Un nuovo approccio terapeutico basato su cellule immunitarie potenziate potrebbe offrire una svolta per il trattamento di gravi malattie autoimmuni come il lupus o la sclerosi sistemica. Lo suggeriscono i risultati preliminari di due studi clinici condotti su piccola scala, che hanno testato l’utilizzo di cellule “natural killer” (NK) ingegnerizzate per eliminare le cellule che producono autoanticorpi, responsabili di attacchi contro i tessuti sani dell’organismo. “Le cellule NK si sono evolute per individuare e distruggere cellule anomale”, ha spiegato Nadir Mahmood, presidente della biotech californiana Nkarta. “Se questa azione è sufficiente a resettare il sistema immunitario, allora si può ricostruire un sistema sano e naive”.
I primi risultati sono stati presentati lo scorso giugno al congresso della European Alliance of Associations for Rheumatology (EULAR) a Barcellona, mentre un secondo studio è stato pubblicato sulla rivista Cell. L’idea nasce dall’esperienza accumulata con le terapie CAR-T, che utilizzano cellule T modificate geneticamente per riconoscere e distruggere cellule tumorali. Queste terapie, basate sull’uso di un recettore chimerico chiamato CAR (Chimeric Antigen Receptor), si sono dimostrate capaci di indurre remissioni di lunga durata in alcuni tumori del sangue e, più recentemente, in casi selezionati di malattie autoimmuni. Ma le CAR-T hanno un limite importante: ogni trattamento è prodotto su misura, partendo dalle cellule del paziente stesso, con costi e tempi elevati. Secondo Katy Rezvani, esperta di terapie cellulari presso l’MD Anderson Cancer Center di Houston, solo un quarto dei pazienti che potrebbero beneficiarne oggi riesce ad accedervi. “E ci sono cinque volte più pazienti con malattie autoimmuni che con cancro”, sottolinea.
Le cellule NK, invece, possono essere prelevate da donatori sani, modificate in laboratorio e conservate congelate. Con una singola donazione di sangue del cordone ombelicale, è possibile produrre centinaia di dosi di CAR-NK, pronte per un uso standardizzato e accessibile. I primi test delle CAR-NK in oncologia hanno avuto risultati misti, in parte perché queste cellule tendono a vivere meno a lungo rispetto alle CAR-T. Tuttavia, nel caso delle malattie autoimmuni, questa caratteristica potrebbe essere un vantaggio: anche una presenza breve potrebbe bastare per eliminare le cellule che producono autoanticorpi. Dopo il trattamento, il sistema immunitario avrebbe la possibilità di rigenerarsi senza le cellule “difettose”. Secondo Max Qian, CEO della cinese Rui Therapeutics, “una breve terapia con CAR-NK potrebbe essere sufficiente per interrompere la produzione di autoanticorpi. E, se necessario, si potrebbero somministrare più dosi”. La scommessa su questa nuova direzione è stata confermata da Nkarta, che ha recentemente deciso di abbandonare la ricerca in ambito oncologico per concentrare tutte le risorse sulle malattie autoimmuni. “È come se la terapia CAR-NK fosse stata progettata apposta per questo tipo di patologie”, ha affermato Mahmood. Se i dati preliminari verranno confermati da studi più ampi, le CAR-NK potrebbero diventare una delle strategie più promettenti per trattare patologie oggi ancora difficili da gestire, offrendo ai pazienti una possibilità concreta di remissione senza ricorrere a terapie croniche e immunosoppressive. Il prossimo passo sarà verificarne l’efficacia e la sicurezza su larga scala, aprendo così la strada a un nuovo paradigma per la cura delle malattie autoimmuni.