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Al via un nuovo approccio per il trattamento dei pazienti colpiti da shock cardiogeno


Parte “Enigma”, uno studio scientifico coordinato da Fondazione Don Gnocchi per elaborare, sulla base delle esperienze di numerosi ospedali in tutta Italia, un innovativo percorso di cura per chi è colpito da questa grave patologia causata dal cuore che rallenta o si blocca. Coinvolti duemila pazienti

03 FEB -

Sono oltre cinquemila le persone che in Italia ogni anno sono colpite da shock cardiogeno, vittime cioè di infarto, aritmia o altre patologie cardiache che rallentano o bloccano il cuore e che - quando non mortali - determinano serie conseguenze a tutto l’organismo (Fonte Anmco). Un quadro clinico delicato, trattato in maniera difforme sul territorio italiano, senza ancora uno standard di procedure e terapie scelto per la sua efficacia e adottato da tutti gli ospedali.

Per rispondere a questa esigenza la Fondazione don Gnocchi coordina il progetto Enigma-Shock che ha l’obiettivo di proporre un percorso di cura elaborato confrontando e integrando i percorsi di cura che hanno seguito nelle diverse strutture i pazienti che hanno fatto registrare i miglioramenti e il recupero più significativi.

Il progetto intende valutare non solo l’esito clinico e la gestione della patologia durante la degenza ospedaliera, ma anche la gestione del paziente a seguito della dimissione, focalizzando l’attenzione sulla sindrome post-intensiva nella sua globalità. L’obiettivo è creare un percorso standardizzato e multidisciplinare a lungo termine, che risponda alle esigenze della popolazione con esiti di shock cardiogeno e che porti un miglioramento delle cure e della qualità di vita nei pazienti che sopravvivono a questa condizione, spesso foriera di gravi disabilità.

A un anno dall’evento cardiologico, i ricercatori valuteranno ciascun paziente cercando di individuare quelli che si trovano nelle condizioni migliori e analizzando a quali trattamenti sono stati sottoposti e con quali modalità. Saranno studiati come parametri l’aspetto cognitivo, eventuali disturbi dell’umore e i disordini endocrino-metabolici e nutrizionali, il riadattamento cardiovascolare allo sforzo, il recupero neuromotorio e il rientro alla vita sociale e lavorativa.

Il progetto, sostenuto dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è coordinato dalla Fondazione don Gnocchi, in collaborazione con l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, l’Azienda Ospedaliera Nazionale SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria, l’Azienda di Rilievo Nazionale e Alta Specializzazione (ARNAS) "G. Brotzu" di Cagliari, l’Azienda ospedaliero universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno e l’Università Carlo Cattaneo LIUC - LIUC Business School di Castellanza (VA). Il progetto verrà condotto con il sostegno e la partecipazione dell’Associazione Nazionale dei pazienti scompensati cardiaci (AISC) che ha contributo alla validazione dei questionari somministrati ai pazienti per la valutazione di follow-up. Lo studio coinvolge duemila pazienti e i primi risultati saranno disponibili a fine 2026.

Il progetto - sulla scorta dei dettami della “value-based healthcare”- propone inoltre un’analisi dal punto di vista economico-organizzativo, nel tentativo di indicare come utilizzare al meglio le risorse erogate dal Sistema Sanitario Nazionale. Tale approccio, guidato dall’Università Carlo Cattaneo - LIUC, consentirà di identificare i contesti più adatti all’implementazione del nuovo percorso, evidenziando al contempo sfide e opportunità che potrebbero influenzarne il successo, definendo i potenziali benefici e impatti in termini di efficienza economica e organizzativa.

Sottolinea Nuccia Morici, responsabile dell’Unità di Cardiologia riabilitativa dell’Irccs S. Maria Nascente di Milano della Fondazione don Gnocchi e coordinatrice del progetto: “Il lavoro di analisi organizzativa consentirà di orientare al meglio l’utilizzo dei fondi del nostro Sistema Sanitario, garantendo una gestione efficiente e sostenibile delle risorse. È la prima volta che, in una patologia ad alta mortalità come lo shock cardiogeno, l’attenzione si estende oltre la gestione acuta e il ruolo del supporto meccanico, per includere una valutazione sistematica della traiettoria a lungo termine del paziente e delle implicazioni organizzative e di sistema che la gestione comporta”.



03 febbraio 2025
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