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Se in Italia si muore perché non si hanno i soldi per il dentista

di Ettore Jorio

Succedeva nei Paesi del Terzo mondo quando ero piccolo. Ovvero 50 anni fa. Ma oggi accade in Italia. Come può una povera ragazza di 18 anni di Palermo presentarsi al Padreterno perché nessuno è stato in grado di evitarle quello “shock settico polmonare”, conseguenza di un ascesso non curato, che l’ha uccisa? 

11 FEB - Ho un vago ricordo, quando ero piccolo (quindi oltre 50 anni fa), di quanto rimasi scandalizzato dei racconti di qualche emigrato su come fosse frequente in Brasile, nelle favelas, morire a causa degli ascessi dentali. Di come fosse possibile morire per la loro infiltrabilità, difficile ma capace di raggiungere finanche il cervello. Era, infatti, impensabile che una cosa simile potesse accadere nel nostro Paese, dal momento che una tale patologia era frequentissima e, sin da allora, facilmente debellabile attraverso il comune ricorso agli antibiotici.
 
Per molti versi quei racconti mi sembravano essere la rivisitazione di quelli dei nonni che testimoniavano, tra l’altro, la ricorrente morte da setticemia da parto, la malaria combattuta con il chinino di Stato ovvero la tubercolosi curata nei sanatori pieni zeppi di gente.
 
La notizia appresa ieri su questo sito mi ha fiaccato l’ottimismo. Quello che mi residua in relazione alla sostenibilità del sistema della salute. “Palermo. Una 18enne muore per un’infezione dovuta ad un accesso. Non aveva i soldi per curarsi”. Questo il titolo dell’articolo. Questa la ragione del mio sconforto. Come si può accettare che qualcuno muoia perché non possiede i soldi per andare dal dentista?  Peggio, per non avere avuto alcuno in grado di prescriverle una copertura antibiotica contro la “fascite” che, partendo dalla bocca, le ha invaso irrimediabilmente i polmoni? Come può una povera ragazza di 18 anni presentarsi al Padreterno perché nessuno è stato in grado di evitarle quello “shock settico polmonare” che l’ha uccisa? Mi piacerebbe sentire arrabbiato più che mai il Grande Francesco, abituato al mondo sudamericano, ove il fenomeno assume addirittura una frequenza allarmante tanta è generalizzata la povertà.
 
Domande alle quali non c’è una risposta comprensibile, che sia accettabile in Europa nel XXI secolo. Eppure, dicono gli odontoiatri: quella degli ascessi trascurati è un fenomeno in aumento, a causa della penuria di soldi!
 
Proprio l’assenza di risposte accettabili e la necessità di dare ragione alla coscienza, che ci stravolge la vita a seguito di notizie simili, mi viene in mente una qualche sollecitazione.
 
Da una parte. Si sta scrivendo l’Europa a discapito dei diritti civili e sociali, che scompariranno del tutto sotto l’ascia del Fiscal compact. Si sta riscrivendo il Patto per la Salute e, con esso, si aggiungono all’assistenza 7,65 miliardi di euro nei prossimi due anni (2015-2016). Si organizza una spending review specifica nella sanità, diffidando (a ragione o torto) di quella messa in campo da Carlo Cottarelli.
 
Dall’altra. Si riscrivono (audite!) i LEA dopo dodici anni, senza con questo contemplare (dicunt), tra l’altro, le cure odontoiatriche. Si pagano advisor inutili, retribuiti con milioni di euro all’anno, e si passa la mano a terzi (l’Agenas) sulla programmazione, che è l’anima del bisogno regionale, da soddisfare pena anche vergognosi decessi, del tipo quello di Palermo. Si chiudono gli ospedali senza creare un minimo di alternativa. Si mantengono ancora commissari ad acta che coincidono, quasi sempre, con la figura del Presidente regionale artefice del debito che è causa del commissariamento. Si passano sub commissari da una regione all’altra, sperando che non facciano altrove ciò che hanno fatto di male nelle regioni di provenienza. Si discute (e si presume che si deciderà) dello sblocco del turnover a tutela delle prossime tornate elettorali.
 
Su tutto, i cittadini si impoveriscono progressivamente, causa la crisi e il lavoro che non c’è più. Gli anziani si moltiplicano e nessuno li riesce persino a contare. Gli immigrati riportano di moda patologie (esempio, lue e tubercolosi) non più curabili presso i presidi ospedalieri, rasi al suolo delle competenze specifiche. Quanto alle alternative, un giorno ci penseremo!
 
Uno sfogo, si spera, in qualche modo utile per aggiornare l’agenda della politica, al di là delle preferenze da esprimere sulla scheda elettorale!
 
Prof. avv. Ettore Jorio
Professore all’Università della Calabria

11 febbraio 2014
© Riproduzione riservata

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