Sono oltre cinquemila le persone che in Italia ogni anno sono colpite da shock cardiogeno, vittime cioè di infarto, aritmia o altre patologie cardiache che rallentano o bloccano il cuore e che - quando non mortali - determinano serie conseguenze a tutto l’organismo (Fonte Anmco). Un quadro clinico delicato, trattato in maniera difforme sul territorio italiano, senza ancora uno standard di procedure e terapie scelto per la sua efficacia e adottato da tutti gli ospedali.
Per rispondere a questa esigenza la Fondazione don Gnocchi coordina il progetto Enigma-Shock che ha l’obiettivo di proporre un percorso di cura elaborato confrontando e integrando i percorsi di cura che hanno seguito nelle diverse strutture i pazienti che hanno fatto registrare i miglioramenti e il recupero più significativi.
Il progetto intende valutare non solo l’esito clinico e la gestione della patologia durante la degenza ospedaliera, ma anche la gestione del paziente a seguito della dimissione, focalizzando l’attenzione sulla sindrome post-intensiva nella sua globalità. L’obiettivo è creare un percorso standardizzato e multidisciplinare a lungo termine, che risponda alle esigenze della popolazione con esiti di shock cardiogeno e che porti un miglioramento delle cure e della qualità di vita nei pazienti che sopravvivono a questa condizione, spesso foriera di gravi disabilità.
A un anno dall’evento cardiologico, i ricercatori valuteranno ciascun paziente cercando di individuare quelli che si trovano nelle condizioni migliori e analizzando a quali trattamenti sono stati sottoposti e con quali modalità. Saranno studiati come parametri l’aspetto cognitivo, eventuali disturbi dell’umore e i disordini endocrino-metabolici e nutrizionali, il riadattamento cardiovascolare allo sforzo, il recupero neuromotorio e il rientro alla vita sociale e lavorativa.
Il progetto, sostenuto dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è coordinato dalla Fondazione don Gnocchi, in collaborazione con l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, l’Azienda Ospedaliera Nazionale SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria, l’Azienda di Rilievo Nazionale e Alta Specializzazione (ARNAS) "G. Brotzu" di Cagliari, l’Azienda ospedaliero universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno e l’Università Carlo Cattaneo LIUC - LIUC Business School di Castellanza (VA). Il progetto verrà condotto con il sostegno e la partecipazione dell’Associazione Nazionale dei pazienti scompensati cardiaci (AISC) che ha contributo alla validazione dei questionari somministrati ai pazienti per la valutazione di follow-up. Lo studio coinvolge duemila pazienti e i primi risultati saranno disponibili a fine 2026.
Il progetto - sulla scorta dei dettami della “value-based healthcare”- propone inoltre un’analisi dal punto di vista economico-organizzativo, nel tentativo di indicare come utilizzare al meglio le risorse erogate dal Sistema Sanitario Nazionale. Tale approccio, guidato dall’Università Carlo Cattaneo - LIUC, consentirà di identificare i contesti più adatti all’implementazione del nuovo percorso, evidenziando al contempo sfide e opportunità che potrebbero influenzarne il successo, definendo i potenziali benefici e impatti in termini di efficienza economica e organizzativa.
Sottolinea Nuccia Morici, responsabile dell’Unità di Cardiologia riabilitativa dell’Irccs S. Maria Nascente di Milano della Fondazione don Gnocchi e coordinatrice del progetto: “Il lavoro di analisi organizzativa consentirà di orientare al meglio l’utilizzo dei fondi del nostro Sistema Sanitario, garantendo una gestione efficiente e sostenibile delle risorse. È la prima volta che, in una patologia ad alta mortalità come lo shock cardiogeno, l’attenzione si estende oltre la gestione acuta e il ruolo del supporto meccanico, per includere una valutazione sistematica della traiettoria a lungo termine del paziente e delle implicazioni organizzative e di sistema che la gestione comporta”.