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Coronavirus. Servono ospedali e servizi territoriali dedicati

di Giuseppe de Nicolao e Giuseppe Imbalzano

05 MAR - Gentile Direttore,
secondo i dati di una nostra proiezione (link al documento) effettuata sulla base delle informazioni sull’attuale epidemia di nuovo Coronavirus i tempi di raddoppio degli eventi sono brevissimi. In particolare i ricoverati con sintomi raddoppiano in 2,5 giorni, i ricoverati in terapia intensiva si duplicano in 2,4 giorni e i decessi cumulativi in 2,1 giorni.
 
Con questi ritmi di crescita il risultato tra domenica prossima (8 marzo) e i primi giorni della prossima settimana potrebbe portare questo quadro quantitativo di positivi al ncov: > 5.000; ricoverati con sintomi: > 3.000; ricoverati in terapia intensiva: > 700; decessi cumulativi: > 300.
 
Questa proiezione dà indicazioni delle prospettive che dobbiamo attenderci nei prossimi giorni e in proposito vogliamo offrire qualche riflessione sulla organizzazione che potrebbe favorire risultati tangibili e non determinare ulteriori criticità al sistema.
 
Tre sono gli elementi maggiormente critici rispetto al problema attuale, quantità, tempestività e modalità cliniche di risposta.
Questa infezione ha trovato del tutto impreparato un servizio sanitario adattato alla routine. In questi giorni l’azione di risposta non si discosta da questo modello ma usare l’ospedale generalista per garantire servizi a pazienti infettivi impedisce poi di utilizzare i rimanenti servizi in sicurezza con il rischio di infezione e ulteriori danni per coloro che hanno patologie intercorrenti o acute ospedalizzate.
 
Questa trasferimento di malati inoltre diffonde la presenza virale in ambienti che erano lontane dal focolaio, determinate dal semplice trasporto e ricovero in ambiente non protetto o non indicato per la patologia infettiva. E sono molti gli operatori sanitari che vengono infettati anche con conseguenze gravi.
 
La soluzione è individuare ospedali di piccole medie dimensioni da adibire totalmente al servizio per i pazienti infettivi, con i diversi livelli assistenziali relativi e personale volontario e comandato che sia residente nella struttura, con percorsi e passaggi obbligati e con tutti gli strumenti di garanzia per la sicurezza dei lavoratori.
Naturalmente i tempi di lavoro rispettati e residenzialità seppure per periodi limitati presso la struttura per evitare il trasferimento la diffusione all’esterno della infezione.
 
La presenza di pazienti con la medesima infezione non crea un rischio aggiuntivo per gli stessi. Così come il sistema di trasporti che deve essere assolutamente distinto dagli altri, sempre con personale perfettamente protetto.
La disinfezione dell’ambulanza è relativamente semplice e la capacità di gestione sui pazienti da parte di personale esperto consente maggiore sicurezza e garanzia di risultato.
 
Attrezzare un ospedale piccolo e finalizzato ad un attività specifica è molto più semplice che cercare di trovare soluzioni estemporanee in ambienti fortemente differenziati. A volte l’illusione di chiudere una porta induce a scelte del tutto contrarie a quanto sia necessario. La gestione dei malati infettivi è estremamente complessa e necessita di condizioni particolarmente rigide ed esclusive.
 
Le attività sanitarie proseguono normalmente nelle strutture dedicate e il sistema non viene sconvolto nelle sue funzioni istituzionali.
Raddoppiare i posti letto delle terapie ad alta intensità assistenziale è essenziale, ma di fronte ad una situazione di estrema emergenza per come si sta manifestando in modo tanto turbolento dobbiamo trovare soluzioni ad alta intensità assistenziale temporanee in ambienti totalmente dedicati.
 
Il territorio ha anch’esso molti specifici problemi, sia perché dovrà accogliere malati e persone che risultino positive alla malattia ma che possono permanere al proprio domicilio, quantomeno per alcuni giorni, sia perché la struttura e il ruolo della medicina generale è stata organizzata per obiettivi di diagnosi e cura classici e non certo per affrontare un nuovo virus. Il loro compito è ben definito e il loro contributo clinico anche, ma non certo per una situazione che tiene scacco il nostro pianeta.
 
Per l’assistenza territoriale è necessario attivare specifici servizi che siano a complemento della attività medica della medicina di famiglia, che sta subendo danni e i medici affetti da questa infezione peraltro assai grave, sono numerosi e quindi impossibilitati a svolgere qualsiasi attività specifica.
Questo servizio è dedicato all’assistenza ai pazienti affetti dalla infezione a domicilio e nelle strutture territoriali e va compreso un servizio di continuità assistenziale, specialistico, infermieristico, adeguatamente formati e provvisti degli strumenti che garantiscano loro la massima sicurezza individuale.
 
L’esperienza della zona rossa lodigiana ha fatto emergere numerosi problemi che potevano esser risolti senza grandi difficoltà. Ma immaginare di separare le persone e poi creare code con decine di esse in attesa per entrare al supermercato, farmacie e servizi o un sistema controllato alle frontiere con regole molto lasse all’interno, non fa bene al risultato finale di eliminare la circolarità del virus. Rischia piuttosto di creare condizioni da nave da crociera dove la più alta presenza virale ha buon gioco nel diffondersi che nello scomparire.
 
La informazione è stata lacunosa, omissiva o certamente e comunque non equilibrata. La comunicazione è stata del tutto inadatta alla realtà dei fatti e alle esigenze di dare il giusto peso alle informazioni e al valore delle stesse creando ansia e forte preoccupazione.
L’educazione e le informazioni, fermo restando che lavarsi le mani sia una conquista della nostra comunità, porre la stessa come baluardo dell’infezione appare del tutto fuorviante rispetto al problema che è evitare di diffondere un nuovo virus per il quale non vi sia nessuna protezione e non appare così benigno. Comprendere come opera una infezione aerogena consentirà di difendersi in futuro anche dalle altre.
 
Noi non vogliamo che il virus si insedi nella comunità è nettamente diverso dal dire non ti ammalare.
La gestione di questa infezione appare comunque molto confusa e lacunosa e i risultati appaiono purtroppo molto deludenti rispetto a quanto si sarebbe potuto e dovuto fare.
 
Giuseppe de Nicolao
Professore Ordinario di Ingegneria industriale e della Informazione Università di Pavia

 
Giuseppe Imbalzano
Medico


05 marzo 2020
© Riproduzione riservata

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