Rapporto Oasi 2025. Il Ssn tra illusioni rassicuranti, nodi irrisolti e doppia agenda manageriale

Rapporto Oasi 2025. Il Ssn tra illusioni rassicuranti, nodi irrisolti e doppia agenda manageriale

Rapporto Oasi 2025. Il Ssn tra illusioni rassicuranti, nodi irrisolti e doppia agenda manageriale

Gli esperti del CeRGAS della Sda Bocconi School of Management descrivono un Ssn intrappolato tra una crisi strutturale e narrazioni consolatorie che promettono soluzioni facili a problemi complessi. Sotto la superficie del dibattito pubblico, c’è il management, chiamato a compiere scelte difficili per affrontare i problemi veri. E a riscoprire, finalmente, il suo ruolo e la sua autonomia.

L’ottimismo e le promesse danno sempre conforto, ma fino a quando l’illusione resta credibile, in assenza di fatti concreti? È il dilemma del Ssn italiano e la domanda che pone anche il Rapporto OASI 2025 del CeRGAS (Centro di Ricerche sulla gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale) della SDA Bocconi School of Management, presentato oggi a Milano (in allegato il Capitolo 1 del Rapporto di inquadramento del sistema). I coordinatori del Rapporto, Francesco Longo e Alberto Ricci, lo avevano detto chiaramente già dallo scorso anno: un modello universalistico dovrebbe gestire la scarsità definendo priorità chiare. Ma in Italia, continuano a constatare, si preferisce la strada delle battaglie illusorie e sterili, con le quali si invocano maggiori risorse, più efficienza e più servizi (mettendo in campo singole soluzioni temporanee, come se bastassero) ma si evitare di riformare davvero anche affrontando il nodo (inevitabile per gli esperti del CeRGAS Bocconi, su cosa il sistema può realisticamente garantire e a chi.

Intanto, le liste d’attesa aumentano, le diseguaglianze territoriali e sociali si ampliano, il divario Nord–Sud resta evidente, la non autosufficienza esplode e il sistema perde la capacità di decidere.

Una sorta di castello cadente su cui il management delle aziende sanitarie cerca di piantare pali di sostegno ma anche una situazione in cui lo stesso management può ritrovare la propria forza e autonomia, chiamato, come è, a fare scelte. Scelte necessarie, al di là degli slogan, per riorganizzare reti di servizi frammentate, governare prescrizioni e accessi, scegliere tra presenza e digitale, decidere quali servizi territoriali del PNRR attivare davvero, sapendo che il personale non basterà mai per tutto. Scelte cruciali, spesso svolte nell’ombra, non prive di polemiche quando diventano note.

È questa realtà che il Rapporto OASI 2025 definisce la “doppia agenda” del management: la prima, esterna allineata alle narrative politiche (“più prestazioni”, “meno attese”, “obiettivi PNRR”… misure immediate ma non sempre durature e coerenti con la realtà delle risorse); la seconda, più interna e nascosta, dedicata a ciò che davvero migliora valore ed esiti e affronta i veri nodi strutturali (recupero di efficienza, riduzione della variabilità ingiustificata, ricostruzione della capacità produttiva, definizione implicita di priorità).

Alla fine, è proprio questa seconda agenda a fare la differenza. Perché se è vero che un aumento del finanziamento del Ssn è auspicabile, rileva il Rapporto OASI, l’idea che ulteriori 15–20 miliardi possano ricondurre nell’alveo del SSN gran parte dei servizi o beni oggi offerti in regime privato, dal valore stimabile attorno ai 48 miliardi, è un’illusione. Così come sostenere che “basta combattere gli sprechi” ignora che il vero efficientamento comporta riorganizzazioni profonde, riallocazioni di personale, chiusure di reparti e ambulatori, cambiamento delle modalità lavorative e quindi un confronto diretto con il dissenso di professionisti, comunità locali e politici.

Gli esperti del CeRGAS Bocconi puntano il dito anche contro la guerra continua alle liste d’attesa, non perché la loro esistenza non sia grave e rilevante, piuttosto in quanto convinti che ci si stia erroneamente concentrando su una risposta fatta di output e sul loro incremento, rincorrendo la domanda senza governarla. Non ha senso cercare di smaltire con la stessa urgenza le liste d’attesa di territori in cui i cittadini ricevono 100 prestazioni pro-capite e quelle di territori dove i cittadini già ne ricevono 200, a parità di bisogno epidemiologico.  

Temi, quelli del finanziamento, degli sprechi e delle liste d’attesa che funzionano politicamente perché semplici e comunicabili, ma distolgono l’attenzione dalle decisioni necessarie da prendere, ridefinendo le priorità. Ed è qui che entra in gioco il management pubblico, che deve essere capace non solo di amministrare, ma di guidare cambiamenti difficili, negoziando consensi e conflitti per offrire la migliore assistenza possibile con i limiti anche necessari.

Come si costruisce e difende questa seconda agenda gestionale? Per gli esperti della Bocconi sono cinque gli elementi chiave per riuscirci:

1. Il top management non può definirsi tale se non mantiene una propensione al rischio individuale nel lavorare sulla seconda agenda, anche nei casi in cui la divergenza tra le due agende emerge e si devono affrontare conflitti e tensioni.

2. Il disordine è un elemento costitutivo di una società contraddittoria che non affronta i trade off di policy e si rifugia in narrazioni consolatorie. È necessario ricercare con determinazione le finestre di opportunità, per attuare scelte necessarie ma impopolari, per innovare, per riallocare risorse, anche se sappiamo che non raggiungeremo l’equilibrio perfetto o desiderato. L’importante è percepire che stiamo andando, pur nel disordine, nella direzione giusta.

3. È necessario sostenere fermamente l’evoluzione organizzativa nei confronti di qualunque lobby o resistenza, usando gli strumenti persuasivi o dissuasivi, e introducendo massive dosi di innovazione tecnologica, sia in ambito clinico che dei servizi a supporto. Esistono praterie di innovazione immediatamente disponibili e praticabili: la centralizzazione della logistica e della diagnostica che referta da remoto; il FSE 2.0 come strumento prevalente di interscambio informativo con i pazienti, che permetterebbe di eliminare già oggi buona parte dei front office; l’Ecosistema Dati Sanitari (EDS) come repository di dati clinici per il governo e la ricerca; l’utilizzo della telemedicina, anche grazie alla piattaforma nazionale; in generale, la digitalizzazione di molte funzioni per le quali la carenza numerica delle professioni sanitarie impone il ripensamento dei modelli di lavoro.

4. Il management non si esprime solamente nel singolo caso di innovazione: è anche saper copiare chi fa meglio. Preso a frammenti il SSN è ricco di innovazioni moderne, probabilmente più di molte altre pubbliche amministrazioni, ma non sa scalare, non sa portare a sistema.

5. Il cambiamento è possibile solo grazie all’ingaggio dei professionisti: trasciniamo soprattutto i giovani professionisti fuori dalla sensazione di impossibilità di cambiare, di rischio eccessivo, di deriva burocratico-sanzionatoria. I DG devono assorbire le incertezze e i rischi esterni, trasmettendo ai colleghi uno spazio di azione riconoscente e fertile per agire l’innovazione dal basso. Il management deve risultare credibile, istituzionalmente protettivo, trasmettere sicurezza e fiducia per chi vuol essere innovatore, fuori dalla narrazione depressiva del dibattito pubblico.

“Ogni manager – commentano in conclusione gli esperti del CeRGAS Bocconi – sa che è impossibile seguire e governare tutto. La virtù principale che il ruolo di vertice aziendale richiede è scegliere le priorità nell’allocazione del proprio tempo, costruendo dei team e un sistema di alleanze a cui delegare funzioni di governo ritenute cruciali e strategiche. Non è il manager che trasforma un’azienda, ma la sua squadra e il suo sistema di alleanze interno ed esterno. Management non coincide con “leadership individuale” ma con “ingaggio e organizzazione di persone”, ovvero la capacità di definire priorità da delegare a un sistema di alleanze professionali”.

I ruoli apicali, dunque, “possono aiutare le persone, con determinazione e coraggio, a collocarsi negli spazi di autonomia disponibile dentro le aziende, offrendo una prospettiva di senso e significato utile per la comunità, che a sua volta produce profonda soddisfazione professionale e gratitudine per il ruolo che si ha il privilegio di agire”.

Lucia Conti

03 Dicembre 2025

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