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Cure primarie. Ocse: “Il futuro è nei team con medici, infermieri, farmacisti e altri operatori. Finita l’epoca dei medici solitari”

di Luciano Fassari

Nuovo report dell’Organizzazione internazionale che alla luce dei problemi nell’assistenza territoriale registrati in molti Paesi a causa del Covid propone alcune soluzioni: “Il futuro dell'assistenza sanitaria di base riguarderà nuovi modelli di assistenza diversi da quello basato sul singolo medico che lavora isolato rispetto ad una rete di servizi”. Segnalato anche un 20% di ricorsi impropri al pronto soccoro che si potrebbe evitare con rete territoriale adeguata. IL RAPPORTO

15 GIU - Il futuro delle cure primarie dovrà essere basato su team multiprofessionali composti da medici, infermieri, farmacisti e operatori sanitari della comunità, dotati di tecnologia digitale e perfettamente integrati con servizi di assistenza specializzati. È quanto segnala l’Ocse nel suo report Realising the Potential of Primary Health Care dove rimarca come “il futuro dell'assistenza sanitaria di base riguarderà nuovi modelli di assistenza diversi dal medico singolo che lavora isolato rispetto ad una rete di servizi”.
 
Per questo secondo l’Organizzazione internazionale occorre creare “nuove configurazioni di assistenza, che ospitano più professionisti con competenze avanzate e che lavorano in gruppo, supportati dalla tecnologia digitale per consentire un coordinamento delle cure”. Per quanto riguarda l’Italia viene citato il modello delle Uccp (Case della Salute) che però come sappiamo si è sviluppato a macchia di leopardo in tutto il Paese non senza resistenze.
 
Oltre che a garantire cure migliori questo sistema comporterà anche ad una diminuzione dei ricoveri inappropriati al Pronto soccorso. “Finora – rileva l’Ocse -, l'assistenza sanitaria di base non ha sempre avuto successo nel tenere le persone fuori dagli ospedali”. Il report stima che in Italia 1 ricovero su 5 in Pronto soccorso sia inappropriato.
 
Attraverso un’analisi dei dati riferiti a 30 Paesi OCSE si è calcolato che “nel 2016 solo i ricoveri inappropriati per diabete, asma, broncopneumopatia cronica ostruttiva, patologie cardiovascolari e ipertensione sono costati complessivamente 21,1 miliardi di dollari in questo gruppo di 30 paesi”.
 
Ma per fare tutto ciò l’Ocse segnala la necessità di nuovi investimenti “per incoraggiare l'assistenza sanitaria di base a lavorare in team e concentrarsi sulla prevenzione e la continuità delle cure, in particolare per i pazienti con malattie croniche”.
 
Per l’Ocse tutto ciò è fondamentale anche “alla luce della pandemia COVID-19 che ha, in molti casi, accelerato l'implementazione di innovazioni promettenti nell'assistenza sanitaria primaria per giungere una trasformazione a livello di sistema delle cure. In effetti, l’epidemia da coronavirus ha stimolato molti innovazioni e sviluppo di pratiche a livello nazionale e locale, come l'espansione del ruolo di infermieri e farmacisti accanto a soluzioni digitali per monitorare lo stato di salute, facilitare l'accesso alle cure e l'utilizzo delle infrastrutture di informazione sanitaria per la sorveglianza delle malattie. Promuovere la continuità di queste pratiche e la loro più ampia adozione come salute i sistemi passano alla fase di recupero della pandemia è fondamentale per rendere i sistemi sanitari più resistenti alle crisi sanitarie”.
 
In questo quadro l’Organizzazione propone di potenziare il ruolo di infermieri e farmacisti per “ridurre il carico di lavoro dei medici di base, senza compromettere la qualità dell'assistenza e la soddisfazione del paziente soddisfazione”.
 
Ma importante sarà anche riaffidare ai medici di base il ruolo nella prevenzione. “Nella maggior parte dei paesi, rileva il Report - la percentuale di medici che lavorano nella medicina generale e la percentuale di tempo dedicato alla cura preventiva stanno diminuendo”.
 
L.F.

15 giugno 2020
© Riproduzione riservata

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