Un’Italia che cresce in qualità e capacità organizzativa, ma ancora segnata da forti differenze regionali. A dieci anni dall’avvio del modello delle reti tempo-dipendenti, la mappa del Paese fornita Agenas restituisce l’immagine, su questo tipo di indicatori, di un sistema più maturo, con significativi progressi in termini di organizzazione e monitoraggio, ma anche con aree ancora fragili, soprattutto nel Mezzogiorno.
In generale, la Rete Cardiologica per l’emergenza fisiologicamente è meno performante nelle zone più interne. Ad alta variabilità la Rete Ictus con performance che mostrano variazioni significative tra le varie regioni e al loro interno. La Rete Emergenza-Urgenza è invece caratterizzata da difformità regionali ancora importanti per quanto riguarda gli esiti e sulla stessa scia quella trauma, a questa strettamente legata, i cui risultati variano in base alla qualifica e alla specializzazione del centro: laddove brilla, l’efficienza aumenta in termini di mortalità.
Questa l’istantanea scattata dalla Quarta Indagine Nazionale sulle Reti Tempo-dipendenti (RTD), curata dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali e relativa ai dati 2023 presentata oggi a Roma.
Un report sempre più accurato che offre una fotografia aggiornata dell’attuazione delle quattro reti principali – cardiologica per l’emergenza, ictus, trauma ed emergenza-urgenza – cercando di non dimenticarne la specificità, pur nella diversità dei processi globali, dall’accesso all’area delle emergenze alla complessa distribuzione e definizione dei percorsi, PDTA patologia specifici. Il monitoraggio è stato eseguito sulla base di: un questionario unico per Regione/PA, compilato da Regioni e Pa tra il 15 ottobre 2024 ed il 6 febbraio 2025; volumi e indicatori specifici per ciascuna rete relativi al 2023; anagrafica delle strutture ospedaliere delle Regioni/P.A 2023.
Un Paese che cresce, ma resta a due velocità Nel complesso, la rilevazione 2023 restituisce l’immagine di un sistema più solido e trasparente, in cui la maggior parte delle Regioni ha consolidato le proprie reti tempo-dipendenti. Tuttavia, la differenza tra Nord-Centro e Sud resta evidente: da un lato territori con reti mature e integrate, dall’altro aree dove la carenza di personale, la frammentazione dei percorsi e le difficoltà logistiche continuano a ostacolare l’efficienza complessiva.
Agenas invita quindi a proseguire nel percorso di armonizzazione, puntando su programmazione condivisa, equità di accesso, formazione multidisciplinare e uso della digital health per ridurre i divari. Il messaggio finale è chiaro: il modello delle reti tempo-dipendenti funziona, ma per garantire le stesse opportunità di cura in ogni parte d’Italia serve un impegno unitario e costante da parte di tutte le Regioni. E l’impegno di Agenas ad accompagnare le regioni è l’obiettivo ultimo.
Governance complessiva: In testa alla classifica Agenas si collocano Liguria, Toscana, Veneto, Campania e Marche. Queste Regioni presentano un modello di pianificazione solido, con coordinamenti regionali attivi, sistemi di monitoraggio dei flussi e programmazione coerente con le linee del DM 77/2022.

Diversi gli scenari che emergono incrociando i dati legati agli aspetti agli aspetti organizzativi con volumi ed indicatori di esito specifici per singola Rete. Dall’analisi emerge che un’organizzazione di rete consolidata e/o implementata porta a degli esiti favorevoli. Tra le Regioni che raggiungono un livello di performance alto si segnalano: per la Rete Cardiologica per l’emergenza: Toscana, Marche, Friuli Venezia-Giulia ed Emilia-Romagna; per la Rete Ictus: Veneto, Liguria, Emilia-Romagna e Lombardia; per la Rete Trauma: Toscana, Lazio, Valle D’Aosta e Veneto e per la Rete Emergenza-Urgenza: Molise, Marche, Piemonte e Veneto (considerando il bacino di utenza e la pressione sui PS).
Ma entriamo nello specifico delle singole reti tempo dipendenti.
Rete cardiologica: buone performance in Centro-Nord, ritardi nel Sud
La Rete Cardiologica per l’emergenza sul territorio nazionale fisiologicamente risulta meno performante nelle zone più interne del Paese dove i tempi di trasporto superano ancora le soglie ottimali e la fase di riabilitazione post-acuta è poco sviluppata. E così la tempistica dei 90’ per la PTCA e la relativa ricaduta in termini di mortalità sono più rilevanti.
Si conferma l’elevata qualità organizzativa del Nord e di parte del Centro, con la Campania che mostra alte performance. Le prime cinque Regioni per governance e organizzazione sono la Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche e Valle d’Aosta. In alcuni di questi territori la rete Hub & Spoke è ben definita e la tempestività degli interventi di angioplastica primaria (PTCA) rispetta gli standard europei. Tra le ultime – Abruzzo, Calabria, Molise, la Pa di Bolzano, Umbria, Sardegna e Sicilia – si osservano invece criticità persistenti nei tempi di trattamento e nella disponibilità di centri di emodinamica. In particolare, la mappa dell’Italia sul fronte dell’organizzazione si colora di rosso in Abruzzo e Calabria.
Cosa fare per migliorare le performance? Strategicamente per Agenas una migliore riorganizzazione per alcune zone potrebbe essere un punto di svolta per migliorare il trend. Va sicuramente implementato l’invio a programmi di riabilitazione specifica, dove l’organizzazione e il recupero residenziale sono scarsamente diffusi sul territorio nazionale e in modo disarmonico.

Rete ictus: il Sud resta frammentato Sul fronte della rete ictus, il quadro mostra segnali positivi ma anche profonde disomogeneità. Non solo tra le regioni, ma anche al proprio interno. Disparità, spiegano gli analisti di Agenas, che possono essere attribuite in parte “al modo in cui sono organizzati i servizi sanitari, all’incompleta integrazione territorio-ospedale-territorio, e alla necessità di adeguare la governance ed i percorsi clinici per le persone colpite da ictus agli standard di cura aggiornati e basati sulle evidenze”. La cornice di riferimento è quella delle policies, linee guida e delle buone pratiche basate sulle evidenze cui l’Italia contribuisce in maniera significativa a livello Europeo.
Le cinque Regioni che si distinguono per organizzazione e livello di integrazione sono Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Marche, con il Veneto subito a ridosso delle prime posizioni.
All’opposto, Sardegna, Abruzzo, Molise, Basilicata, Umbria, Sicilia e Pa di Trento presentano, con vari distinguo, reti incomplete, carenza di neurologi reperibili h24 e scarsa uniformità nei percorsi di accesso alla trombolisi e alla trombectomia.
Per questo Agenas raccomanda anche un forte investimento su formazione e continuità assistenziale post-ictus per ridurre i divari territoriali.

Rete trauma. La rete trauma, che si embrica a più livelli con la rete dell’emergenza – urgenza e delle specialistiche ad alto impatto assistenziale, spiega Agenas avrà bisogno di discriminare meglio la dinamica e le funzioni per ciascuna Regione/P.A. Ma a bocce ferme i risultati confermano la correlazione tra specializzazione dei centri e riduzione della mortalità: quella a 7 e ancor di più a 30 giorni, è inversamente proporzionale alla qualifica e specializzazione del centro che prende in carico il paziente con trauma grave. Tradotto, maggiore è la qualifica del centro, minore è la mortalità.
Le prime Regioni per capacità organizzativa sono Campania, Marche, Friuli-Venezia Giulia, seguite a parità di punteggio da Basilicata e Lazio, Liguria, Piemonte, Puglia Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. In questi territori i centri trauma major risultano attivi e connessi in modo efficiente con la rete del 118, garantendo percorsi di presa in carico rapidi. Nella parte bassa della graduatoria si trovano Emilia-Romagna e Sardegna tallonate dall’Abruzzo, che pur vantando buoni risultati clinici in alcune aree, registrano carenze nella formalizzazione delle reti e nella qualità delle codifiche dei dati.
Il rapporto invita a rafforzare il monitoraggio dei tempi di intervento preospedaliero e la presa in carico riabilitativa post-acuta.

Rete emergenza-urgenza: difficoltà nelle regioni minori La rete dell’emergenza-urgenza (EMUR) continua a rappresentare uno snodo cruciale del sistema tempo-dipendente. Dall’indagine emergono difformità importanti sugli esiti.
Tra i principali problemi organizzativi dell’area emergenziale spiccano: il sovraffollamento legato ad accesso inappropriato al PS; la carenza di organico, la non aderenza ai PDTA e le problematiche logistiche di trasporto che influiscono sul tempo di permanenza. E ancora, il boarding presenta una serie di variabili: dimissioni, ricoveri e attese di ricovero, con conseguente sovraffollamento del PS e/o in OBI per carenza di posti letto in reparti specialistici riceventi, influenza poi il tempo di permanenza in PS. Ecco perché suggeriscono gli esperti dell’Agenas sarebbe auspicabile “mantenere i ricoveri da PS entro il 30%, favorendo così il rispetto delle liste d’attesa dei ricoveri in elezione e/o programmati da parte dei reparti”.
Una possibile soluzione potrebbe essere quella di investire sul potenziamento delle medicine d’urgenza, creando le semintensive per decongestionare, dove realmente necessario, in relazione alla gravità del paziente i reparti specialistici. Inoltre, la reale funzionalità della rete di cure palliative e della presa in carico territoriale ridurrebbe quella percentuale inappropriata di accessi al PS dei pazienti con malattia avanzata e/o geriatrico.
Le prime Regioni per livello organizzativo sono Campania, Liguria e Marche che raggiungono i punteggi RTD più elevati (1,00), seguite da Lombardia e Piemonte.
In affanno in particolar modo sul fronte organizzativo la Basilicata, ma segnano il passo anche la Provincia Autonoma di Trento, Calabria, Abruzzo. In alcuni di questi contesti il rapporto Agenas segnala criticità nella copertura del personale, sovraffollamento dei pronto soccorso e scarsa disponibilità di reparti di degenza breve per la gestione della non urgenza.

Ester Maragò