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Disturbi mentali. Solo 2 pazienti su 10 hanno un lavoro. Ecco un corso che li aiuta a trovarlo

di Viola Rita

Da lunedì ad Arezzo partono le lezioni, rivolte a persone affette da disturbi mentali, per diventare "facilitatore". Una figura assistenziale che supporta gli altri pazienti nel percorso di cura, aiutandoli a sua volta a riprendere il lavoro

08 DIC - Solo il 19% di chi soffre di un disagio psichico ha un posto di lavoro, rispetto al 65% della popolazione generale: trovare un'occupazione è ancora più difficile a causa dello stigma sociale e dai pregiudizi, più che della crisi economica. Per aiutare queste persone ad inserirsi in una realtà lavorativa arriva il progetto di formazione “Utente facilitatore”, realizzato dalla Asl 8 di Arezzo e organizzato con la collaborazione di Perfomat S.r.l. e il supporto incondizionato di Roche S.p.A.
Il progetto consiste in un corso che, attraverso una parte teorica e una pratica, forma una particolare figura professionale, chiamata ‘Facilitatore Sociale’. Una figura che potrebbe sia svolgere attività di volontariato sia attività retribuita in attività di sostegno ad altri utenti che afferiscono al Dsm di Arezzo.

Il corso, aperto a 17 utenti, prevede 244 ore di formazione, suddivise in lezioni teoriche (120 ore), supporto all’apprendimento individualizzato (24 ore) e tirocinio (100 ore) nell’ambito delle strutture che costituiscono il Dsm (strutture ambulatoriali, di ricovero, strutture residenziali e semiresidenziali).

Avendo avuto esperienza diretta delle difficoltà legate all’inserimento nel lavoro dopo o durante una malattia mentale, il facilitatore diventa una figura chiave per altri pazienti che come lui vogliono iniziare a lavorare:  così assolve ad una funzione non solo di assistenza ma anche di supporto nella comunicazione tra medico e paziente, rappresentando una vera e propria cerniera tra i servizi sociosanitari e le persone che ne usufruiscono.
“Dopo le prime esperienze di formazione-azione, come quelle organizzate a Pisa e La Spezia, possiamo dire oggi che il facilitatore svolge un importante ruolo di mediazione rispetto agli altri pazienti”, ha dichiarato Diana Gallo, Presidente Associazione L’Alba e docente Performat. “Li aiuta, infatti, ad usufruire con fiducia delle opportunità di cura e a comunicare con sincerità i proprio reali bisogni ai medici, cosa che spesso risulta difficile a causa delle barriere legate al rapporto medico-paziente, spingendoli così ad essere al centro della cura per riappropriarsi del proprio percorso di vita”. Infatti, è il facilitatore stesso che aiuta gli altri pazienti nel percorso di inserimento  

In generale, diverse sono le realtà regionali e nazionali impegnate nella realizzazione di progetti formativi di questo genere. Nella sola provincia di Arezzo, la schizofrenia colpisce - in condizioni più o meno avanzate- quasi 3.500 persone, la gran parte delle quali, se inserite in percorsi diagnostici e riabilitativi, possono uscire da questa loro condizione patologica con forti ricadute di tipo sociale. Il lavoro anche per queste persone è una parte importante del percorso di cura e, in questa direzione, il progetto formativo è uno strumento utile.
“Sono ormai noti gli effetti benefici legati al miglioramento della sintomatologia sul processo di recupero della malattia mentale” ha afferma Giampiero Cesari, Responsabile della  Salute Mentale Adulti, Distretto di Arezzo –“Un aspetto importante è l’acquisizione di competenze specifiche utili a trovare e mantenere un lavoro”.

Anche mantenere il lavoro, infatti, è importante: l’attività assistenziale del facilitatore, inoltre, può anche non esaurirsi a breve ed egli stesso potrà determinare il mantenimento di questo ruolo mediante la creazione di Cooperative e/o il coinvolgimento di enti pubblici o associazioni.
 
Viola Rita

08 dicembre 2013
© Riproduzione riservata

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