Covid. Chiuse le Usca, il Veneto ricorre agli incarichi medici di lavoro autonomo

Covid. Chiuse le Usca, il Veneto ricorre agli incarichi medici di lavoro autonomo

Covid. Chiuse le Usca, il Veneto ricorre agli incarichi medici di lavoro autonomo
Come previsto dalla legge 234/2021, il 30 giungo si è chiusa l’esperienza delle Usca. Ma visto l’aggravarsi del quadro epidemiologico, la Regione corre ai ripari autorizzando i Dg delle Ulss a utilizzare i medici con incarichi di lavoro autonomo. I sindacati contestano: “La Regione sapeva da tempo che il 30 giugno sarebbero cessati i contratti con i medici Usca, come è possibile trovarsi all’ultimo minuto conferendo ai medici incarichi di lavoro autonomo? Serve una visione ampia della sanità”. LA CIRCOLARE

La Regione Veneto, considerato l’aggravarsi del quadro epidemiologico degli ultimi giorni sull’infezione da SARS-CoV2 è corsa ai ripari inviando una nota ai direttori generali delle varie Ulss venete dando la possibilità di conferire ai medici incarichi di lavoro autonomo – anche di collaborazione coordinata e continuativa e/o libero professionali – in aggiunta agli incarichi di continuità assistenziale già in essere, con un trattamento economico massimo di 30 euro l’ora, anziché 40 euro come previsto dalle precedenti USCA. 

Nella nota, la stessa Regione scrive che fra le finalità degli incarichi di lavoro autonomo potranno essere conferiti a medici, dalle aziende sanitarie, a supporto della gestione territoriale su attività di prevenzione e controllo dell’infezione, assistenza sanitaria Covid e/o ai pazienti fragili, attività di vaccinazione ecc. Questi incarichi non saranno riconducibili ad incarichi USCA, cosicché ad oggi sono in carico al medico di medicina generale. Da qui le reazioni dei vari sindacati di categoria. 

La Fimmg Veneto  fa sapere attraverso una nota a firma del segretario regionale Maurizio Scassola che la Regione sapeva da tempo che il 30 giugno sarebbero cessati i contratti con i medici USCA e che, quindi, come è possibile trovarsi all’ultimo minuto conferendo ai medici incarichi di lavoro autonomo, con tutta una serie di tempistiche, senza mai interpellare le organizzazioni sindacali e pretendendo da noi medici di medicina generale di farsi carico, oltre che dell’attività quotidiana di assistenza e cura presso gli studi e presso il domicilio dei pazienti di tutte quelle attività delle USCA? 

“La Fimmg Veneto – dice Scassola – non è più disponibile a rincorrere la Regione Veneto invocando ascolto! Vogliamo essere trattati come professionisti competenti e tutori degli interessi della nostra popolazione”. 

Non gliele manda a dire nemmeno il Sindacato dei Medici Italiani (Smi) a mezzo del segretario regionale Liliana Lora di Smi rimarcando la nota mancanza di programmazione di medici in Veneto che si somma al continuo stato di emergenza, quando, oramai, è evidente che vi è bisogno di una visione generale della sanità per poter fronteggiare l’aumento dei contagi da Covid 19 e risolvere i problemi strutturali della sanità nella regione. E dichiara ancora Lora:” Fino a quando, dunque, si abuserà della nostra pazienza? Dobbiamo riattivare lo stato di agitazione e scioperare ad oltranza affinché qualcuno ascolti le nostre istanze?”.

Anche Snami Veneto storce il naso e sostiene che la sensazione del sindacato è che non si sia assolutamente pensato e ragionato sulla cessazione delle Usca al 30 giugno 2022, probabilmente non ipotizzando un aumento dei casi tanto veloce e repentino nella stagione estiva. E rincara il Presidente Snami Veneto, Salvatore Cauchi sostenendo che: “Se la lungimiranza consiste nella capacità di esaminare le cose in prospettiva ed è indicata anche come saggezza, in quanto il modo di elaborare le informazioni si distingue per la maturità dei ragionamenti, essa trova il suo opposto, come nel caso Veneto, nella sconsideratezza”.

Interviene anche la sigla sindacale dei medici ospedalieri di Cimo Veneto chiedendo una proroga ai medici di unità speciali di continuità assistenziale. “La richiesta – spiega Giovanni Leoni, presidente regionale – si trova già in altre regioni come Emilia Romagna, Sardegna e Marche per le stesse identiche ragioni ed alle stesse condizioni. Diversamente il rischio sarà quello che aumenti la pressione negli ospedali con i dati ad oggi allarmanti di Omicron 5 che sta facendo riaprire i reparti Covid in piena estate dimostrando un potenziale di contagiosità che ha riportato il fattore RT a 1.3”.

Endrius Salvalaggio

Endrius Salvalaggio

07 Luglio 2022

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