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Taglio dei posti letto. Lo Smi si rivolge al presidente Napolitano


In una lettera aperta il vicesegretario nazionale del sindacato, Francesco Medici, contesta il taglio dei posti letto previsto dalla spending review e quella che viene definita la “riformicchia” delle Cure primarie, per la quale non è stata prevista "un'adeguata copertura economica”.

21 NOV - Taglio dei posti letto e riforma delle Cure primarie, questi i provvedimenti fortemente contestati dal Sindacato dei medici italiani (Smi). In una lettera aperta indirizzata al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il vicesegretario nazionale Smi, Francesco Medici, non lesina critiche su quella che definisce una “riformicchia” (Cure primarie) approvata a colpi di maggioranza e che non prevede “un’adeguata copertura economica”, nonché circa l’ulteriore decurtazione di 3750  posti letto, prevista dalla spending review.

Di seguito il testo della lettera aperta:

Egregio Presidente,
leggo con interesse la Sua dichiarazione sull’importanza del SSN, quando afferma: “Credo che dobbiamo ritenere che (il Ssn) sia pienamente compatibile anche con una prospettiva di maggiore selezione e contenimento della spesa pubblica, a patto che, scusate se uso ancora una volta la famigerata parola 'ricerca', ci sia ricerca di soluzioni razionalizzatrici e innovative. Infatti, se dobbiamo guardarci dai giudizi e dagli interventi sommari, dobbiamo anche guardarci da atteggiamenti puramente difensivi, conservativi dell'esistente. Dobbiamo guardare avanti, dobbiamo guardare lontano e dobbiamo sapere utilizzare al meglio le risorse della collettività, le risorse dei cittadini”.
 
Pur condividendo lo spirito delle Sue frasi non posso non sottolineare come questi propositi rimangano, però, inevasi, se non, addirittura, contraddetti, dall’azione di Governo. Non solo: vista la tempistica del suo richiamo alla centralità del Ssn, non possiamo che mostrarci preoccupati, perché siamo all’indomani dell’approvazione di una “riformicchia” delle cure primarie, a colpi di fiducia, fortemente voluta dal ministro Balduzzi, senza adeguata copertura economica e di un provvedimento di taglio di 3750 posti letto, per effetto della famigerata spending review.Tuttavia, vorrei avanzare qualche dubbio nella speranza di poter essere smentito. Le vorrei porre delle domande da "sindacalista", essendo il vicesegretario nazionale dello Smi (Sindacato dei Medici Italiani), ma anche da medico che ogni giorno lavora presso il pronto soccorso dell'ospedale San Camillo Forlanini di Roma. La mia esperienza mi porta ad affermare che nel nostro Paese, non c’è una razionalizzazione delle spese, ma minori risorse stanziate per il settore. Il che sta portando a un SNN più povero, con meno servizi e con a rischio l’accesso alle cure per i cittadini. Entriamo nel dettaglio.
 
La riforma Balduzzi prevede una assistenza di base 24 ore su 24. Nulla di nuovo visto che la medicina di base anche oggi è garantita 24 ore su 24. Quello che sarebbe servito, la legge non lo prevede, perché è una legge a costo zero, non prevede stanziamenti per garantire servizi adeguati, magari prevedendo anche strutture in grado di offrire al cittadino prestazioni sanitarie, infermieri che possano somministrare terapie immediate, effettuare un ECG, un Rx, una ecografia.Solo in  questo modo il malato potra' rimanere sul territorio senza doversi recare nei pronto soccorso. Avere un medico che faccia una ricetta alle ore 23, invece, che alle ore 19 non cambia, invece, nulla nella assistenza, non porterà il cittadino lontano dagli ospedali. Da anni aspettiamo questa rivoluzione delle cure primarie, che, purtroppo, rimane ancora una volta inevasa, incompiuta, al massimo un titolo per i giornali.Tuttavia, nonostante venga meno la seconda gamba dell’assistenza, cioè quella del territorio, tutta ancora da definire, se non addirittura da decifrare, si varano altri provvedimenti le cui ricadute sono immediate.
 
Da subito (per la precisione entro il 31 Dicembre 2012) dovremo tagliare in Italia (cifre del ministeri) 14.039 posti letto per acuti. Nella sola regione Lazio oltre 2000. Una legge dello stato dice che questi posti devono essere chiusi per oltre il 50% nel pubblico (ovvero si può decidere di chiudere il 100% dei posti pubblici ma mai oltre il 49% dei privati!). Ci chiediamo: perché una legge che prevede tagli si premura di salvaguardare il privato e non il pubblico, ben sapendo che il taglio nel privato porta a un risparmio immediato e totale, mentre il taglio nel pubblico inizialmente porta solo un aumento di spesa (minore fatturato in Drg e inizialmente stessa spesa per il personale che prima che venga ridistribuito, andato in pensione, passeranno anni).Ma anche a questo siamo abituati: i tagli difficilmente riguardano il privato. Il San Camillo Forlanini ha già chiuso 300 posti letto  (durante la giunta Marrazzo) che sono serviti per aprire 300 posti letto per una inutile V Facoltà di medicina e chirurgia privata, ovvero il Campus Biomedico. Quindi nulla di nuovo, la propensione a salvaguardare il privato e le università non sono per noi una cosa nuova, lo si faceva anche prima evitando magari di scriverlo in una legge!Ma venivano al punto centrale.
 
Si stabilisce che in Italia, dove la popolazione anziana è la più alta di Europa, possano bastare il 3% di posti letto per acuti, ovvero meno di quelli previsti in Germania, Francia, Inghilterra etc.. Cosa ci fa supporre che i nostri malati possano necessitare di minore assistenza ospedaliera di quella data dagli altri paesi? Già oggi nel mio ospedale abbiamo ogni giorno letti nei corridoi e malati in barella in attesa di ricovero e molti malati dopo averli stabilizzati e studiati in pronto soccorso (ovvero averne sostenuto tutte le spese) siamo costretti a trasferili nelle case di cura private convenzionate che assistono i nostri pazienti praticamente a costo zero. E domani, dove li metteremo questi malati?Se, come temo, per le considerazioni già fatte, i malati continueranno ad arrivare nel Pronto Soccorso, che potremo fare? Ecco lo scenario più probabile: quando con  una legge di qualche anno fa, dagli esiti demenziali, si è deciso che nelle regioni in Piano di Rientro un medico avrebbe dovuto fare fronte a 10 che andavano in quiescenza, si è ricorso alla giungla dei contratti temporali e precari e atipici, con giovani medici che sulla carta dovrebbero fare ricerca e che, invece, fanno i normali turni di servizio. Non solo: per ridurre i costi si sono affittate delle attrezzature prevedendo con esse anche la presenza di personale pagato, pero', dalla ditta fornitrice.
 
Parte dei lavoratori, poi, è stata assunta ma pagandola una miseria, ma soprattutto nascondendola alle statistiche visto che non risulta più nella voce personale ma nella voce: "Beni e servizi". Altrimenti non sarebbe stato possibile mandare avanti gli ospedali.Ecco lo scenario più probabile, visti questi precedenti: il taglio dei posti letto porterà le aziende a riaprire gli "stanzoni", cioe' luoghi dove poter ammucchiare tanti malati, assisterli al minimo, in attesa che possano rientrare a casa o che possano accedere ai pochi letti ufficiali disponibili presso quella struttura (o che muoiano, purtroppo, se perdonate l’amara considerazione). Visto che questi spazi di “attesa e smistamento” non verranno registrati come posti letti attivi, avremo ottemperato alla legge e così tutti contenti, ma i costi rimarranno sempre gli stessi (sono malati che comunque continueranno a costare alla struttura) ma con un aumento di contenzioso con i malati.La legge, oltretutto, in questo scempio non prevede una salvaguardia legale per tutti quei casi in cui i medici saranno costretti ad assistere in pessime condizioni i malati, a dimetterli prima, a rimandarli a casa o smistarli all’ancora inesistente, ma tanto reclamizzata, assistenza territoriale 24 ore su 24 di Balduzziana riforma. 
 
Infine, alcune proposte concrete.Perché non prevedere anche per la sanità uno stanziamento straordinario che permetta di far partire veramente l’assistenza territoriale prevedendo servizi, personale e strutture necessarie dotate di attrezzature. Perché non si avvia un piano straordinario per il sud e non si costruiscono le strutture ospedaliere idonee a garantire cure e a studiare meccanismi che permettano di ridurre i tempi di ricovero garantendo al contempo una vera assistenza ?Oggi la Regione il  Lazio, assiste nei posti letto anche malati del sud che non trovano nella loro regione risposte e cure adeguate, domani che dobbiamo fare chiedere il certificato di  residenza?  Dove curiamo gli stranieri che in quanto clandestini non risultano dalle statistiche del ministero ? Mi rivolgo, quindi, a Lei, presidente della Repubblica, vista la complicata situazione storica, affinché la Sua sensibilità espressa nel suo messaggio sia maggiormente condivisa dalle forze politiche e dal Governo e sia terreno comune in Parlamento per una rinnovata agenda di riforme che porti a un new deal del SSN. Serve un suo intervento che rassicuri il mondo della sanità pubblica italiana, lo attendiamo, come medici, cittadini, pazienti, operatori del sistema.
 
Francesco Medici

21 novembre 2012
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