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Covid. Siamo ancora in tempo ad “aggiustare” il nuovo monitoraggio

di Claudio Maria Maffei

Sarebbe più corretto distinguere nelle due aree tra posti letto “fisici” (tutti quelli esistenti che rispondono ai requisiti di autorizzazione), posti letto “operativi” in grado di funzionare con il personale già assegnato senza sottrarre risorse alla attività correnti e posti letto “attivabili” che sono la zona cuscinetto tra i primi e i secondi. Già che ci siamo sarebbe opportuno garantire trasparenza a questi dati.

12 MAG -

Il Decreto e relativa Circolare con i nuovi indicatori per il monitoraggio della epidemia da SARS-CoV-2, di recente presentati qui su QS, si portano dietro alcuni vecchi indicatori che, discutibili nelle precedenti fasi, continuano a esserlo anche nella fase 3 della epidemia. Mi riferisco in particolare ai due indicatori usati per il monitoraggio dell’impatto sulla assistenza ospedaliera e cioè il tasso di occupazione dei posti letto totali di area medica e il tasso di occupazione dei posti letto totali in terapia intensiva. Per la rilevazione a supporto del calcolo di questi indicatori si rimanda alla circolare del Ministero dell’8 aprile 2022 avente come oggetto “Rilevazione giornaliera dati COVID-19: dati aggregati, posti letto attivati e accessi presso i servizi di Pronto Soccorso”. In questa circolare si forniscono le seguenti indicazioni relativamente ai dati da comunicare:

Leggo e rileggo e, pur essendo io considerabile più o meno uno del mestiere, non capisco. Che cosa significa e a cosa serve il riferimento ai posti letto aggiuntivi sia di terapia intensiva che di area medica? E che significa la distinzione tra posti letto di terapia intensiva attivabili in un breve arco di tempo e quelli con tempi di attivazione superiori alle 24-48 ore?

Sarebbe più corretto distinguere nelle due aree tra posti letto “fisici” (tutti quelli esistenti che rispondono ai requisiti di autorizzazione), posti letto “operativi” in grado di funzionare con il personale già assegnato senza sottrarre risorse alla attività correnti e posti letto “attivabili” che sono la zona cuscinetto tra i primi e i secondi e che per definizione per funzionare debbono sottrarre risorse alle attività correnti, a meno di non poter far conto su una riserva di personale disponibile allo scopo che in questa fase nessuno probabilmente ha. In quest’ultimo caso, e solo in questo caso, i posti letto attivabili potrebbero essere inclusi tra quelli operativi.

Con questa distinzione i posti letto fisici diventano una variabile strutturale che non si modifica nel tempo (se non dopo interventi di edilizia sanitaria ad hoc), mentre quelli operativi e quelli attivabili possono modificarsi a seconda della disponibilità di personale. I tassi di occupazione delle due aree andrebbero calcolati sia sui posti letto operativi che su quelli totali (operativi più attivabili). Il dato strutturale sui posti letto fisici servirebbe solo per verificare l’ulteriore eventuale riserva in termini di posti letto.

Già che ci siamo sarebbe opportuno garantire trasparenza a questi dati in modo chiedendo a ciascuna Regione di dare evidenza aggiornandoli ai dati su dove (in quali ospedali) si trovano i posti letto comunicati al Ministero distinti tra fisici, operativi e attivabili. Siamo in tempo per fare aggiustamenti che diano senso, anzi “buon senso”, agli indicatori di monitoraggio dell’impatto della epidemia sugli ospedali e per fare in modo da metterli in condizione di risentire della effettiva disponibilità di personale. E quindi anche dell’impatto sul resto delle attività dell’ospedale ed eventualmente del territorio.

Claudio Maria Maffei



12 maggio 2023
© Riproduzione riservata


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