Pansm, serve una visione più ampia, la cura non è solo terapia

Pansm, serve una visione più ampia, la cura non è solo terapia

Pansm, serve una visione più ampia, la cura non è solo terapia

Gentile Direttore,
il testo del Pansm ha suscitato una grande quantità di commenti e il suo giornale ne ospita numerosi e vari. Già questo dato ci dice quanto la Salute Mentale costituisca un tema d’interesse oggi, e magari anche quante prospettive, interessi, visioni dell’umano s’incontrano in esso.

Quando l’Oms dice che ‘non c’è salute senza salute mentale’ fa un’affermazione che solo mezzo secolo fa non avrebbe fatto e questi due dati sono coerenti fra loro nel sostenere la novità nell’esperienza di rilevanza che assume oggi il tema del benessere e del malessere delle persone.

Peccato quindi che il documento premetta che “Alle attività previste dal presente Accordo si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica.” (Art. 1, comma 3, p. 4)

e lo faccia nonostante affermi poco dopo che “I dati pubblicati nel 2023 dal Sistema Informativo per la Salute Mentale del Ministero della Salute (SISM) sono particolarmente allarmanti e testimoniano un grande divario tra domanda, bisogni e offerta: (…). Si osserva un netto calo delle dotazioni di personale e delle risorse disponibili, e la conseguente riduzione delle prestazioni erogate agli assistiti rispetto ai livelli precedenti alla pandemia Covid-19. In parallelo l’incidenza dei nuovi utenti per anno continua a scendere, e diminuisce di circa due punti dal 2022, suggerendo che molte persone con sofferenza mentale si rivolgono a circuiti esterni di cura o rinunciano a curarsi.” (p. 11).

È opportuno aggiungere che i Servizi di Salute Mentale per adulti intercettano oggi l’1,69% della popolazione maggiorenne (media nazionale, dai dati riportati a pag. 18 e seguenti che riprendono in gran parte quanto riportato nel Rapporto SISM 2023 del Ministero della Salute) costituendo quindi un presidio vicino all’irrilevanza se pensiamo che il fabbisogno stimato sarebbe da decuplicare.

Inoltre, a pagina 34-35 si recita: Tali condizioni (le patologie psichiatriche, NdR) rappresentano il 45% del carico globale di malattia nell’arco di età 0-25.”

Si aggiunga che le “linee d’indirizzo sui disturbi neuropsichici dell’infanzia e dell’adolescenza” del 2019 (pre-COVID dunque) affermano (p.7).

“Negli ultimi anni si è evidenziato un rilevante incremento delle richieste di diagnosi e intervento per disturbi neuropsichici dell’età evolutiva, e ad un rapido cambiamento nella tipologia di utenti e famiglie e dei loro bisogni. In nessuna altra area della medicina si è assistito ad un aumento degli accessi ai servizi così rilevante, che in meno di dieci anni ha portato quasi al raddoppio degli utenti seguiti nei servizi di NPIA e ad una prevalenza trattata 2 volte superiore a quella di una delle più comuni patologie pediatriche, l’asma infantile; 4 volte superiore a quella dei servizi di salute mentale adulti; 8 volte superiore a quella dei servizi per le dipendenze patologiche; 20 volte superiore a quella dell’area psicologica dei consultori.”

E più avanti (p.8):

“Nelle Regioni in situazione meno precaria, in cui è almeno parzialmente garantita ai bambini e alle famiglie la presa in carico e la terapia, l’accesso ai servizi di NPIA si colloca intorno al 6-8 % della popolazione infantile, a fronte di un bisogno che, in base ai dati epidemiologici, è più che doppio. In molte Regioni, la prevalenza trattata si colloca invece assai sotto al 4%.

Siamo quindi, in buona sostanza, davanti ad un tema vieppiù all’attenzione degli specialisti e della popolazione, sul quale il SSN appare scarsamente capace di incidere, che si afferma di non voler finanziare ulteriormente. Le priorità, con evidenza, sono altre.

Ma nel documento, coerente in questo con i principali atti d’indirizzo precedenti, vi è anche un altro elemento decisivo: una chiara scelta di definizione di Salute Mentale che la assimila, anche nominalmente, alla psichiatria e alla neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, e più in generale riduce, in questo coerentemente, lo sviluppo delle persone al neurosviluppo (p. 33 e segg).

A fronte infatti di affermazioni di principio che si rifanno al paradigma bio-psico-sociale e all’approccio One (Mental) Health, le indicazioni ai servizi non vanno oltre le generiche esortazioni. Anche dove si evidenziano criticità ben note da decenni come il sottoinvestimento nella cura relativa alle prime due-tre decadi di vita non si mette in discussione l’approccio specialistico biomedico e i territori disciplinari di competenza, senza quindi guardare davvero ai soggetti umani destinatari della cura.

L’idea di istituire Equipe di transizione fra NPIA, SMA e SerD lascia con evidenza immutate le condizioni organizzative e culturali di partenza che costituiscono il problema che si afferma di voler affrontare.

Gli approcci come quello psicologico, psicoterapeutico, psicosociale che potrebbero meglio interpretare i principi proposti nella prima parte del documento vengono lasciati concretamente in un angolo continuando a perpetrare quelli che oramai sono dei veri e propri errori di indicazione terapeutica quando si interviene, ad esempio, psicofarmacologicamente sui cd ‘disturbi emotivi comuni’ anziché psicoterapeuticamente contraddicendo le stesse linee d’indirizzo dell’Istituto Superiore di Sanità emanate di recente.

D’altronde se la filiera d’accesso alle cure psichiche è quella del medico di base/pediatra di libera scelta o quella dell’Emergenza-urgenza senza che la psicologia di base possa avere un ruolo nel leggere la domanda di cura e nell’orientarla – e non solo nel costituire un avamposto del DSM nelle cure primarie come qui proposto – appare evidente che il seguito non potrà che essere assimilato alle traiettorie delle specialistiche biomediche.

Ma la Salute Mentale non è la psichiatria e la riduzione ad essa, e all’ancella NPIA, non può che portare alle insufficienze e alle insoddisfazioni dei cittadini e sempre più degli operatori, medici in primis.

Anche la generica apertura (cap. 5) all’Integrazione sociosanitaria, che pure comprende l’implementazione del Budget di salute – strumento certamente utile – descrive il Terzo Settore prevalentemente come un soggetto utile a gestire l’ambito riabilitativo anziché includerlo nel core business terapeutico, ignorando in tal modo quanto reti come la nostra (www.retepsicoterapiasociale.it) propongono sul territorio nazionale da tempo.

Anche l’accentuazione giudiziaria qui proposta appare indebolire e snaturare il tema della cura che passa in secondo piano rispetto ad esigenze securitarie che non le competono.

Non appare oggi alle viste una rappresentazione culturale della cura stessa né conseguenti scelte di politica sanitaria che siano davvero attente ai soggetti umani e alle loro relazioni, al loro essere parte di una comunità – prossimale e distale – ad una capacità di governo della salute che non si limiti a difendere l’indifendibile livello e impostazione attuale delle cure psichiatriche e neuropsichiatriche ma che orienti il sistema verso una visione più alta e ampia di salute (mentale), verso una reale partecipazione delle risorse presenti sul territorio, verso una umanizzazione vera delle cure con l’umano.

Fabio Vanni
Presidente ‘Rete per la Psicoterapia Sociale’

Fabio Vanni

04 Agosto 2025

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