostici. Le competenze del farmacista ,in assenza di una Specializzazione in Patologia Clinica, sono quelle definite nel DECRETO LEGISLATIVO 8 agosto 1991 , n. 258 (Attuazione delle direttive n. 85/432/CEE, n. 85/433/CEE e n. 85/584/CEE, in materia di formazione e diritto di stabilimento dei farmacisti, a norma dell'art. 6 della legge 30 luglio 1990, n. 212.), tuttora vigente, che prevede che il laureato in farmacia può occuparsi di qualunque aspetto inerente i medicinali: in base al suo attuale corso di studi può svolgere analisi tossicologiche ma non può firmare le analisi se non inerenti i medicinali. Responsabile di un laboratorio di analisi chimiche può essere solo un chimico, mentre per le analisi cliniche il responsabile è il medico o il biologo.
Il farmacista che esegue il test viene in tal modo esposto a possibili conseguenze di ordine medico-legali e risarcitorie, che questa professione, storicamente “nobile”, non merita.
Nella legge di Bilancio 2025 è stata estesa al 2025 la sperimentazione dei nuovi servizi erogati dalle farmacie, originariamente prevista dal D.Lgs 153/2009. A tal fine, è stato stanziato un finanziamento di 25,3 milioni di euro per l’anno 2025, per coprire gli oneri per l’erogazione di questi servizi da parte delle farmacie, già oggi previsti a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Ci si domanda perché tali fondi non vengano destinati ad una diffusione più capillare di Centri prelievo sul territorio collegati con Strutture di Patologia Clinica, applicando il principio della ”prossimità”, qualità che viene attribuita soltanto alle Farmacie dei Servizi.
Né si comprende come mai le ripetute proteste, segnalazioni ed indicazioni espresse sia da Società Scientifiche, Sindacati e Ordini professionali oltre che da testate giornalistiche di rilievo nazionale, nonché le sentenze emanate da Tribunali amministrativi Regionali, non riescano ad arginare questa deriva, che danneggia in primis i pazienti, dando loro un servizio di qualità assolutamente inferiore a quello fornito da Laboratori Analisi, per i quali non ci risulta l’esistenza di liste d’attesa che possano giustificare il ricorso a tali scorciatoie.
Annarita MartiniSegretario Nazionale FASSID Area AIPaCAlberta CaleffiSegretario Regionale Emilia Romagna FASSID Area AIPaC
10 marzo 2025
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore