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Esclusivo. “Le mie cinque ricette per risparmiare in sanità”. Così parlava Cottarelli il neo commissario alla spending review 

di C.F.

Concorrenza tra pubblico e assicurazioni, rigore su appalti e gestione, tetti di spesa, selezione della domanda e buon uso delle tecnologie. I cinque assi del dirigente del Fmi, scelto da Letta e Saccomanni per guidare la revisione della spesa pubblica e che dal 23 ottobre prossimo sarà a Roma. Era il 2 novembre 2011, a Washington, e Cottarelli diceva che...

10 OTT - “La riforma dei sistemi sanitari sarà l'argomento principale nei prossimi decenni nell'ambito del bilancio pubblico”. A parlare è Carlo Cottarelli, il direttore del Dipartimento finanza pubblica del Fondo monetario internazionale, scelto da Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni per guidare la nuova spending review nel comparto pubblico.
 
Era il 2 novembre 2011, a Washington, in un meeting dell’Istituto Bruno Leoni (il più importante network liberal italiano) dedicato al futuro della sanità al tempo dell’austerity.
 
E il Cottarelli che sveliamo attraverso le sue parole (che potete seguire integralmente nel video qui sotto o leggere in sintesi nelle slide allegateè per certi aspetti inaspettato, rispetto a quanto potremmo dedurre dalla sua appartenenza al Fmi. A torto o a ragione, il “cane da guardia” delle politiche di rigore e austerity in questi anni di crisi.
 
Era il 2 novembre 2011, siamo a Washington, in un meeting dell’Istituto Bruno Leoni (il più importante network liberal italiano) dedicato al futuro della sanità al tempo dell’austerity. Tra gli speaker d’eccellenza anche Carlo Cottarelli, direttore del Dipartimento finanza pubblica del Fondo Monetario Internazionale. Lo stesso Cottarelli che, pochi giorni fa, è stato scelto da Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni per guidare la nuova spending review della spesa pubblica.
 
Per Cottarelli, infatti, i sistemi sanitari dei paesi sviluppati vanno riformati per stare al passo dei tempi e delle strette di bilancio, ma da qui a parlare di tagli ce ne passa.
 
“Le riforme sanitarie - sottolinea - sono un elemento estremamente importante per la stabilità fiscale in tutti i paesi sviluppati”. Ma di stabilizzazione dobbiamo parlare, non di tagli, perché, dice, “ridurre la spesa rispetto al tasso del PIL in quest'area sarà molto difficile”. “Il che significa - aggiunge - che l'adeguamento fiscale necessario per stabilizzare e poi ridurre il debito in rapporto al tasso del PIL dovrà arrivare da altre fonti”.
 
Ma questo non vuol dire che non si possa far nulla. Soprattutto osservando cosa è accaduto in sanità nel passato con un aumento medio molto forte della spesa sanitaria in tutti i paesi sviluppati.
 
Una tendenza ora attenuata ma che si ripresenterà a breve per due fattori dirimenti: l’invecchiamento della popolazione e l’innovazione tecnologica. E soprattutto su quest’ultima insiste Cottarelli, convinto che essa avrà un ruolo importante nel determinare i trend di crescita della spesa sanitaria nei prossimi 20 anni, incidendo per i 2/3 dell’incremento (il resto è dovuto all’invecchiamento). Una stima che si discosta da quella dell’UE, come ricorda lo stesso Cottarelli, che non dà invece molto valore economico, in termini di aumento della spesa sanitaria, alle nuove tecnologie.
 
In tutto, secondo il Fmi, dovremmo aspettarci un aumento medio di circa 2 punti di Pil (con picchi fino al 3% in alcuni Paesi europei). La buona notizia è che l’Italia mostra trend molto più contenuti, collocandosi in fondo alla classifica (vedi slide) con un incremento che si aggirerebbe attorno al mezzo punto di Pil da qui al 2030.  
 
Le cinque “mosse di Cottarelli. In ogni caso si deve intervenire. E la ricetta di Cottarelli si basa essenzialmente su cinque linee di intervento:
1. più concorrenza e più libertà di scelta del paziente tra assistenza pubblica e assicurazioni private (choice across providers and insurers), un combinato disposto che, da solo, potrebbe produrre quasi mezzo punto di Pil di risparmi;
2. e poi appalti e gestione, il cui maggiore controllo porterebbe ad un altro 0,37% di Pil di risparmi;
3. poi la definizione di un tetto di spesa alle singole voci che, se ben strutturato, porterebbe a un altro 0,26% di Pil risparmiato;
4. e ancora una più attenta selezione (gatekeeping) della domanda, con risparmi nell’ordine dello 0,08%
5. e infine l’ottimizzazione del lavoro e dell’utilizzazione delle tecnologie dalle quali si può attendere un ulteriore 0,05% di Pil di risparmi.
 
In tutto, un punto e un quarto di Pil, che ridurrebbe di molto l’impatto del trend di crescita stimato in 2 punti di Pil da qui al 2030. Un 1,25% di Pil  sul quale Cottarelli non metterebbe la mano sul fuoco (“troppe le variabili”, ha detto) ma che dà l’idea della massa di denaro che comunque può essere aggredita da interventi di razionalizzazione, senza per forza dover intaccare i sistemi sanitari in vigore.
 
La ricetta di Cottarelli non “sposa” questo o quel modello. La sua analisi spazia infatti a tutto tondo dai sistemi sanitari in vigore negli Usa a quelli della vecchia Europa. Cercando di prendere il meglio delle diverse esperienze di governance. Dall’Italia due gli esempi da seguire: i tetti di spesa che responsabilizzano su un budget di risorse prefissato e il pagamento delle prestazioni per caso trattato (case based payment).
 
Ma Cottarelli fa anche l’indice delle cose da “non fare”, perché assolutamente inutili per contrastare gli aumenti di spesa. In primis le politiche di controllo dei prezzi. Per il futuro neo commissario alla spending review, rischia di essere sempre vanificato dalle prescrizioni dei medici che andrebbero molto probabilmente verso servizi e prestazioni più costose. Al secondo posto delle cose “inutili” la deregulation dei sistemi assicurativi e infine una terza cosa da non fare, da lui stessa definita “non intuitiva”, e che farà discutere qualora ne dovesse riparlare oggi in Italia: l’assoluta inefficacia, ai fini del risparmio si intende, di una politica volta a offrire più informazioni ai cittadini sulla qualità e il costo delle prestazioni che ricevono.
 
La sfida della prevenzione e della responsabilità sulla propria salute. Da Cottarelli arriva poi un invito apparentemente più da medico che da economista, quando sottolinea come modifiche agli approcci sanitari che puntino di più sulla prevenzione e la promozione di migliori stili di vita, “potrebbero contribuire considerevolmente a ridurre la spesa sanitaria”. Tant’è, questo l’auspicio rivolto ai Governi, “si dovrebbero incoraggiare maggiormente campagne contro il fumo, l’abuso di alcol e per promuovere l’attività fisica”. Ma anche, aggiunge, prevedendo magari delle forme di co-responsabilizzazione del cittadino nell’erogazione delle cure “linkandole all’esecuzione di programmi di check up completi e regolari”.
 
E il maggior ricorso al privato? Di fronte all’ipotesi di una maggiore privatizzazione dell’assistenza in generale, con più ticket e affidamento ai privati di parte delle prestazioni non essenziali, il suo giudizio è netto: “Di tutto ciò si può ragionare. Ma qualsiasi privatizzazione deve essere correlata da garanzie certe a tutela di coloro che non possono permettersi di sostenere il pagamento delle prestazioni sanitarie”. “Tendiamo a dimenticare, soprattutto noi economisti, che l’assistenza sanitaria è molto importante e va ben oltre il problema del finanziamento. E’ quindi importante che sia sempre garantita una rete sanitaria efficiente e sicura per tutti coloro che non possono pagare per la propria salute”.
 
C.F.

 

10 ottobre 2013
© Riproduzione riservata

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