Tumori del grosso intestino. Studio del CPO Piemonte dimostra che la sigmoidoscopia come test di screening ha effetto protettivo

Tumori del grosso intestino. Studio del CPO Piemonte dimostra che la sigmoidoscopia come test di screening ha effetto protettivo

Tumori del grosso intestino. Studio del CPO Piemonte dimostra che la sigmoidoscopia come test di screening ha effetto protettivo
Lo studio è consistito in un’analisi combinata dei risultati di 3 grandi studi internazionali, che hanno valutato l’efficacia del protocollo di screening che prevede l’offerta della sigmoidoscopia una sola volta nella vita. Uno di questi studi è stato condotto in Italia ed è stato coordinato dal Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute di Torino.

Il ricorso alla sigmoidoscopia flessibile come test di screening per i tumori del grosso intestino ha un importante effetto protettivo non solo per i tumori che si manifestano nel tratto distale dell’intestino, ma anche per i tumori del tratto prossimale. Lo dimostra un articolo appena pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale British Medical Journal, con il titolo “Effectiveness of flexible sigmoidoscpy screening in men and women and different age groups: pooled analysis of randomised trials”. A darne notizia l’Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute di Torino.
 
“Lo studio – rileva la nota – è consistito in un’analisi combinata dei risultati di 3 grandi studi internazionali, che hanno valutato l’efficacia del protocollo di screening che prevede l’offerta della sigmoidoscopia una sola volta nella vita. Uno di questi studi è stato condotto in Italia ed è stato coordinato dal CPO Piemonte (Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte) – Screening e Registro Tumori – dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute di Torino”.
 
“Tutti e tre gli studi – prosegue il comunicato – hanno raggiunto la stessa conclusione: lo screening con sigmoidoscopia garantisce una riduzione del 20-35% del rischio di ammalarsi e di morire per tumore del grosso intestino, che si mantiene a 12 anni dall’esecuzione dell’esame. Combinando i dati dei 3 studi è stato ora possibile studiare l’effetto protettivo di questa modalità di screening, separatamente per uomini e donne, nelle diverse fasce di età e per le diverse localizzazioni del tumore. La sigmoidoscopia garantisce una protezione sia negli uomini sia nelle donne di età inferiore a 60 anni, invitati allo screening, dove si osserva una riduzione rispettivamente del 24% e del 33% del rischio di ammalarsi e del 29% e del 27% del rischio di morire di tumore del grosso intestino. Tra le persone dai 60 anni in su, l’effetto protettivo dello screening si mantiene solo tra gli uomini, mentre si riduce in modo sostanziale tra le donne.  Le stime di questo studio combinato sono riferite al confronto tra le persone che avevano ricevuto l’invito allo screening e quelle che non lo avevano ricevuto. Nello studio italiano è stato anche possibile misurare l’effetto protettivo tra le persone invitate che avevano effettivamente aderito allo screening: tra queste si è potuto osservare un effetto anche maggiore, ovvero una riduzione complessiva del 31% del rischio di ammalarsi e del 38% del rischio di morire”.
 
“Questi risultati sono importanti perché dimostrano che questa modalità di screening, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni studiosi, garantisce una protezione non solo per i tumori del tratto distale (più frequenti), ma anche per quelli del tratto prossimale. Confermano inoltre la bontà della scelta della Regione Piemonte, che ha adottato un protocollo di screening che prevede l’offerta della sigmoidoscopia a tutti gli assistiti che compiono 58 anni, proprio l’età in cui è documentato il massimo effetto protettivo del test” ha dichiarato il dottor Nereo Segnan, coordinatore del programma piemontese di screening dei tumori “Prevenzione Serena”.
 
La scelta risulta anche conveniente, sia per le persone che aderiscono, che riducono il rischio di ammalarsi e di sottoporsi a terapie complesse ed invasive, sia per il Servizio sanitario regionale che, investendo nello screening, risparmia, secondo valutazioni di costo – efficacia condotte nell’ambito dello studio italiano, 14 euro per ciascuna persona che si sottopone a screening, grazie alla riduzione del numero dei malati da curare negli anni successivi.
“Appare quindi auspicabile che possano essere pienamente realizzati gli obiettivi del Piano Regionale della Prevenzione, che prevedono il raggiungimento della copertura di tutta la popolazione entro il prossimo anno per favorire un incremento dell’adesione a questa metodica di screening” conclude Segnan. 

25 Gennaio 2017

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