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Linfoma non-Hodgkin: i risultati promettenti degli anticorpi bispecifici

di Camilla de Fazio

Un anticorpo monoclonale bispecifico potrebbe essere un trattamento promettente per i pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin a cellule B che non hanno risposto ai trattamenti disponibili, secondo uno studio presentato all’ASH Annual Meeting.

 

09 DIC - Per quanto le immunoterapie sviluppate fin ora nel trattamento dei linfomi a cellule B siano molto promettenti, “c’ è ancora un grande bisogno di nuovi trattamenti nei casi recidivanti o refrattari perché in alcuni pazienti la terapia con le cellule Car-T non è efficace, e altri sono troppo malati per aspettare la produzione delle cellule”, secondo Stephen J. Schuster, direttore del Lymphoma Program presso il Abramson Cancer Center dell'University of Pennsylvania. Per questa ragione, Roche ha sviluppato un nuovo anticorpo monoclonale, bispecifico (che lega quindi due molecole diverse), mosunetuzumab, progettato per reclutare le cellule T e indirizzare la loro attività citotossica contro le cellule B cancerogene.

L’immunoterapia,  attualmente in fase di sperimentazione, potrebbe permettere una remissione dei pazienti con linfoma non-Hodgkin a cellule B che non hanno risposto ai trattamenti disponibili. Lo suggerisce uno studio clinico condotto dai ricercatori dell’University of Pennsylvania, i cui risultati sono stati presentati in occasione della 61esima edizione della American Society of Hematology Annual Meeting and Exposition, a Orlando.

Lo studio multicentrico ha coinvolto pazienti di sette paesi del Nord America, Europa, Asia e Australia  per valutare l’efficacia dell’anticorpo. Ad oggi hanno ricevuto la terapia sperimentale per diversi mesi, 270 pazienti affetti da linfoma a cellule B che non avevano risposto ad altre terapie. Il 65% aveva un linfoma aggressivo, il restante 35% un tumore a crescita lenta. Tra i pazienti dello studio il cui linfoma è progredito dopo la terapia con CAR T, il 22% è andato in remissione completa grazie al nuovo farmaco. Nel gruppo di pazienti con linfomi aggressivi ha raggiunto la remissione completa il 19% dei pazienti, tra le persone affette da linfomi a crescita lenta il 43%.

A 6 mesi dal trattamento, la maggior parte dei pazienti che avevano raggiunto una remissione completa, continuavano a non manifestare segni della malattia. La sindrome da rilascio di citochine (CRS), una tossicità nota per essere associata a terapie cellulari, è stata segnalata nel 29% dei pazienti in questo studio.

“Uno dei vantaggi di questo trattamento è quello di essere ‘pronto all’uso’, il che significa che non deve essere prodotto per ogni paziente”, ha commentato Schuster. È anche interessante notare che, in alcuni dei pazienti che avevano ricevuto precedentemente la terapia con cellule Car-T, la somministrazione del nuovo anticorpo ha provocato un aumento delle Car-T nel sangue.
 
"I primi risultati sono incoraggianti, poiché suggeriscono che le nostre nuove immunoterapie antitumorali bispecifiche possono rappresentare una ulteriore opzione terapeutica per i pazienti affetti da malattia recidivata o refrattaria al precedente trattamento" ha osservato Levi Garraway, MD, PhD, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche.
Schuster ha comunque sottolineato che, sebbene i risultati siano molto interessanti, dovranno essere confermati da studi più ampi e randomizzati e da un follow-up più lungo dei pazienti.
 
Camilla de Fazio

09 dicembre 2019
© Riproduzione riservata

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